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18 Aprile 2024
17:00

Saluto romano commemorativo, ecco quando scatta il doppio reato secondo le Sezioni Unite

Le SS.UU. hanno affermato il principio secondo cui "la condotta, tenuta nel corso di una pubblica riunione, consistente nella risposta alla ‘chiamata del presente’ e nel cosiddetto ‘saluto romano’ integra il delitto previsto dall’art. 5 legge 20 giugno 1952, n. 645, ove, avuto riguardo alle circostanze del caso, sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disp. trans. fin. Cost; tale condotta può integrare anche il delitto, di pericolo presunto, previsto dall’art. 2, comma 1, d.I. n. 122 del 26 aprile 1993, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, ove, tenuto conto del significativo contesto fattuale complessivo, la stessa sia espressiva di manifestazione propria o usuale delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all’art. 604-bis, secondo comma, cod. pen. (già art. 3 legge 13 ottobre 1975, n. 654)".

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Saluto romano commemorativo, ecco quando scatta il doppio reato secondo le Sezioni Unite
Dottoressa in Giurisprudenza
Saluto romano commemorativo, ecco quando scatta il doppio reato secondo le Sezioni Unite

Il saluto romano durante le commemorazioni può essere reato? La risposta arriva dalle Sezioni Unite della Cassazione che hanno depositato ieri 17 aprile le motivazioni della sentenza n. 16153.

Il Massimo consesso era stato infatti investito della questione di diritto, ovvero “se la condotta consistente nel protendere in avanti il braccio nel c.d. “saluto romano” e nel rispondere “presente” alla chiamata, evocativa della gestualità tipica del disciolto partito fascista, tenuta nel corso di manifestazione pubblica alla presenza di circa 1200 persone radunatesi per commemorare soggetti deceduti, uno dei quali militante in formazioni politiche conservatrici, gli altri due già esponenti della Repubblica Sociale Italiana, senza previa identificazione della partecipazione di esponenti di un'associazione esistente oggi che propugni i medesimi ideali del predetto partito fascista, integri la fattispecie di reato di cui all’art. 2 d.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, oppure quella prevista dalla legge 30 giugno 1952, n. 645, art. 5; se entrambe le disposizioni normative configurino un reato di pericolo di natura concreta oppure astratta e se le medesime siano tra loro in rapporto di specialità, oppure possano concorrere”.

Il fatto

Milano, 29 aprile 2016 – nel corso di una manifestazione pubblica commemorativa di Sergio Ramelli, Carlo Borsani ed Enrico Pedenovi nei giardini della Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo, cui prendevano parte 1200 persone, gli imputati avevano eseguito il saluto fascista (ovvero, il saluto romano) in risposta alla chiamata del “presente”.

Il Tribunale di prime cure, ritenendo integrati gli estremi della fattispecie di reato di cui alla Legge Mancino (L. 25 giugno 1993, n. 205), aveva ritenuto insussistente l’elemento soggettivo rilevando piuttosto un errore scusabile frutto dei diversi orientamenti della giurisprudenza sul punto.

In secondo grado, la Corte d’Appello provvedeva a riformare la sentenza uniformandosi a un orientamento univoco secondo cui il saluto fascista integra il reato di odio razziale.

Avverso tale condanna veniva proposto ricorso per cassazione, sebbene gli Ermellini rinviavano la decisione nelle mani delle Sezioni Unite, confermando come un giudizio di merito sulla questione sia un emblematico contrasto che giustifichi la rimessione alle S.U.

Le Sezioni Unite sul saluto fascista

Le Sezioni Unite con sentenza n. 16153 del 17 aprile 2024 hanno ritenuto che “entrambe le pronunce dei giudici di merito, dopo avere chiarito che la “chiamata del presente” da parte di uno dei partecipanti alla pubblica riunione e la risposta ad essa con contestuale effettuazione del “saluto romano” devono ritenersi manifestazioni esteriori del disciolto partito fascista, non potendo dubitarsi del “rimando” di tale complessiva ritualità alla «iconografia fascista con la finalità di evocarne e pubblicamente esaltarne gli ideali», hanno incongruamente ritenuto, in difformità ai principi sopra ricordati, oggettivamente integrato non già il reato di cui all’art. 5 legge Scelba, bensì quello dell’art. 2 legge Mancino, senza peraltro evidenziare, tanto più alla luce delle finalità della riunione, chiaramente volta a celebrare il ricordo, tra gli altri, di esponente della Repubblica Sociale Italiana, elementi indicativi della finalità, attraverso tale celebrazione, di propagandare, in sé, le idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale ed etnico e sulla violenza”.

Inoltre, continua il Consesso, “mentre nel primo caso il rituale esibito sarebbe finalizzato ad esternare unicamente l’ideologia propria del disciolto partito fascista, nel secondo avrebbe anche la valenza, implicita, ma chiara, di esternazione delle ideologie di cui alle entità individuate dall’art. 3 cit., nel segno di una contrapposizione ispirata ad idee chiaramente incompatibili con i principi costituzionali”. “Sicché, ben può ritenersi che, in tali limiti, e in tali casi, il rituale del saluto romano possa integrare non il solo reato di cui all’art. 5 legge cit., bensì anche quello dell’art. 2 legge cit., ove di entrambe le fattispecie, naturalmente, ricorrano i rispettivi e differenti requisiti di pericolo già illustrati sopra”.

Infine, le Sezioni Unite bocciano la valutazione di insussistenza dell’elemento psicologico integrando piuttosto la mera ignoranza di legge per cui la condotta poteva essere scusabile, ritenendo invece come – in dubbio sulla liceità o meno di una condotta – l'atteggiamento dell’autore deve indurlo all’astensione.

Le motivazioni depositate

Le SS.UU. hanno affermato il principio secondo cui "la condotta, tenuta nel corso di una pubblica riunione, consistente nella risposta alla ‘chiamata del presente’ e nel cosiddetto ‘saluto romano’ integra il delitto previsto dall’art. 5 legge 20 giugno 1952, n. 645, ove, avuto riguardo alle circostanze del caso, sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disp. trans. fin. Cost; tale condotta può integrare anche il delitto, di pericolo presunto, previsto dall’art. 2, comma 1, d.I. n. 122 del 26 aprile 1993, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, ove, tenuto conto del significativo contesto fattuale complessivo, la stessa sia espressiva di manifestazione propria o usuale delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all’art. 604-bis, secondo comma, cod. pen. (già art. 3 legge 13 ottobre 1975, n. 654)".

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Intelligence istituzionale e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea. Nel corso degli anni ho preso parte a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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