Si utilizza l’espressione femminicidio per fare riferimento all’assassinio di una donna e a tutte le forme di violenza di genere, sovente messe in atto da compagni, coniugi, ex coniugi o ex compagni, i quali non accettano la fine di un rapporto.
Non si parla di femminicidio, dunque, nell’ipotesi in cui una donna venga uccisa, ad esempio, durante un attraversamento pedonale da un automobilista ubriaco.
L’espressione fa riferimento a una serie di delitti commessi ai danni del genere femminile, in quanto fondati su un’esigenza di prevaricazione e annientamento della donna in quanto tale.
L’assassinio di una donna è punito, come l’assassinio di un uomo, ai sensi dell’art. 575 del Codice penale, ove è prevista la pena per il reato di omicidio, che non può essere inferiore a 21 anni di reclusione.
Nel nostro ordinamento sono state previste, tuttavia, una serie di misure volte alla prevenzione e al contrasto del femminicidio e della violenza di genere.
I concetti di femminicidio e cultura dello stupro
Il concetto di femminicidio si utilizza per fare riferimento all’assassinio di una donna e a ogni forma di violenza di genere.
Analogo riferimento è effettuato con l’utilizzo dell’espressione “cultura dello stupro”, con cui si evidenzia, inoltre, una forma strisciante di legittimazione, ancora insita nella società odierna, di tutte quelle forme di aggressione, più o meno conclamate, che vengono perpetrate ai danni della donna.
Lo stupro, dunque, così come l’omicidio o la violenza sessuale o lo sfregio e le lesioni, i maltrattamenti, le varie forme di mobbing sessuale costituiscono soltanto la punta dell’iceberg di una mentalità di una parte della società, fondata sull’esigenza di svalutazione, di prevaricazione, di annientamento della donna.
Dal punto di vista giuridico queste condotte assumono certamente un rilievo.
Vediamo di seguito, in ambito penale, quali strumenti sono stati previsti per contrastare il fenomeno della violenza di genere.
Quando è stato introdotto il reato di femminicidio
Nel 2013 è stata approvata la prima legge sul femminicidio che prevede una serie misure volte a prevenire e a contrastare il femminicidio e ogni forma di violenza di genere.
Non esiste un reato specifico di “femminicidio” nell’ordinamento, poiché il termine in questione viene utilizzato per indicare l’assassinio di una donna, delitto che è punito ai sensi dell’art. 575 c.p., così come nell’ipotesi in cui la vittima sia un uomo.
Sono invece previste dalla legge una serie di ipotesi in cui possono ricorrere delle aggravanti collegate al genere della vittima, ad esempio se il reato di violenza sessuale è perpretato nei confronti di una donna in stato di gravidanza.
La legge sul femminicidio
Con legge del 15 ottobre 2013, n. 119 di conversione del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, sono state introdotte norme volte alla prevenzione del femminicidio.
Sono state previste, tra l’altro, le seguenti misure:
- inasprimento della pena per il reato di maltrattamenti in famiglia se perpetrato in presenza di minore;
- inasprimento della pena nell’ipotesi in cui la vittima del reato di violenza sessuale sia una donna in stato di gravidanza;
- inasprimento della pena se il fatto è consumato ai danni del coniuge, anche divorziato o separato;
- previsione dell’irrevocabilità della querela per il delitto di atti persecutori nei casi di gravi minacce ripetute.
Di notevole importanza, inoltre, l’aggiunta dell’art. 384-bis rubricato “Allontanamento d'urgenza dalla casa familiare”.
Gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria hanno invero la facoltà di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, l'allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all'articolo 282-bis, comma 6 (ad esempio, in ipotesi di maltrattamenti in famiglia).
Con la legge del 2013, sono state inoltre introdotte misure di prevenzione per le condotte di violenza domestica.
E’ stato previsto, ad esempio, che nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato un fatto che debba ritenersi riconducibile ai reati di percosse e lesioni, nell'ambito di violenza domestica, il questore può procedere all'ammonimento dell'autore del fatto.
Viene precisato che: “Ai fini del presente articolo si intendono per violenza domestica uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”.
Cosa prevede il Codice Rosso per contrastare il femminicidio in Italia
Con il termine “Codice rosso” si fa riferimento alla legge 19 luglio 2019, n. 69 con cui sono state introdotte modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e ad altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.
Con l’adozione del Codice rosso sono state apportate, tra l’altro, le seguenti modifiche:
- introduzione dell’art. 387-bis c.p. in tema di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;
- introduzione dell’art. 558-bis ove è punita l'induzione a contrarre matrimonio con violenza;
- introduzione dell’art. 612-ter ove è punita la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate, con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. Inoltre, la pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza;
- introduzione dell’art. 583-quinquies ove è punito chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso con la reclusione da otto a quattordici anni.
Cosa prevede la l. n.12/2023 sul femminicidio?
Con legge 9 febbraio 2023, n. 12 è stata istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata della XIX legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
I compiti specifici della Commissione sono elencati nella legge stessa e sono, tra l’altro, i seguenti:
- “svolgere indagini sulle reali dimensioni, condizioni, qualità e cause del femminicidio, inteso come uccisione di una donna fondata sul genere e, più in generale, di ogni forma di violenza maschile contro le donne”;
- “accertare le possibili incongruità e carenze della normativa vigente rispetto al fine di tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti; verificare altresì la possibilità di una rivisitazione sotto il profilo penale della fattispecie riferita alle molestie sessuali, con particolare riferimento a quelle perpetrate in luoghi di lavoro”;
- “accertare il livello di formazione e di attenzione e la capacità d'intervento delle autorità e delle pubbliche amministrazioni, centrali e periferiche, competenti a svolgere attività di prevenzione e di assistenza”;
- “analizzare gli episodi di femminicidio, verificatisi a partire dal 2016, per accertare se siano riscontrabili condizioni o comportamenti ricorrenti, valutabili sul piano statistico, allo scopo di orientare l'azione di prevenzione”;
- “proporre soluzioni di carattere legislativo e amministrativo al fine di realizzare la più adeguata prevenzione e il più efficace contrasto del femminicidio e, più in generale, di ogni forma di violenza maschile contro le donne, nonché di tutelare le vittime delle violenze e gli eventuali minori coinvolti”;
- “adottare iniziative per la redazione di testi unici in materia, riepilogativi degli assetti normativi dei vari settori di interesse, al fine di migliorare la coerenza e la completezza della regolamentazione”.
Com’è punito il femminicidio?
Il femminicidio è punito con la reclusione per un periodo non inferiore a 21 anni.
L’assassinio di una persona, infatti, è punito allo stesso modo, sia nell’ipotesi in cui la vittima sia uomo, sia nell’ipotesi in cui la vittima sia donna.
L’articolo da prendere in considerazione del Codice penale è il 575: “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”.