La Corte di Cassazione è intervenuta a proposito di tifoserie violente negli stadi, ritenendo che la delimitazione degli spalti commessa dai gruppi ultras e tale da impedire ai tifosi “ordinari” di accedere ai settori, rendendo nei fatti la curva riservata ad alcune tifoserie, integra il reato di violenza privata (art. 610 c.p.).
Il fatto
In primo e secondo grado veniva confermata la condanna nei confronti di Tizio per il reato di violenza privata commessa ai danni di alcuni tifosi nel corso di due diverse manifestazioni sportive (Juventus – Spal del 24 novembre 2018 e Juventus – Inter del 7 dicembre 2018).
Nel particolare Tizio, partecipando alla tifoseria ultras, aveva contribuito a chiudere con dei nastri alcune parti della curva in modo tale da ostacolare l’accesso agli altri tifosi “ordinari” muniti di regolare biglietto, rendendo sostanzialmente il settore riservato al gruppo ultras, ricorrendo anche ad atteggiamenti di sfida al fine di indurre a desistere lo spettatore dal volersi accomodare al posto assegnato (nel particolare, avvicinando il capo fino ad appoggiare la propria fronte su quella dell’interlocutore e indicandogli con il braccio di recarsi su altri spalti).
Secondo Tizio, infatti, il tifo sportivo è a tutti gli effetti tutelato a livello costituzionale, alla stregua degli artt. 17 e 18 Cost., come libertà di riunione in luogo aperto al pubblico e nella libertà di associazione e il posizionamento degli striscioni nella curva dello stadio non sarebbe stato bastevole a impedire ad altri di sedersi nel settore.
Al più, secondo la difesa, l’organizzazione del tifo sportivo è una normale e ordinaria attività organizzativa che, in assenza di toni intimidatori – pur considerando il linguaggio utilizzato negli stadi – si limita a indicare altri posti all’interno del settore ove sedersi.
L’identificazione del tifoso veniva resa possibile grazie all’identificazione da parte degli agenti della Digos che, seguendo con regolarità le iniziative sportive e il gruppo ultras in questione, ben conosceva i volti degli appartenenti, così come i loro comportamenti.
La decisione
La Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 9 aprile 2024, n. 14423 respinge integralmente il ricorso ritenendolo “complessivamente inammissibile”.
Secondo i Giudici, infatti, la pluralità di azioni commesso sono state idonee a interdire alcune parti della curva ai tifosi “ordinari”, ovvero non ricompresi nel gruppo ultras, delimitando materialmente gli spazi con dei nastri e per cui riservando dei posti agli appartenenti della tifoseria ultras.
L’esercizio del diritto “non può mai trasmodare nella parallela lesione degli interessi altri”, così come rendere inaccessibili gli scranni dello stadio a chiunque non appartenga al gruppo ultras. Così come, il fatto che il tifoso appartenente al gruppo ritenga che allontanare i tifosi “ordinari” rientri nella legittima attività di organizzazione del tifo sportivo, la delimitazione della curva in ogni caso non può essere invocata come scriminante (ex art. 51 c.p.).
Infine, secondo gli Ermellini, sebbene l’organizzazione “coreografica” della tifoseria ricorra a striscioni e altri strumenti, il loro utilizzo “non può legittimare la prevaricazione della volontà altrui”.