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24 Gennaio 2024
17:00

Falsa testimonianza: cos’è, quando si configura il reato ex art. 372 c.p. e come è punita

Il reato di falsa testimonianza (372 c.p.) punisce chi, chiamato a testimoniare in un processo civile o penale, affermi il falso, neghi il vero oppure taccia elementi importanti oggetto del giudizio.

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Falsa testimonianza: cos’è, quando si configura il reato ex art. 372 c.p. e come è punita
Dottoressa in Giurisprudenza
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La falsa testimonianza (art. 372 c.p.) è uno dei reati contro l’amministrazione della giustizia disciplinati dal nostro Codice Penale e intende punire il comportamento di chi, durante un processo, affermi il falso, neghi il vero oppure taccia volutamente circostanze decisive, vanificando così il corretto svolgimento dell’attività giudiziaria.

La persona offesa, cioè il soggetto passivo del reato, è sia la collettività che ha interesse a che l’attività giurisdizionale si svolga correttamente, sia il privato leso dalla falsa testimonianza resa contro di lui.

Vediamo in cosa consiste il reato di falsa testimonianza, cosa rischia il testimone e quali sono le possibili conseguenze.

La falsa testimonianza nel codice penale: quando si configura il reato ex art. 372 c.p.

Il reato di falsa testimonianza, collocato all’interno del Libro II – Dei delitti in particolare, Titolo III – Dei delitti contro l’amministrazione della giustizia, Capo I – Dei delitti contro l’attività giudiziaria, è punito all’art. 372 c.p.:

Chiunque, deponendo come testimone innanzi all'Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni”.

Si tratta di un reato proprio, cioè che può essere commesso soltanto da colui il quale rivesta la qualifica di testimone e deponga dinanzi all’Autorità giudiziaria.

Per teste si intende quel soggetto terzo rispetto alle parti convenute in giudizio che, ammesso a rendere dichiarazioni su quanto a sua conoscenza e rilevante ai fini della decisione, è chiamato a deporre davanti al giudice e, in ambito processuale, avvertito delle responsabilità penali a cui andrebbe incontro per le dichiarazioni mendaci, depone rispondendo alle domande a lui rivolte sui fatti oggetto di causa.

Secondo giurisprudenza consolidata, al testimone è riconosciuta la qualifica di pubblico ufficiale (ex art. 357 c.p.) poiché, con la propria deposizione, collabora al corretto svolgimento dell’attività giudiziaria e conserva tale qualifica finchè il processo non si esaurisce con effetto del passaggio in giudicato della sentenza.

Il reato di falsa testimonianza si consuma non appena il teste ha concluso la sua deposizione.

Alla luce di ciò, trattandosi di un reato istantaneo e di pericolo, non è ammesso il tentativo.

Il bene giuridico tutelato dalla norma è il normale svolgimento dell’attività giudiziaria, che potrebbe essere fuorviata da quelle deposizioni false o reticenti.

Come visto, il reato di falsa testimonianza punisce la condotta penalmente rilevante di colui che, deponendo come testimone davanti all’Autorità Giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, oppure tace ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato.

Le condotte possono, quindi, consistere:

  • nell’affermare il falso, inteso cioè come il rendere una dichiarazione difforme e tale da supporre l'esistenza di un fatto inesistente, alterare la verità e la reale percezione avuta;
  • nel negare il vero, ovvero negare avvenimenti realmente accaduti;
  • nel tacere tutto o in parte ciò che si sa e su cui si viene interrogati, si tratta della cd. reticenza e consiste nel serbare il silenzio su qualcosa che si conosce e che viene domandato.

Quanto all’elemento soggettivo della falsa testimonianza, è richiesto il dolo generico e consiste nella coscienza e nella volontà di affermare il falso, negare il vero o serbare silenzio sui fatti oggetti di causa. Sono irrilevanti i motivi che spingono l’agente al reato.

L’errore e la dimenticanza escludono il dolo.

Le circostanze aggravanti

Ai sensi dell’art. 375 c.p., la falsa testimonianza è aggravata se:

  • dal fatto deriva una condanna alla reclusione non superiore a 5 anni;
  • dal fatto deriva una condanna superiore a cinque anni;
  • dal fatto deriva una condanna all’ergastolo.

In tutti questi casi, la condanna deve derivare da una sentenza passata in giudicato e fondata sulla falsa testimonianza.

La pena prevista per la falsa testimonianza

Vediamo adesso cosa rischia chi commette la falsa testimonianza, cioè qual è la pena del reato ex art. 372 c.p. per chi fa dichiarazioni mendaci durante il processo.

L’ipotesi semplice della falsa testimonianza è punita con la reclusione da 2 a 6 anni.

La pena è della reclusione da 3 a 8 anni se dal fatto deriva una condanna non superiore a 5 anni.

Se dal fatto deriva invece una condanna oltre i 5 anni, la pena è il carcere da 4 a 12 anni.

Infine, se dal fatto deriva la condanna dell’ergastolo, la pena per la falsa testimonianza aggravata è il carcere da 6 a 20 anni.

La ritrattazione (art. 376 c.p.)

Il legislatore prevede una specifica causa che esclude la punibilità del reato di falsa testimonianza, ma anche di false informazioni al P.M., falsa perizia o interpretazione: è il caso della ritrattazione (ex art. 376 c.p.).

Si tratta di quel comportamento spontaneo e assunto prima della conclusione del processo da parte di chi aveva assunto l’ufficio di testimone o era stato chiamato a rendere le sue dichiarazioni, e che decida di smentire in maniera inequivoca i fatti deposti e manifesti il vero.

Stando alla dottrina e alla giurisprudenza dominante, la ritrattazione rappresenta un vero e proprio ravvedimento operoso da parte del colpevole e a cui la legge eccezionalmente riconosce l’efficacia di estinguere la punibilità, poichè ristabilita la funzione giudiziaria e il suo corretto svolgimento.

Le cause di non punibilità

I casi di non punibilità del reato di falsa testimonianza possono rintracciarsi all’art. 384 c.p. e distinguendo tra:

  • chi ha commesso il reato perché costretto dalla necessità di salvare sé o altri da un danno grave e inevitabile, oppure da un nocumento alla libertà e all’onore (comma 1);
  • il reato è stato commesso da chi non avrebbe dovuto assumere l’ufficio di testimone o avrebbe dovuto essere avvertito della sua facoltà di astenersi dal rendere dichiarazioni (comma 2).

Nel primo caso, lo speciale stato di necessità deve poter determinare un sicuro pregiudizio alla sfera della libertà individuale; così come, deve trattarsi di un nocumento presagito e non ancora verificatosi.

La procedibilità del reato di falsa testimonianza

Il reato di falsa testimonianza (ex art. 372 c.p.) è procedibile d’ufficio.

L’Autorità giudiziaria, tuttavia, può anche ricevere l’impulso sulla scorta della segnalazione oppure della denuncia proveniente dalla persona lesa dalla dichiarazione mendacemente resa nei suoi confronti.

Cerchiamo di capire come dimostrare una falsa testimonianza.

La falsa testimonianza nel processo civile

Testimoniare il falso, così come negare il vero oppure serbare volutamente il silenzio su circostanze che sono oggetto del giudizio è un reato.

Il reato di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) parla di “Autorità giudiziaria” e in quanto tale intende far riferimento sia al giudice penale che al giudice civile: per questa ragione anche quelle dichiarazioni false rese nel corso di un procedimento civile integrano il reato di cui all’art. 372 c.p.

Come si dimostra la falsa testimonianza

Prima di intraprendere strade che possano diventare tortuose e si tema di essere stati lesi da una falsa testimonianza, è bene rivolgersi al proprio avvocato.

Soltanto l’approfondita consulenza legale di un professionista potrà tutelare la propria posizione.

La denuncia infatti deve essere corredata di tutti quegli elementi utili a dimostrare che il teste abbia volutamente taciuto alcuni fatti decisivi rispetto alle circostanze per le quali doveva essere sentito, oppure abbia dichiarato il falso oppure negato il vero.

Vediamo adesso come si può dimostrare una deposizione falsa.

Contestualmente alla celebrazione dell’udienza viene redatto il verbale, il quale riporta la trascrizione  stenotipica di quanto  detto nel corso di quella giornata processuale.

Il verbale di udienza è, quindi, il documento in cui viene trascritta anche la deposizione del teste ed è per questo il punto di partenza da dover considerare.

Occorrerà acquisire tutti i mezzi di prova necessari a sconfessare la falsa testimonianza, come per esempio altre dichiarazioni contraddittorie rese nel corso delle precedenti o delle successive udienze.

Il risarcimento per falsa testimonianza

La parte lesa dalla falsa testimonianza ha il diritto a costituirsi parte civile nel processo e richiedere il risarcimento del danno subito dalla deposizione menzognera.

Il Giudice, appurata la falsa testimonianza e valutato il danno subito dalla parte lesa, condannerà il colpevole anche alla liquidazione di una somma che possa coprire il pregiudizio patito.

La prescrizione

Il delitto di falsa testimonianza si prescrive nel termine di 6 anni, i quali potranno anche aumentare a 7 anni e 6 mesi se in presenza di atti interruttivi.

Il termine di prescrizione decorre a partire dal momento in cui il reato si intende consumato.

Le ultime sentenze sul reato di falsa testimonianza

Vediamo adesso alcune tra le più recenti sentenze in tema di falsa testimonianza (art. 372 c.p.)

Corte di Cassazione, sezione 6, sentenza 22 maggio 2023, n. 21987
In tema di falsa testimonianza, la causa di esclusione della punibilità, prevista per chi ha commesso il fatto per essere stato costretto dalla necessità di salvare sé stesso o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore, opera anche nelle ipotesi in cui il soggetto abbia reso mendaci dichiarazioni per evitare un'accusa penale nei suoi confronti, a condizione che tale timore attenga a un rapporto di derivazione del danno dal contenuto della deposizione rilevabile sulla base di un criterio di immediata ed inderogabile consequenzialità e non di semplice supposizione”.

Nella specie, la Corte ha ritenuto corretta l'esclusione dell'esimente, invocata, anche in forma putativa, dall'acquirente di un quadro risultato provento di furto, il quale non aveva ragione di temere di essere incriminato per ricettazione, dato il comportamento ampiamente collaborativo mostrato agli inquirenti fin dal primo sequestro.

Corte di Cassazione, sezione 6, sentenza 2 marzo 2023, n. 9059
In tema di falsa testimonianza, non costituisce elemento sufficiente ad integrare la prova del reato il contrasto tra le dichiarazioni rese dal teste in dibattimento e quelle rese in fase procedimentale, utilizzate per le contestazioni ex art. 500 c.p.p. assumendo tale difformità rilevanza solo unitamente ad altri elementi idonei a riscontrare la veridicità delle prime dichiarazioni e la falsità di quelle successivamente rilasciate”.

Corte di Cassazione, sezione 6, sentenza 8 novembre 2022, n. 42224
In tema di valutazione della testimonianza, il sistema introdotto dal codice di rito separa nettamente la valutazione della testimonianza ai fini della decisione del processo in cui è stata resa e la persecuzione penale del testimone che abbia eventualmente deposto il falso, attribuendo al giudice il solo compito di informare il pubblico ministero della notizia di reato, quando ne ravvisi gli estremi in sede di valutazione complessiva del materiale probatorio raccolto; ne consegue che la deposizione dibattimentale del teste, pur se falsa, rimane parte integrante del processo in cui è stata resa e costituisce prova ivi utilizzabile e valutabile in relazione all'altro materiale probatorio legittimamente acquisito, anche sulla base del meccanismo disciplinato ai sensi dell'art. 500, comma 4, cod. proc. pen.”.

Corte di Cassazione, sezione 6, sentenza 22 settembre 2022, n. 35631
In tema di falsa testimonianza, eventuali cause di nullità o di inutilizzabilità della deposizione testimoniale non escludono la configurabilità del reato, a meno che non siano tali da far venire meno la stessa qualifica di testimone”.

Corte di Cassazione, sezione 6, sentenza 27 luglio 2022, n. 29940
In tema di falsa testimonianza, ricorre la causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 384, comma primo, cod. pen. nel caso in cui il mendacio dell'agente risponda all'esigenza di evitare l'altrimenti sicuro pregiudizio alla sfera della propria libertà individuale, nelle sue varie manifestazioni, comprensive del diritto al lavoro”.

Calunnia e falsa testimonianza

Il reato di calunnia (art. 368 c.p.) e il reato di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) non devono essere confusi tra loro.

Calunniare qualcuno significa accusare di un reato che non ha commesso o fingere tracce di un reato a suo carico pur sapendolo innocente.

Commettere falsa testimonianza, invece, significa tacere (tutto o in parte) circostanze decisive rispetto ai fatti di causa, oppure affermare una falsità ma anche negare il vero.

La falsa testimonianza intende punire la violazione del dovere incombente sul testimone di dire la verità, mentre la calunnia è testa a colpire il dovere di non incolpare di un reato qualcuno di cui si conosce l’innocenza.

I due reati concorrono.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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