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10 Gennaio 2024
9:00

Apologia del fascismo: cos’è, come funziona il reato e quando viene contestato

Si parla di apologia di fascismo con riferimento a quelle azioni o comportamenti diretti a ricostruire il partito fascista, ovvero esaltando, minacciando o usando la violenza, ma anche denigrando la democarazia e compiendo manifestazioni esteriori di carattere fascista.

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Apologia del fascismo: cos’è, come funziona il reato e quando viene contestato
Dottoressa in Giurisprudenza
Apologia del fascismo

I recenti fatti di Acca Larentia preoccupano l’opinione pubblica, tra polemiche di carattere politico e necessarie indagini della Digos.

Secondo alcuni, infatti, ciò che è accaduto basterebbe a integrare il reato di apologia di fascismo.

Per apologia del fascismo si intende qualunque comportamento o azione che tenti di ricostruire il “disciolto partito fascista e, sebbene non si tratti di un reato espressamente previsto dal codice penale, l’ordinamento italiano lo ha introdotto per la prima volta nel 1952 grazie a un’apposita legge. Si tratta della Legge Scelba attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione.

Nel corso del tempo però non sono mancati i lavori normativi tesi a condannare duramente i tentativi che vogliano riportare in auge il periodo più buio della Storia.

Vediamo insieme come nasce questo reato e qual è il suo significato.

Cosa si intende per apologia di fascismo

La Costituzione vieta “la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”.

Si parla di apologia di fascismo con riferimento a quelle azioni o comportamenti diretti a ricostruire il partito fascista.

Questa ricostruzione, secondo la legge, deve avvenire attraverso un gruppo di persone che abbiano lo scopo di sovvertire l’ordine democratico della Repubblica italiana, ricorrendo alla violenza, minacciando la libertà e lodando personaggi, comportamenti e avvenimenti propri del partito fascista.

Chi propaganda le idee di superiorità, odio etnico o razziale, oppure istighi a commettere o commetta atti di discriminazione razziali, etnici, nazionali o religiosi è punito con la pena del carcere da 1 a 6 mesi oppure la multa fino a 6.000 euro.

La pena è aumentata e va da 6 mesi a 4 anni per chi inciti a commettere oppure commetta violenza o atti di provocazione alla violenza dovuti all’odio razziale, etnico, nazionale o religioso.

Il giudice, chiamato a valutare il caso e fautore della comminazione della sanzione, è chiamato ad analizzare le circostanze concrete alla stregua dei diritti inviolabili di ciascuno, primo tra tutti la libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.).

Per questa ragione non è semplice ritenere integrato il reato di apologia del fascismo nel caso di chi esprima “semplicemente” opinioni favorevoli o che lo difenda, poichè il discrimine risiede nella volontà sottesa a rifondare il fascismo e il partito fascista in Italia.Vediamo come si è evoluto il quadro normativo nel corso del tempo.

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La Legge Scelba

Il divieto di riorganizzare il partito fascista, già previsto nella XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, ha assunto il rango di reato grazie alla Legge Scelba.

Stiamo parlando del reato di apologia del fascismo di cui si è cominciato a parlare per la prima volta grazie alla Legge 20 giugno 1952, n. 645 che, sotto la firma dell’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, porta il nome del Ministro dell’Interno, Mario Scelba.

La Legge Scelba si snoda attraverso 10 articoli nel corso dei quali “snocciola” gli elementi necessari perché possa essere punita la ricostituzione del partito fascista nel nostro Paese.

Cosa significa voler ricostituire il "disciolto partito fascista”? La risposta è contenuta all’interno dell’art. 1 della Legge, ovvero:

si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione o un movimento persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando lasoppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le  sue  istituzioni e i valori della Resistenza o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”.

Il comportamento vietato dalla legge sono le finalità antidemocratiche propria del partito fascista mediante condotte alternative tra loro come:

  • esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica;
  • propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione;
  • denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza;
  • svolgendo propaganda razzista;
  • esaltando esponenti, princìpi, fatti e metodi propri del partito fascista;
  • compiendo manifestazioni esteriori di carattere fascista.

Sebbene si tratti di una norma, per così dire, di “apertura”, al suo interno è già contenuta la ferma condanna che si intende applicare con riguardo a coloro i quali compiano atti riconducibili all’apologia del fascismo o a manifestazioni fasciste.

A entrambi questi aspetti, tuttavia, la Legge Scelba dedica due articoli specifici (art. 4 e art. 5) e ciò con lo scopo di enfatizzare la censura che la Repubblica italiana e le sue istituzioni intendono applicare verso l’esaltazione del partito politico e del periodo più cupo della Storia.

Le conseguenze per il gruppo che intenda ricostruire il partito fascista sono evidenziate dagli articoli 2 e 3 della Legge Scelba.

Vediamo quali sono le pene previste all’art. 2:

  • chiunque intenda promuovere o organizzare gruppi con finalità antidemocratiche riconducibili al fascismo, così come per i capi o i dirigenti del movimento, è punito con il carcere da 3 a 10 anni;
  • chiunque partecipi, è punito con la reclusione fino a 2 anni;
  • se l’associazione o il movimento assume i connotati violenti, armati o paramilitari, la pena è la reclusione da 5 a 12 anni per gli organizzatori, mentre da 1 a 3 anni per i partecipanti.

Infine, “qualora con sentenza risulti accertata la riorganizzazione del disciolto partito fascista, il ministro per l'Interno, sentito il Consiglio dei ministri, ordina lo scioglimento e la confisca dei beni dell'associazione, del movimento o del gruppo”.

La Legge Mancino

La Legge 25 dicembre 1993, n. 205, anche nota come Legge Mancino, ha inteso dare attuazione alla Convenzione internazionale sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale del 1966.

L’evoluzione normativa ha avuto anche l’obiettivo di ampliare l’ambito di operatività e di applicazione della disposizione costituzionale in tema di repressione della ricostituzione del “disciolto partito fascista”.

Per effetto di ciò e aderendo alla Convenzione internazionale, la Legge Mancino intende punire la propaganda di idee fondate sull'odio e la supremazia etnica o razziale, così come punire chiunque commetta o istighi atti di discriminazione.

La pena è la reclusione fino a 1 anno e 6 mesi e la multa fino a 6.000 euro.

Nel complessivo quadro legislativo, la Legge Mancino è riconosciuta anche per la sua portata anti-fascista.

Il disegno di legge "Fiano"

Il disegno di legge “Fiano” ha lo scopo di potenziare la repressione contro i comportamenti e i messaggi celebrativi del fascismo.

Si compone di 3 articoli e tra i suoi scopi vuole introdurre nel Codice Penale la nuova fattispecie delittuosa della propaganda del regime fascista e nazifascista.

Lo scopo è quello di intervenire in materia di quelle “manifestazioni esteriori” già descritte dalla Legge Scelba, ricomprendendo anche il compimento, in pubbliche riunioni, di ostentazione di simboli ed emblemi riconducibili ai contenuti e metodi dei partiti fascisti e nazifascisti.

Il Codice Penale potrebbe, infatti, arricchirsi in futuro del nuovo articolo 293 bis, ovvero il reato di propaganda fascia e nazista, punendo:

  • propaganda i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero dei relativi metodi eversivi del sistema democratico, anche attraverso la produzione, la distribuzione, la diffusione o la vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli chiaramente riferiti a tali partiti;
  • fa comunque propaganda dei suddetti contenuti, richiamandone pubblicamente la simbologia o la gestualità.

La pena sarebbe la reclusione da 6 mesi a 2 anni.

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Quando assume carattere di reato

L’apologia del fascismo, come visto in precedenza, assume rilevanza di reato nel momento in cui tenda a esaltare l’ideologia fascista al punto da condurre alla riorganizzazione del partito e all’eversione dell’ordine democratico.

Non si può parlare di apologia del fascismo come reato se si tratti di semplice difesa elogiativa.

In questa stessa direzione va anche, peraltro, autorevole e consolidata giurisprudenza (Cass., sez. 1, sent. 25 marzo 2021, n. 11576):
L'apologia del fascismo, per assumere carattere di reato, deve consistere non in una difesa elogiativa, ma in una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista. […] Da ciò consegue che la condotta apologetica penalmente rilevante non è rinvenibile nella mera commemorazione, bensì, semmai, nell'esaltazione di un esponente del fascismo: mentre la “commemorazione” consiste nel ricordo di un personaggio o di un avvenimento, svolto in forma pubblica e/o solenne, viceversa l'“esaltazione” consiste in un sottolineare ed ampliare a dismisura aspetti o caratteristiche di un insieme, di un oggetto, di un'idea o di una persona, rendendole oggetto di elogi ed inusitata ammirazione”.

Fare il saluto romano è reato?

Evocare il saluto romano è reato? La risposta non è semplice e neppure concorde, stando alla giurisprudenza.

Infatti, sebbene fare il saluto con il braccio teso evocando i caratteri del partito fascista per alcuni possa integrare l’omonimo reato di apologia del fascismo, ciò si scontra con la valutazione concreta delle circostanze a cui è rimesso il giudice nel valutare la questione.

Secondo il susseguirsi degli ampliamenti del quadro normativo, i Tribunali non sono sempre uniformi nel condannare un simile gesto.

Per alcuni occorrerebbe valutare il gesto da chi sia compiuto e in presenza di quali circostanze, per altri invece se questo possa davvero rappresentare un campanello d’allarme alla riorganizzazione di un partito fascista.

Le sentenze della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale si è più volte interrogata circa la legittimità della Legge Scelba e, più in generale, del complesso quadro normativo in tema di apologia del fascismo.

Non sono mancate, infatti, numerose sentenze di legittimità costituzionale data dal fatto che il reato negherebbe a una categoria ideologica, ovvero ai sostenitori di un partito, il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero o di esercitare il diritto di libertà associativa (rispettivamente, art. 21 e 18 Cost.).

A seguito di animate querelle politiche tra il 1956 e il 1957, la Corte Costituzionale concluse con il ritenere che la Legge Scelba non assumesse rango costituzionale e per questo non dovesse essere investita della revisione costituzionale.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Intelligence istituzionale e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea. Nel corso degli anni ho preso parte a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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