Il reato di stalking identifica gli atti persecutori perpetrati da un individuo (il cd. stalker) ai danni di un’altra persona, che ne diviene la vittima.
I comportamenti dello stalker annichiliscono la vittima al punto da assoggettarla psicologicamente, portandola a temere per la propria vita o per quella delle persone che le stanno accanto.
Le condotte quindi si connotano per la loro reiterazione nel tempo. Esse devono essere in grado di generare paura, turbamento e ansia nella persona presa di mira che, sentendosi sopraffatta, vede come unica via d’uscita il cambiare le proprie abitudini di vita.
La pena prevista dall’art. 612 bis c.p. è della reclusione dal minimo di 1 anno fino al massimo di 6 anni e 6 mesi. Ulteriormente, la pena è aumentata in alcune specifiche ipotesi previste dalla norma.
Il reato di Atti persecutori è stato introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento ad opera della Legge 23 aprile 2009, n. 38.
Nel corso del tempo però, non è mancata affatto l’attenzione mediatica e diplomatica sul fenomeno dello stalking, tanto che il tema della violenza di genere e della violenza domestica sono divenuti di fondamentale importanza per la politica internazionale ed europea.
Si pensi alla Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, adottata dal Consiglio d’Europa l’11 maggio 2011 (nota anche come Convenzione di Istanbul), che è stata ratificata dall’Italia con la Legge 27 giugno 2013, n. 77.
La Convenzione, di fatto, è entrata in vigore nel 2014 rendendo così il nostro Paese capofila nel processo di ratificazione del primo strumento di portata internazionale e giuridicamente vincolante per la repressione della violenza di genere sin dai suoi albori.
E’ importante ricordare, infatti, che la Convenzione è stata siglata da 44 Paesi membri, ma solo 27 hanno deciso di ratificare la Convenzione, rendendo quindi il proprio ordinamento al passo con la necessaria esigenza di tutelare i diritti umani.
Cos’è il reato di stalking
Il reato di stalking, il cui termine è di origine anglosassone, fa riferimento alla condotta perseguita e sanzionata dal legislatore italiano all’articolo 612 bis del Codice Penale e rubricato come “Atti persecutori”.
Il legislatore annovera il reato nella più ampia categoria dei delitti contro la persona: proprio per questo il bene giuridico tutelato dalla legge è la libertà personale e la libertà morale dell’individuo.
La norma dispone che:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio”.
La norma apre la trattazione con una previsione in via sussidiaria (ovvero “salvo che il fatto costituisca più grave reato”).
La clausola di salvezza, quindi, in diritto attribuisce una connotazione generica e subordinata rispetto ad altri tipi di reato: come potrebbero essere la minaccia, ex art. 612 c.p., oppure la molestia, ex art. 660 c.p.
Il reato può essere commesso da chiunque purché, con condotte ripetute nel tempo, idonee a ingenerare un perdurante senso di timore, ansia e molestia, portando la vittima sino al punto di temere per l’incolumità propria o di altri.
Pensiamo ai messaggi e alle telefonate insistenti, la ricerca di contatto da parte dell’ex partner in maniera assillante, gli appostamenti, i pedinamenti durante la giornata per controllare le frequentazioni della vittima e/o gli spostamenti.
La persona presa di mira dallo stalker è quindi costretta ad alterare le proprie abitudini di vita.
Per esempio cambiando numero di cellulare; evitare di uscire se non accompagnati da qualcuno; scegliere un nuovo tragitto per tornare a casa o recarsi a lavoro, trasferirsi a casa di amici e parenti, e così via.
Tipi di stalking
Lo stalking non si realizza esclusivamente a seguito di una relazione interrotta, o di un amore non corrisposto.
In quanto fenomeno psicopatologico è possibile focalizzare l’attenzione sulle varie tipologie di stalking.
Stalking telefonico
E’ possibile parlare di stalking telefonico, l’atteggiamento di colui che ossessioni attraverso telefonate e messaggi insistenti la propria vittima.
Sono esempi di stalking telefonico: le telefonate notturne continue, messaggi minacciosi e/o offensivi, telefonate anonime senza risposta, telefonate ripetute sul luogo di lavoro o per controllare ogni movimento.
Stalking condominiale
Nel caso dello stalking condominiale, questo è inteso come l’avversione invadente tra condomini e volto al controllo delle abitudini del vicino di casa.
Per esempio, un vicino che, in modo deliberato, fa rumore durante le ore notturne o di riposo, come spostare mobili, camminare con scarpe pesanti o suonare strumenti musicali, con l’obiettivo di disturbare e creare disagio alla vittima.
Oppure, un condomino che, con malizia, presenta ripetute denunce o esposti contro la vittima per presunti comportamenti scorretti (come rumori, uso improprio di spazi comuni), al solo scopo di molestarla o diffamarla presso altri vicini.
Stalking giudiziario
Oppure lo stalking giudiziario, ovvero l’ossessione all’intraprendere azioni legali ingiustificate e infondate tormentando la controparte.
Non si tratta di cercare giustizia, ma di infliggere un disagio alla vittima attraverso il coinvolgimento continuo in procedimenti legali infondati o eccessivi.
È il caso di denunce infondate ripetute, citare la vittima in tribunale ripetutamente e avviare cause legali per ottenere cospicui risarcimenti economici.
Stalking online
Con la diffusione di internet e dei social, frequentemente è possibile sentir parlare di stalking online, cioè l’insistente presenza esercitata anche con l’utilizzo dei social network, proponendo costantemente con pressioni il proprio contatto alla vittima.
Spesso lo stalking online può cominciare come phishing e, una volta adescata la vittima, costringerla a inviare foto/video privati per ricattarla (cd. revenge porn).
Vediamo alcuni esempi di stalking online: inviare ripetuti messaggi ossessivi e/o minacciosi, diffondere informazioni private o false sul conto della vittima, creare account falsi per spiare la vittima o impersonarla (si può anche parlare di sostituzione di persona e di furto d'identità digitale).
Stalking professionale
Infine, lo stalking professionale, assimilabile al mobbing per alcune sfaccettature e inteso come la molestia insistente e perdurante condotta sul posto di lavoro.
Elementi del reato di stalking
Troncare una relazione affettiva o interrompere un rapporto non sono gli unici modi che possono scatenare “la sindrome del molestatore assillante”, ovvero lo stalking.
Pensiamo infatti alla perdita del lavoro, ai rapporti di vicinato, un’amicizia fraintesa o l’allontanamento di una persona cara. Tutti eventi precipitanti che portano lo stalker a sviluppare un’affezione ossessiva per la vittima e le persone di cui si circonda.
Possono essere vittime dello stalker:
- colleghi di lavoro;
- amici;
- familiari;
- conoscenti;
- partner (più frequentemente ex).
Il delitto di atti persecutori è un reato abituale: si connota cioè per la necessaria reiterazione dei comportamenti, la cui sequenza determina l’evento lesivo per la persona offesa.
Gli atti persecutori che affliggono la vittima seguono spesso un vero e proprio schema comportamentale, da cui è possibile desumere le caratteristiche del reato: la condotta, l’evento, il nesso di causalità, ma anche il dolo.
Vediamo la differenza e le peculiarità degli elementi oggettivi e soggettivi del reato di stalking.
Elementi oggettivi
Perchè possa parlarsi di stalking, ovvero di atti persecutori, è necessario verificare la sussistenza degli elementi che compongono il reato:
- reiterazione delle condotte;
- il perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima, o meglio l’evento;
- il nesso di causalità.
La reiterazione delle condotte fonda la natura abituale del reato. Ciò significa che la minaccia o la molestia perpetrate dallo stalker devono realizzare un evento unitario.
Per minaccia di intende la prospettazione di un male futuro per la vittima, la cui realizzazione o meno dipende solo dalla volontà dell’agente.
Invece, con il termine molestia si intende il comportamento capace di alterare in maniera invadente, dolorosa e fastidiosa la condizione psicologica di una persona.
Inoltre, per la Corte di Cassazione, 1 luglio 2022, sentenza n. 25248 rientra nella nozione di molestie anche “le condotte che, pur non essendo direttamente rivolte alla persona offesa, comportino subdole interferenze nella sua vita privata”, ovvero quei comportamenti che perseguitino la vittima in maniera indiretta.
Nel concreto, la Cassazione si era pronunciata sul caso in cui l’imputato aveva distribuito, all’interno dei bagni pubblici di un autogrill, il numero di telefono e l’indirizzo della vittima, invitando gli sconosciuti a contattarla e da cui erano derivate alla stessa richieste di prestazioni sessuali.
La reiterazione
Come si misura la reiterazione? A chiarire in che misura i comportamenti possano intendersi reiterati, è intervenuta a più riprese la Corte di Cassazione ritenendo che anche solo due condotte di minacce, molestie o lesioni siano idonee a configurare il reato (Corte di Cassazione, 19 luglio 2018, sent. n. 33842).
Ciò anche nel caso in cui le singole condotte siano intervallate da un prolungato lasso temporale (Corte di Cassazione, 4 agosto 2021, sent. n. 30525).
Per quanto riguarda invece lo stato di ansia, paura e turbamento indotto nella vittima non è necessario l’accertamento psicologico dello stato patologico.
E’ sufficiente che gli atti persecutori abbiano un effetto destabilizzante per l’equilibrio psicologico della persona offesa, che ne minino la serenità.
Lo stato di ansia e paura sofferto dalla vittima deve essere un turbamento profondo della sua persona e non risolversi in un mero fastidio, o semplice irritazione, per le molestie subite.
Infine, il nesso di causalità deve intendersi come la consequenzialità tra le condotte moleste, minatorie e il causato disagio e turbamento nella vittima.
E’ possibile dimostrare il nesso causale tra la condotta molesta e gli eventi alternativamente cagionati nella vittima (ovvero paura, timore per sé e altri, ansia), osservando il mutamento delle abitudini di vita e della quotidianità che la persona offesa si è vista costretta ad attuare per proteggere la propria libertà personale.
Elemento soggettivo
Il reato richiede la sussistenza del dolo generico, inteso come la piena coscienza e volontà di colui che agisce di compiere comportamenti reiterati (come le minacce e le molestie) e dal quale potrebbe conseguire il turbamento, lo stato d’ansia o di paura della vittima.
Quali sono le pene previste per il reato di stalking
Il reato di atti persecutori è punito con la pena della reclusione da 1 anno a 6 anni e 6 mesi nella sua ipotesi base cioè commesso:
- da chiunque;
- con condotte reiterate;
- in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
- oppure infondendo il timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto, o di persona al medesimo legata da relazione affettiva;
- oppure costringendo la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita.
Tuttavia la pena è aumentata se gli atti persecutori sono compiuti:
- dal coniuge, anche separato o divorziato;
- da persona che è o è stata legata da una relazione vittima;
- se il fatto è commesso utilizzando strumenti informatici o telematici (come i social network, le piattaforme online e le app di messaggistica).
Ulteriormente, la pena è aumentata fino alla metà se il reato è condotto nei confronti:
- di un minore;
- di una donna in stato di gravidanza;
- di una persona con disabilità;
- oppure con armi;
- o da chi abbia alterato intenzionalmente il proprio aspetto in modo da rendersi irriconoscibile.
E’ importante ricordare che, se lo stalker fosse già stato precedentemente ammonito dal Questore e ciò prima della querela sporta dalla vittima, verrebbe disposta la pena aumentata.
Quali sono le misure cautelari che un giudice può predisporre?
Tra le tutele assicurate in sede penale alla vittima di stalking, vi sono le diverse misure cautelari che il giudice può disporre nei confronti dell’autore degli atti persecutori.
Le misure cautelari sono quei provvedimenti idonei ad incidere sulla libertà individuale e che presentano gradi di afflittività crescente per chi ne è destinatario.
Il giudice infatti, valutando la pericolosità dell’autore e le pressioni psicologiche sulla vittima, così come le minacce alla sua incolumità, può disporre le seguenti misure cautelari:
- Divieto o obbligo di dimora, ex art. 283 c.p.p., consistente nella proibizione o nell’imposizione di dimorare entro un determinato territorio e sotto vigilanza della Polizia;
- Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, ex art. 282 ter c.p.p., inteso come l’obbligo di mantenere una certa distanza dalla vittima e dai luoghi da questa abitualmente frequentati, così come dai suoi familiari, prossimi congiunti e persone generalmente legate alla persona offesa;
- Allontanamento dalla casa familiare, ex art. 282 bis c.p.p., ovvero la prescrizione all’imputato che, colto in flagranza di reato, venga urgentemente allontanato dalla casa familiare dagli ufficiali di polizia;
- Obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria, ex art. 282 c.p.p., ovvero l’obbligo per l’autore degli atti persecutori di recarsi presso gli Uffici di Polizia individuati e apporre la firma;
- Custodia cautelare in carcere, ex art. 285 c.p.p., al fine di scongiurare il pericolo di fuga, inquinamento delle prove o di prosecuzione del reato da parte dell’autore degli atti persecutori.
Cosa fare se si è vittima di uno stalker
Essere vittima di uno stalker rappresenta un timore costante nella propria quotidianità: una presenza angosciante e insistente che si presenta ad ogni angolo della strada o in tutti i luoghi abitualmente frequentati.
Come sfuggire allo stalker? La prima reazione è quella di rendersi irreperibili: cambiare numero di telefono, smettere di rispondere ai messaggi, scegliere un tragitto diverso per tornare a casa.
Ma è davvero questa l’unica via per uscire dalla paura e dall’ansia di questa presenza?
Se si è vittima di stalking la legge assicura alla vittima la possibilità di essere tutelata denunciando alle Forze dell’Ordine gli atti persecutori, oppure rivolgersi al questore per ammonire il proprio stalker.
Stalking: come dimostrarlo e quali prove sono utili?
A sostegno della querela sporta dalla vittima è possibile produrre delle prove: queste verranno valutate dal giudice in ordine allo stato di ansia e di timore ingenerato nella vittima, la paura per la propria e l’altrui incolumità, oppure il mutamento delle abitudini di vita.
Possono essere elementi validi per dimostrare lo stalking:
- le dichiarazioni della persona offesa, ovvero la vittima del reato che, per un orientamento ormai granitico della giurisprudenza, possono essere ritenute anche da sole come fondamento della responsabilità penale dell’imputato (Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sent. n. 41461/2012 e Corte di Cassazione, sez. III, sent. n. 4343/14);
- le dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti, come possono essere i testimoni di episodi violenti e insistenti dello stalker;
- certificati medici, comprovanti il disagio psicologico consequenziale al reato;
- messaggi e lettere ricevute dallo stalker, ad esempio a mezzi Whatsapp o Facebook;
- i tabulati telefonici, comprovanti le insistenti telefonate ricevute e richiedibili all’operatore telefonico sia dal difensore di fiducia che dal Pubblico Ministero nel momento di compimento delle indagini.
Le prove, in sostanza, consentiranno di ricostruire la dinamica degli episodi persecutori, oltre che gli atteggiamenti molesti e minacciosi dello stalker.
Vediamo di seguito come denunciare lo stalker e come ottenere l’ammonimento per gli atti persecutori.
Come si denuncia lo stalking?
Lo stalking non è solo un fenomeno giuridico, punito e perseguito dalla legge, ma è anche un fenomeno sociale e a causa del quale la vittima spesso viene colpevolizzata per quanto subisce.
Troppo spesso infatti il messaggio che la vittima riceve è che l’insistenza, il controllo serrato delle sue abitudini e il farsi notare (o meglio sorvegliare) nei luoghi abitualmente frequentati, siano gesti legittimi assimilabili al “corteggiamento pressante”. Sbagliato!
E’ fondamentale presentare la propria querela alle Autorità competenti, perché lo stalking è un reato procedibile a querela della persona offesa.
Il termine per poter proporre querela è di 6 mesi, a decorrere dall’ultimo episodio di molestia o minaccia.
E’ possibile rimettere (ovvero, ritirare) la querela solo in sede processuale, perché sarà compito del giudice verificare l’autenticità delle intenzioni della vittima, assicurandosi che non sia stata spinta da ritorsioni da parte dell’autore del reato.
Nel caso in cui gli atti persecutori fossero compiuti mediante la reiterazione di minacce aggravate dall’uso delle armi, la querela è irrevocabile.
Il reato di stalking è però procedibile d’ufficio, cioè l’Autorità giudiziaria si attiverà autonomamente per perseguire la violenza e punire il suo colpevole, come previsto all’articolo 612 bis, comma 4 del Codice Penale e nei casi in cui:
- il reato è commesso ai danni di un minore;
- il reato è commesso ai danni di una persona con disabilità;
- il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si procede d’ufficio.
Oltre alla tutela penale garantita dalla giustizia alla vittima di stalking, anche grazie alla garanzia immediata prevista dal Codice Rosso – che assicura alla vittima di essere ascoltata tempestivamente (e non oltre comunque 3 giorni dalla ricezione della sua denuncia-querela) da parte dell’Autorità giudiziaria.
Ulteriormente, l’ordinamento prevede per la vittima anche una forma di tutela amministrativa diversa e separata dall’instaurazione del processo penale: parliamo dell’ammonimento da parte del questore.
Cos’è l’ammonimento del questore nello stalking?
L’ammonimento da parte del Questore è una forma di misura di prevenzione amministrativa il cui scopo è di tutelare la vittima nel caso di atti persecutori o maltrattamenti in famiglia.
L’ammonimento funge quindi da meccanismo di tutela anticipata rispetto alla proposizione della denuncia-querela da parte della persona offesa.
Oggetto dell’articolo 8 del Decreto Legge 23 febbraio 2009, n 11, l’ammonimento prevede che:
“Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore.
Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l'ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore valuta l'eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni.
La pena per il delitto di cui all'articolo 612-bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.
Si procede d'ufficio per il delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo”.
La vittima di stalking ha quindi la possibilità, prima di presentare la propria querela all’Autorità giudiziaria, di rivolgersi al Questore attraverso una richiesta formale in cui venga descritta dettagliatamente la condotta del proprio stalker e le ripercussioni che queste hanno sulla persona offesa.
La richiesta viene trasmessa senza indugio al Questore che, valutati gli elementi, convoca l’autore degli atti persecutori e lo ammonisce oralmente.
L’ammonimento è un richiamo amministrativo con il quale lo stalker viene redarguito ed esortato a interrompere qualsivoglia condotta assillante e intrusiva nelle abitudini di vita del proprio bersaglio.
La copia del verbale di ammonimento è consegnata all’ammonito e alla persona offesa che ha richiesto di procedere in tal senso. Nel verbale, il Questore può anche scegliere di disporre la sospensione del porto d’armi e munizioni.
E’ importante ricordare che, qualora lo stalker non desistesse dai suoi comportamenti, tanto da indurre la vittima a denunciare il reato di atti persecutori ex art. 612 bis c.p., il reato in sede penale sarebbe procedibile d’ufficio.
Ulteriormente, se lo stalker venisse poi condannato in sede penale e fosse già stato destinatario di un ammonimento, la pena applicata per il reato sarebbe aumentata.
Quando non è stalking con esempi
Per quanto la reiterazione insistente possa essere fastidiosa, affinchè possa parlarsi di stalking e quindi possa ritenersi integrato il delitto di atti persecutori, occorre che le condotte vadano ben oltre il semplice fastidio, disgusto e insofferenza della vittima.
La caratteristica degli atti persecutori è proprio di insinuarsi nella vita privata della persona presa di mira dallo stalker, intrufolandosi con comportamenti reiterati nel tempo e paventando minacce e molestie.
Non tutto, infatti, può essere configurato come stalking. Non si parla di atti persecutori e quindi di stalking nei casi in cui:
- la condotta minacciosa e molesta si esaurisca nel giro di poche ore, come può avvenire per gli ammiratori di un attore o un cantante famosi;
- denigrare aspramente e frequentemente sui social qualcuno, può più opportunamente configurare la diffamazione o l’ingiuria;
- la pubblicazione, anche se reiterata, di articoli di giornale riferiti a qualcuno non può ritenersi stalking.
Per la giurisprudenza, allo stesso modo, è di particolare interesse soffermarsi sull’atteggiamento resiliente e resistente della vittima dinanzi alle minacce esercitate dallo stalker.
Per esempio, non esclude lo stalking:
- il semplice atteggiamento conciliante tenuto dalla vittima nei confronti dello stalker e la sua resistenza a non cambiare abitudini di vita (come cambiare numero telefonico per non farsi rintracciare), Corte di Cassazione n. 27466/2018 ;
- la reciprocità dei comportamenti molesti deve essere valutata in concreto dal giudice, verificando lo stato di ansia e timore della vittima che potrebbe subire pressioni ben più gravi e pericolose di quelle di cui lei stessa è fautrice, Corte di Cassazione n. 17698/2010;
- gli atti persecutori possono anche essere indiretti e cioè esercitati direttamente su una persona diversa dalla vera vittima, Corte di Cassazione n. 41006/2003.
Cosa succede se si viene denunciati per stalking?
Essere denunciati o ammoniti per stalking non significa automaticamente essere condannati per il reato.
La colpevolezza infatti dovrà essere dimostrata in tribunale, nel corso del processo penale.
E’ possibile reagire ad un’accusa di stalking adoperandosi con un’opportuna attività difensiva a proprio sostegno: ad esempio, producendo i messaggi scambiati con l’altra persona e motivandone il contesto.
In questo modo potrebbe infatti essere ricostruita una diversa circostanza, non per forza molesta o minacciosa.
Al pari, potrebbe essere utile dimostrare che le condotte moleste erano reciproche e con lo stesso grado di afflittività per entrambi, al fine di smontare l’accusa di stalking.
Nel caso in cui gli elementi prodotti a sostegno della propria difesa fossero validi, il giudice ben potrebbe optare per una derubricazione del reato.
Cosa significa? Che il giudice, valutando gli elementi, potrebbe ritenere non sussistente il reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p., ma piuttosto diverse ipotesi di reato punite in maniera più lieve: così come la minaccia, ex art. 612 c.p., oppure la molestia, ex art. 660 c.p.
Infatti, il reato di minaccia è punito con la multa fino a 1.032 € e, solo nei casi più gravi, viene applicata anche la pena della reclusione fino ad 1 anno.
Invece, nel caso della molestia (che è una contravvenzione e non un reato), l'arresto può durare al massimo 6 mesi oppure può essere applicata l'ammenda fino a 516 euro.
Le principali sentenze
Vediamo adesso alcune tra le principali e più recenti sentenze in tema di stalking.
In tema di atti persecutori, è idonea ad estinguere il reato non solo la remissione di querela ricevuta dall'autorità giudiziaria, ma anche quella effettuata davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria, atteso che l'art. 612-bis, co. 4, c.p., facendo riferimento alla remissione processuale, evoca la disciplina risultante dal combinato disposto dagli artt. 152 c.p. e 340 c.p.p., che prevede la possibilità di effettuare la remissione anche con tali modalità.
(Tribunale di Nocera Inferiore, sentenza 10 aprile 2024, n. 884)
L'attenuante della provocazione è incompatibile con il delitto di atti persecutori, il quale è un reato abituale che si compone di una pluralità di condotte produttive di un unico evento, in quanto l'accertamento della sussistenza della diminuente della provocazione imporrebbe una valutazione parcellizzata dei singoli atti nei quali si è realizzata la condotta, non compatibile con la natura unitaria del reato abituale.
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 9 aprile 2024, n. 14417)
In tema di delitto di atti persecutori, ai sensi dell'art. 612 bis c.p., la prova dell'evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia e di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente e anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in ordine alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata. Ciò che rileva è il dolo generico del soggetto agente, consistente nella volontà di porre in essere le condotte persecutorie descritte nella norma con la consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi descritti nella stessa. Nel caso di specie, la versione dei fatti resa dalla persona offesa non appare ex se attendibile difettando, quindi, la prova dei fatti in contestazione.
(Tribunale di Lecce, sentenza 6 febbraio 2024, n. 185)
Il delitto di atti persecutori, in quanto reato abituale, si consuma nel momento in cui ha luogo l'ultima condotta attuata dall'agente, sicché le modifiche "in peius" del regime sanzionatorio, introdotte dalla l. 19 luglio 2019, n. 69, trovano applicazione anche se intervenute dopo l'inizio della consumazione, ma prima della cessazione della abitualità.
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 29 gennaio 2024, n. 3427)
Il provvedimento di ammonimento emesso dal questore nei confronti di persona segnalata per atti persecutori, ai sensi dell'art. 8 d.l. n. 11 del 2009, conv. con modif. dalla l. n. 38 del 2009, è uno strumento alternativo alla tutela giudiziaria ed è volto ad esercitare, in tempi celeri e sulla base della sussistenza di meri elementi indiziari, un'efficacia dissuasiva sull'autore della condotta molesta, di talché esso non costituisce atto prodromico alla valutazione del reato di cui all'art. 612 bis c.p., ma un autonomo atto ammnistrativo, il cui sindacato da parte del giudice amministrativo non incide sulla riserva di giurisdizione del giudice penale.
(Sezioni Unite, ordinanza 28 dicembre 2023, n. 36154)
Il delitto di atti persecutori concorre con quello di diffamazione anche quando nelle modalità della condotta diffamatoria si esprimono le molestie reiterate costitutive del reato previsto dall'art. 612-bis cod. pen.
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 11 dicembre 2023, n. 49288)
In tema di atti persecutori, che è delitto a eventi alternativi eventualmente concorrenti tra loro, non viola il principio di correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza, la decisione che individui la verificazione di un evento, ulteriore e distinto nell'ambito della norma incriminatrice, idoneo a configurare il medesimo fatto di reato purché ciò non incida sul giudizio di disvalore complessivo della condotta. (Fattispecie in cui la contestazione riguardava l'evento dello stato di ansia e di paura, mentre la sentenza anche quello della percezione da parte della vittima di un fondato timore per l'incolumità propria e del compagno).
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 27 novembre 2023, n. 47533)
Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari rigetti la richiesta, ex art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen., di esame, con le forme dell'incidente probatorio, di una persona offesa maggiorenne, escludendone la condizione di particolare vulnerabilità per l'età, l'inserimento sociale e la reazione opposta alla condotta delittuosa mercé la proposizione di querela, in quanto trattasi di provvedimento che non determina la stasi del procedimento, né si pone fuori dal sistema processuale, che rimette al potere discrezionale del giudice la valutazione sulla fondatezza dell'istanza. (Fattispecie in tema di atti persecutori).
(Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 21 novembre 2023, n. 46821)
In tema di atti persecutori, le condotte moleste possono essere dirette verso soggetti che siano legati alla vittima da un rapporto qualificato di vicinanza, da intendersi non in senso formale, ma come idoneità della relazione interpersonale, secondo l'"id quod plerumque accidit", a giustificare il verificarsi dell'evento di danno anche nei riguardi della persona offesa.
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 26 ottobre 2023, n. 43384)
In tema di reati contro la persona, il delitto di omicidio commesso da chi abbia perpetrato atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa assorbe, ai sensi dell'art. 84, comma primo, cod. pen., il delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen. solo nel caso in cui, in relazione al reato più grave, sia stata contestata la circostanza aggravante di cui all'art. 576, comma primo, n. 5.1, cod. pen., e vi sia stato, in ragione di essa, un effettivo aumento della pena, non verificandosi, altrimenti, la duplicazione di sanzioni che la disciplina del reato complesso intende evitare. (Fattispecie nella quale è stata esclusa l'applicazione dell'art. 84 cod. pen. in relazione ad imputato che invocava l'assorbimento del delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen. in quello di tentato omicidio semplice, già oggetto di pregressa sentenza di condanna irrevocabile).
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 29 settembre 2023, n. 39688)
In tema di atti persecutori, ai fini dell'irrevocabilità della querela non è necessario che la gravità delle reiterate minacce sia oggetto di specifica contestazione, non costituendo una circostanza aggravante, ma una modalità di realizzazione della condotta. (In motivazione, la Corte ha precisato che la gravità delle minacce è demandata alla valutazione del giudice e deve essere comunque ricavabile dalla compiuta descrizione della condotta nell'imputazione).
(Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 4 agosto 2023, n. 34412)
In tema di rapporti fra il delitto di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori, il divieto di interpretazione analogica delle norme incriminatrici impone di intendere i concetti di "famiglia" e di "convivenza" di cui all'art. 572 cod. pen. nell'accezione più ristretta, quale comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza di affetti implicante reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza, fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell'abitazione, ancorché non necessariamente continuativa, sicché è configurabile l'ipotesi aggravata di atti persecutori di cui all'art. 612-bis, comma secondo, cod. pen., e non il reato di maltrattamenti in famiglia, quando le reiterate condotte moleste e vessatorie siano perpetrate dall'imputato dopo la cessazione della convivenza "more uxorio" con la persona offesa.
(Corte di Cassazione, sezione 6, sentenza 19 luglio 2023, n. 31390)