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21 Luglio 2023
17:00

Enfiteusi: cos’è, come funziona e spiegazione del diritto reale

Il diritto di enfiteusi è il diritto reale meno frequentemente utilizzato nel nostro ordinamento. Vediamo la sua evoluzione, le particolarità e degli esempli esplicativi.

Enfiteusi: cos’è, come funziona e spiegazione del diritto reale
Dottoressa in Giurisprudenza
Il diritto di enfiteusi, diritti reali

L’enfiteusi, o più correttamente il diritto di enfiteusi, è oggetto del Titolo IV, Libro III del Codice Civile, e trova la sua disciplina a partire dall’articolo 957 e seguenti del Codice.

Il diritto di enfiteusi è uno dei diritti reali di godimento su cosa altrui descritti dal nostro ordinamento, attraverso il quale, il soggetto – chiamato enfiteuta – è titolare di un diritto (al pari di quello riconosciuto al proprietario) di godimento del fondo con ampi poteri.

Unico obbligo che la disciplina impone all’enfiteuta è di apportare interventi migliorativi al fondo e di pagare al concedente, cioè il proprietario, una somma periodica – un canone.

Vediamo insieme l’evoluzione storica del diritto di enfiteusi.

Origine dell'enfiteusi

L’enfiteusi è uno dei diritti mutuati dall’originario diritto romano e dal suo “ager vectigalis, cioè una divisione insistente sull’ager publicus (letteralmente, agro pubblico) che rappresentava, a propria volta, l’insieme del territorio (come latifondi, terreni ecc.) appartenenti allo stato. L’  era quindi l’insieme delle terre conquistate alle popolazioni assoggettate e che veniva occupato dai coloni militari e dai cittadini, con il beneplacito dello stato.

L’enfiteusi venne originato nel corso del VII e VIII secolo, sotto l’egida della Chiesa romana. In epoca feudale,  l’enfiteusi era utilizzato come strumento amministrativo per regolamentare la cessione/concessione dei fondi.

Nel corso del medioevo concedere a terzi porzioni ampie di territorio rappresentava, una pratica particolarmente diffusa a cui ricorrevano anche monasteri e abbazie che, non di rado, non riuscivano da soli a gestire i terreni di proprietà e la cui cura veniva quindi affidata ai cittadini.

Per lungo tempo, il diritto di enfiteusi ha subito un periodo di stasi all’interno del nostro ordinamento, in quanto dall’epoca romana fino al suo inserimento nel Codice Civile del 1865 non ha ricevuto alcuna modifica o ammodernamento.  Soltanto con i successivi lavori al Codice, che hanno poi portato alla sua promulgazione nel 1942 – a cui parteciparono personalità come Piero Calamandrei e Dino Grandi – la disciplina dell’enfiteusi ha trovato collocazione all’interno del Libro III e dei suoi articoli 957 a 977.

Ad oggi, sebbene l’enfiteusi non sia più frequente come in passato, ha una sua disciplina normativa ammodernata, complice anche i lavori compiuti nel tempo al Codice Civile.

L’articolo 957 c.c. (che, abbreviato, significa Codice Civile) apre la sua descrizione dell’enfiteusi con la necessità di una lettura combinata dei successivi articoli.

La disciplina dell’enfiteusi è così ampia che, a tratti, ricorda una vera e propria accezione del diritto di proprietà. Proprio alla stregua della proprietà, si ritiene, infatti, che attraverso l’enfiteusi si permetta al proprietario del fondo di non interessarsi personalmente del proprio terreno, ma di concedere l’utilizzo ad un altro soggetto, in cambio di un canone versato periodicamente.

All’enfiteuta, chiamato anche livellario e cioè colui il quale può godere del fondo, ottiene la concessione di utilizzo del terreno ma senza ottenerne la proprietà che, invece, resta nelle mani del titolare originario.

Nel corso del tempo, però, l’enfiteuta potrà ottenere la proprietà del fondo richiedendo di essere affrancato dal canone che è tenuto a versare periodicamente al proprietario.

Particolare attenzione merita poi la natura del canone: lo stesso potrà consistere in una certa somma economica pattuita tra le parti, oppure una quantità di frutti ottenuti dall’enfiteuta e dalla sua attività sul fondo concessogli.

Caratteristiche dell’enfiteusi

Il diritto di enfiteusi rappresenta uno dei diritti reali di godimento che, seppur limitati, concede al titolare del diritto poteri particolarmente estesi. L’enfiteusi può essere costituita sia su fondi urbani (e in quel caso si parlerà di enfiteusi urbana) sia su fondi agricoli.

L’enfiteuta, o livellario, viene riconosciuto nei suoi poteri in maniera analoga al proprietario ed esercita sul fondo, sui frutti generati, sul tesoro ritrovato e sul sottosuolo del fondo le stesse facoltà.

L’enfiteuta può trasferire il proprio diritto ad altri, cedendo appunto la sua enfiteusi. Tuttavia, precisazione importante, è quella a cui si rinvia ex art. 968 c.c. (che in giuridichese significa dall’articolo… del Codice Civile) cioè il divieto per l’enfiteuta di costituire a propria volta sullo stesso fondo un enfiteusi (pensiamo al caso del subaffitto, per l’enfiteusi questa pratica è vietata).

Di contro, l’enfiteuta potrà istituire sul fondo una sub-locazione.

Tra gli obblighi dell’enfiteuta spicca il fatto che questi debba svolgere lavori migliorativi sul fondo. Di che tipo questi lavori debbano essere non è però specificato.

In linea generale, si ritiene che possano essere tutti quei lavori che aumentano il prestigio e il valore economico del terreno, o quei lavori che ne incentivano la produttività.

Il compimento di lavori migliorativi rappresenta un obbligo imprescindibile per l’istituzione dell’enfiteusi e a cui non è possibile derogare.

Dei miglioramenti compiuti dall’enfiteuta è importante ricordare che, ai sensi dell’articolo 975 co. 1, c.c. (che in giuridichese significa secondo l’articolo…comma…del Codice Civile – dove il comma è il capoverso dell’articolo), alla cessazione dell’enfiteusi, l’enfiteuta verrà rimborsato delle spese sostenute per compiere simili lavori.

Ulteriore particolarità dell’enfiteusi è che è possibile cambiare la destinazione economica del bene, ovvero il suo utilizzo preordinato.

Al pari, l’enfiteuta è tenuto al versamento di un canone periodico a favore del proprietario. Lo stesso può essere tanto sotto forma di somma di denaro valutata al momento del contratto, quanto una certa quantità di prodotti naturali. Fondamentale e imprescindibile è che il canone sia periodico.

Diritti e doveri dell’enfiteuta

I diritti e doveri dell’enfiteuta sono disciplinati rispettivamente all’interno degli articoli 959 e 960 del Codice Civile.

Mentre l’articolo 959 rinvia ai diritti vantati dall’enfiteuta che sono gli stessi riconosciuti al proprietario sui frutti del fondo, sul tesoro e relativamente alle utilizzazioni del sottofondo; l’articolo riconosce un diritto all’enfiteuta anche in relazione alle accessioni.

Allo stesso modo fa anche la disciplina contenuta nell’articolo 975 c.c. e intitolato “Miglioramenti e addizioni” che riconosce all’enfiteuta il diritto di ottenere il rimborso delle spese svolte per i miglioramenti una volta cessata l’enfiteusi e così come valutati al momento di riconsegna del bene al suo proprietario.

Di contro, il successivo art. 960 c.c., disciplina gli obblighi:

  • migliorare il fondo;
  • pagare periodicamente il canone al proprietario;
  • non pretendere remissioni o riduzioni del canone;

I lavori migliorativi citati dall’articolo, non sono descritti in maniera tassativa dall’ordinamento. Nel complesso, è possibile che questi siano rimessi alla totale discrezionalità dell’enfiteuta, alla stregua delle necessità di incentivazione economica e produttiva del terreno, incontrando l’unico limite che i lavori siano sempre in melius e mai in peius (che in latino significa “in meglio” e “in peggio”).

La scelta del canone da corrispondere può essere tanto di tipo economico, cioè in denaro, quanto una certa quantità fissa di prodotti naturali scelta di comune accordo tra proprietario ed enfiteuta (ad esempio, 4kg di lana al mese).

Infine, ove l’enfiteuta lamentasse difficoltà produttiva del terreno o l’aver perso i frutti generati, non potrà addurle come motivazioni al fine di chiedere una qualunque riduzione o sospensione del canone a cui è tenuto.

Costituzione ed estinzione dell’enfiteusi

L’enfiteusi può essere costituita con:

  • atto tra vivi, ovvero il contratto;
  • atto di ultima volontà, come il testamento;
  • usucapione.

E’ bene ricordare che, come previsto all’articolo 965, comma 2, del Codice Civile, al momento della costituzione del diritto di enfiteusi è possibile che nel corpo  dell’atto venga prescritto che l’enfiteuta non possa godere del suo diritto entro un certo termine e comunque non superiore ai 20 anni.

L’enfiteusi si estingue per:

  • totale o parziale perimento del fondo;
  • scadenza del termine, nel caso di enfiteusi temporanea;
  • non uso per vent’anni;
  • usucapione del diritto di proprietà da parte dell’enfiteuta;

In questa ultima ipotesi, è il caso che ricorre così come descritto dall’art. 969 c.c., in cui viene disciplinata la ricognizione del diritto di enfiteusi da parte del proprietario, almeno un anno prima della scadenza del termine.

L’atto di ricognizione, consente al proprietario del fondo di dare prova e attestare la sua proprietà, al fine di non rendere usucapibile il fondo al suo enfiteuta.

L’estinzione dell’enfiteusi, inoltre, può verificarsi per due ipotesi particolari:

  • devoluzione;
  • affrancazione.

Per devoluzione si intende l’azione con cui il proprietario richiede all’enfiteuta il pagamento del canone imposto e lo svolgimento delle azioni migliorative sul fondo.

Per affrancazione, invece, si fa riferimento al consolidamento nelle mani dell’enfiteuta sia della proprietà del fondi, sia dei frutti generati.

Per quanto riguarda la durata, l’enfiteusi può essere costituita in maniera perpetua o limitata nel tempo, come previsto dall’art. 958 del Codice Civile.

L’ordinamento prescrive però in ogni caso la sua durata minima e ciò non inferiore ai 20 anni.

L’esigenza di una simile scelta è di tutelare l’enfiteuta, garantendogli un tempo minimo e necessario in ordine ai lavori migliorativi che è chiamato a svolgere.

La cancellazione dell’enfiteusi con decreto di trasferimento

Come sappiamo, un bene immobile può essere gravato dalla procedura esecutiva del pignoramento.

Nonostante ciò, il nostro ordinamento prevede che il Tribunale possa decidere che un bene pignorato venga trasferito ad un nuovo proprietario, aggiudicatario dell’immobile. Questo procedimento prende il nome di decreto di trasferimento.

Il decreto di trasferimento è un atto pubblico che viene disciplinato all’articolo 586 del Codice di Procedura Civile.

Cosa accade nel caso in cui il decreto di trasferimento riguardi l’enfiteusi? Che rapporto c’è tra enfiteusi e decreto di trasferimento?

Innanzitutto, è bene ricordare che anche il terreno può essere soggetto a pignoramento e che su un terreno possono insistere sia il diritto di proprietà di un soggetto titolare, sia il diritto di enfiteusi di un altro individuo.

Il pignoramento si estende al solo diritto di proprietà e cancella l’enfiteusi esistente, con il risultato che, in un successivo decreto di trasferimento del fondo al nuovo proprietario, questo altro soggetto avrà conoscenza dell’esistenza di una precedente enfiteusi ma questa non lo riguarderà in alcun modo.

Esempio:

Poniamo il caso in cui un terreno sia di proprietà di Alberto Blu e che questi scelga di dare in gestione, a fronte della corresponsione di un canone periodico, il terreno a Francesca Neri.

Francesca Neri è l’enfiteuta, gode del terreno e dei suoi frutti, è tenuta a compiere lavori migliorativi sul bene e a corrispondere un canone periodico al proprietario Alberto Blu.

Ad Alberto Blu vengono pignorati dei beni, tra cui il terreno interessato dall’enfiteusi di Francesca Neri. Il fondo, gravato dal pignoramento, viene venduto a Paola Verdi che ne ottiene la proprietà grazie al decreto di trasferimento del Tribunale.

Paola Verdi è estranea al rapporto intercorrente in precedenza tra Alberto Blu e Francesca Neri. Nulla sa e nulla le compete dell’enfiteusi precedente.

Il decreto di trasferimento al suo interno descriverà a Paola Verdi la “storia” del terreno, come precedenti compravendite e anche l’enfiteusi di Francesca Neri, ma ormai il diritto dell’enfiteuta non esisterà più.

Esempio di enfiteusi

Per capire meglio l’enfiteusi e il diritto generante, può essere utile un esempio:

Mario Rossi è proprietario del fondo situato nella località Prati Verdi. Mario Rossi però non ha la possibilità di occuparsi del fondo, sia per l’avanzare dell’età sia per altri impegni personali, e decide di concedere l’enfiteusi del terreno all’amico Giorgio Bianchi.

I due stipulano un contratto davanti ad un notaio, con il quale si impegnano:

  • affidare il terreno a Giorgio Bianchi, godendo dei frutti;
  • stabilire la durata dell’enfiteusi per 27 anni (ricordiamo che il tempo minimo prescritto dalla legge è di vent’anni);
  • Giorgio Bianchi si impegna a corrispondere a Mario Rossi il canone periodico di 30kg di grano, coltivato nel terreno;
  • Giorgio Bianchi si impegna a costruire un capannone per macchinari industriali che consentiranno una maggiore lavorazione a ritmi più brevi e accresceranno il valore e il prestigio del fondo dell’amico Mario Rossi.
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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Intelligence istituzionale e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea. Nel corso degli anni ho preso parte a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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