Il reato di violenza privata (art. 610 c.p.) intende punire chi, servendosi di un qualsiasi comportamento suscettibile di incutere timore e di far sorgere la preoccupazione di poter soffrire un male o un danno ingiusto, costringa qualcuno a compiere, tollerare oppure omettere un certo tipo di condotta.
Si tratta di uno dei reati contro la libertà morale contemplati dal nostro ordinamento e che, per questa ragione, intende tutelare l’autodeterminazione del singolo.
L’autore del reato rischia fino a quattro anni di reclusione, sebbene la pena possa anche essere aumentata in presenza delle aggravanti indicate dal legislatore.
Cosa si intende per violenza privata
Il reato di violenza privata è disciplinato all’articolo 610 del codice penale:
“Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.
La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre la circostanza di cui al secondo comma”.
Il legislatore dedica la trattazione della fattispecie all’interno del più ampio Libro II – Dei delitti in particolare, Titolo XI – Dei delitti contro la persona, Capo III – Dei delitti contro la libertà individuale, Sezione III – Dei delitti contro la libertà morale.
Perché possa ritenersi integrato il reato è necessario che la violenza o la minaccia comportino la perdita, o comunque una significativa riduzione, della libertà morale della persona offesa.
La vittima dell’effetto costrittivo scaturito dalla violenza privata acconsente a compiere, tollerare oppure omettere una condotta determinata, seppur contro la propria volontà.
Ai fini della configurabilità del reato è bastevole qualsiasi mezzo idoneo a limitare la libertà morale, purchè con l’effetto di costringere la vittima. La condotta può anche essere preordinata a rendere meramente disagevole l’esplicazione dei diritti della persona offesa (Cass. sez. 5, sent. 6 ottobre 2021, n. 1053).
Esempi di violenza privata
Vediamo alcuni esempi utili a spiegare il reato di violenza privata.
Tizio, addetto alla pulizia, pur contro la volontà del proprietario dell’immobile e del suo affittuario, decide di sostituire la serratura di una delle due porte di ingresso della casa.
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza del 13 gennaio 2022, n. 1053)
Al culmine di una lite, Mevia si barrica in casa impedendo al convivente di accedervi.
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza del 31 gennaio 2023, n. 3991)
Caio, al fine di far rispettare il regolamento condominiale, reiteratamente minaccia e ingiuria alcuni minorenni che fanno rumore giocando nel cortile condominiale, arrivando a tagliare con un coltello i palloni per interrompere i giochi.
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza del 16 gennaio 2017, n. 1786)
Filano, con l’intento di compiere atti di esibizionismo sessuale, affianca la propria motocicletta l’auto di Sempronia, costringendola a modificare la propria traiettoria di guida per evitare collisioni.
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 10 febbraio 2021, n. 5211)
Come si configura il reato di violenza privata: l’elemento oggettivo
Risponde penalmente del reato di violenza privata chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare oppure omettere qualche cosa.
Si tratta di un reato sussidiario, dal momento che un determinato fatto sarà punibile a titolo di violenza privata solo in quanto non specificamente previsto come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro reato.
Vediamo nel dettaglio gli elementi costitutivi della condotta a forma vincolata di cui all’art. 610 c.p.
La violenza
La violenza si identifica in qualsiasi mezzo capace, in maniera coattiva, di privare della libertà di determinazione e azione la persona offesa.
La violenza può consistere nell’impiego di energia fisica, ovverosia in una violenza propria, oppure in una violenza impropria che si attua ricorrendo a uso di mezzi anomali diretti a esercitare pressioni sulla volontà altrui.
La minaccia
Per minaccia si intende una specifica violenza morale, costituita dalla prospettazione di un danno, tale da far sorgere la preoccupazione di un pericolo per sè o altri.
Secondo giurisprudenza consolidata, sono indifferenti le forme o i modi della minaccia perchè la stessa può essere manifesta o implicita, palese o larvata, diretta o indiretta, reale o figurata, orale o scritta, determinata o indeterminata, purchè idonea a incutere timore e limitare la volontà della vittima
La minaccia, anche se implicita e non prospettante alcun male ingiusto, può essere punibile anche per il semplice atteggiamento dell’autore, quando questa assuma il carattere dell’intimidazione.
Si configura il reato di violenza privata anche nel caso in cui la minaccia indiretta o mediata sia rivolta a una persona diversa dalla vittima, ma legata a questa da vincoli di parentela o di affetto, quando vi sia la certezza che l’intimidazione giunga a sua conoscenza (Cass., 10 marzo 2021, n. 9573).
La costrizione illegittima
Il reato di cui all’art. 610 c.p., ovvero la violenza privata, deve realizzare una costrizione illegittima ricorrendo alla violenza o alla minaccia tali da costringere taluno a fare, tollerare oppure omettere una determinata condotta.
Il fare va inteso in senso lato, comprensivo quindi di qualunque comportamento attivo, il tollerare indica il sopportare o subire senza opporsi a una situazione o comportamento altrui, infine, omettere ha un significato ampio e riprende qualunque non facere.
La violenza o la minaccia devono conseguire l’effetto di costringere taluno a compiere, astenersi o resistere a una condotta determinata. Senza tale determinatezza, possono diversamente ritenersi integrati altri singoli reati (es. minaccia, molestia, percosse) ma non la violenza privata.
Come si configura il reato di violenza privata: l’elemento soggettivo
Quanto all’elemento soggettivo, ovvero l’aspetto psicologico dell’autore del reato, è sufficiente il dolo generico, il quale comporta anche la consapevolezza del dissenso della persona offesa.
La consumazione e il tentativo
La violenza privata (art. 610 c.p.) è un reato istantaneo, poiché si consuma nel momento in cui l’altrui volontà viene limitata o coartata.
E’ ininfluente che gli effetti dell’imposizione si protraggano nel tempo.
Ai fini della configurabilità del tentativo nel delitto di violenza privata, non è necessario che la minaccia abbia effettivamente intimorito o costretto la persona offesa, bastando l’attitudine del comportamento a realizzare tale finalità.
Le aggravanti
Il reato di violenza privata (art. 610 c.p.) è aggravato ove concorrano le condizioni previste all’art. 339 c.p.
Si tratta dei casi in cui la violenza o la minaccia sia commessa:
- con armi, per esempio ricorrendo a un coltello, ma anche a una pistola scacciacani;
- da persona travisata, come nel caso di chi camuffi il proprio aspetto o la propria voce per rendersi irriconoscibile;
- da più persona riunite;
- con scritto anonimo;
- in modo simbolico, paventando il pericolo con immagini, segni, oggetti evocativi;
- avvalendosi della forza intimidatrice da associazioni segrete, esistenti o supposte, come nel caso di intimidazioni ambientali.
In presenza di queste aggravanti, la pena è aumentata fino a un terzo.
La pena e la procedibilità
La violenza privata è punita con la reclusione in carcere fino a 4 anni, ove ricorrano le aggravanti anzidette, la pena può essere aumentata sino a un terzo.
Il reato è procedibile a querela della persona offesa.
Tuttavia, se il reato è commesso nei confronti di una persona incapace, per età o per infermità, oppure con le aggravanti di cui sopra, si procede d’ufficio e per cui sarà necessario sporgere denuncia.
Cosa succede dopo una denuncia per violenza privata?
Una volta che le Autorità siano portate a conoscenza del reato di violenza privata, questa notizia di reato verrà trasmessa senza ritardo al Pubblico ministero il quale darà avvio alle indagine e, ove necessario, seguirà un procedimento penale in Tribunale.
Prescrizione
Il reato di violenza privata (610 c.p.) si prescrive nel termine di 6 anni, a decorrere a partire dal momento di consumazione del delitto.
I rapporti con altri reati
Vediamo adesso il rapporto con altre tipologie di reati perseguiti dalla legge.
Atti persecutori
Il reato di violenza privata è speciale rispetto al reato di stalking (art. 612 bis c.p.).
Questo significa che, trattandosi di reati che tutelano interessi giuridici differenti (l’art. 610 cp. tutela la libertà di autodeterminazione, mentre il delitto di atti persecutori è preordinato alla tutela della libertà psichica) il reato di violenza privata e quello di stalking concorrono.
Esercizio arbitrario delle proprie ragioni
Gli episodi di violenza o minaccia attuati per coartare la volontà altrui possono integrare, oltre alla violenza privata, anche il reato di ragion fattasi.
Stiamo parlando dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni (artt. 392 e 393 c.p.).
I due reati possono concorrere nel caso in cui manchi una connessione diretta tra la violenza o minaccia e l’esercizio delle proprie ragioni, o quando l’agente ponga in essere distinte condotte minacciose e volte a finalità diverse (Cass., sezione 5, sent. 25 ottobre 2017, n. 49025).
Estorsione
La violenza privata non può ritenersi assorbita nel reato di estorsione (art. 629 c.p.), poichè quest’ultimo intende conseguire un ingiusto profitto, anche di natura non patrimoniale.
Maltrattamenti in famiglia
In tema di rapporti tra il reato di maltrattamenti in famiglia e violenza privata, è configurabile un concorso materiale nel caso in cui i maltrattamenti non abbiano cagionato una compressione della libertà morale della vittima, sicché il concomitante compimento di singole condotte di violenza privata produce un’offesa autonoma e ulteriore.
Mentre sussiste assorbimento del reato di violenza privata nel caso in cui la condotta ex art. 572 c.p. sia tale da aver determinato di per sé una lesione alla libertà morale della persona offesa, con la conseguenza che le singole condotte lesive della libertà di autodeterminazione del soggetto passivo costituiscono una mera forma di estrinsecazione del più grave reato di maltrattamenti.
(Cass. sez. 6, sent. 3 marzo 2020 – 6 maggio 2020, n. 13709)
Minaccia
Il criterio distintivo tra il reato di minaccia e la violenza privata sta nell’elemento intenzionale.
La minaccia fa leva su una forza intimidatrice, mentre la violenza privata i serve della minaccia per far compiere, tollerare oppure omettere qualcuno da un comportamento.
Rapina
La violenza è un elemento costitutivo anche del reato di rapina (art. 628 c.p.) e alla quale l’autore fa ricorso immediatamente nei confronti del possessore del bene (rapina propria) oppure per guadagnarsi l’impunità (rapina impropria).
E’ configurabile il reato di rapina (e non quello di violenza privata) nel caso in cui la vittima sia costretta, con violenza o minaccia, a consegnare un proprio bene, anche per un uso meramente momentaneo, e ne perda il controllo durante l’utilizzo da parte dell’autore, il quale, in tal modo, consegue l’autonoma disponibilità della cosa (Cass., sez. 2, sent. 17 aprile 2019, n. 16819).
Violenza sessuale
Il reato di violenza sessuale (art. 609 bis c.p.) non concorre con quello di violenza privata, dal momento che il primo consta di un’intrusione nella sfera intima e sessuale della vittima.
Concussione
Il reato di concussione (art. 317 c.p.) assume rilevanza rispetto alla cd. “utilità” la quale rappresenta un vantaggio per la persona, pur se di natura non patrimoniale, oggettivamente apprezzabile.
Essa può constare anche dell’accrescimento del prestigio professionale o della considerazione nella comunità lavorativa (Cass., sez. 6, sent. 27 maggio 2021, n. 21019).
Il reato di violenza privato è stato depenalizzato?
No, il reato di violenza privata non è depenalizzato e anzi è perseguito all’art. 610 c.p., intendendo punire chiunque – ricorrendo alla violenza o alla minaccia – costringa qualcuno a fare, tollerare oppure omettere un certo tipo di condotta.
Violenza privata e parcheggio condominiale
La giurisprudenza è ricca di casi in cui è stato ritenuto configurabile il reato di violenza privata in condominio.
In tema di violenza privata, è idonea, ai fini della sussistenza del reato, la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura in modo tale da bloccare il passaggio, impedendo alla parte lesa di procedere, considerato che, ai fini della configurabilità del delitto in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione.
(Corte d’Appello di Ancona, sentenza 23 giugno 2022, n. 541)
Si ritiene configurato il reato di violenza privata nel caso in cui un soggetto parcheggi la propria autovettura in modo tale da impedire il libero spostamento di altra vettura.
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 8 settembre 2022, n. 33134)
Parcheggiare la propria autovettura dinanzi all'ingresso di un fabbricato in modo da impedirne l'accesso, integra il reato di violenza privata.
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 4 giugno 2020, n. 16967)
Il parcheggio nel cortile condominiale tale da ostruire il libero accesso al box auto da parte dell’altro condomino integra il reato di violenza privata.
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 30 settembre 2022, n. 37091)
Condotta di chi omette di spostare l'autovettura che ostruisce un passaggio anche in assenza di richiesta configura l’art. 610 c.p.
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 20 luglio 2022, n 28676)