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7 Gennaio 2024
9:00

Messa in mora: cos’è, come funziona e quali sono le conseguenze

La messa in mora consiste in una richiesta fatta per iscritto dal creditore, il quale intima al debitore di adempiere entro un determinato lasso temporale avvisando quest’ultimo che, se non adempirà, agirà tramite vie legali.

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Messa in mora: cos’è, come funziona e quali sono le conseguenze
Avvocato
lettera di messa in mora

La messa in mora consiste in una richiesta fatta per iscritto dal creditore, il quale intima al debitore di adempiere entro un determinato lasso temporale avvisando quest’ultimo che, se non adempirà, agirà tramite vie legali.

Con la lettera di messa in mora, in sostanza, si mira a ottenere l’adempimento di un’obbligazione (ad esempio, il pagamento di una cifra di denaro contrattualmente dovuta) da parte di un debitore che non ha adempiuto nei tempi stabiliti dalle parti.

In linea di massima, non sussiste un preventivo obbligo di messa in mora del debitore, che discende in maniera automatica dal mancato adempimento da parte dello stesso, (come stabilito a chiare lettere dall’art. 1219 c.c.), ma la lettera di messa in mora ha lo scopo di interrompere i termini di prescrizione e stimolare un adempimento spontaneo da parte del debitore, anche per evitare che questi, una volta soccombente, debba pagare anche le spese di giudizio.

Successivamente alla lettera di messa in mora, se il debitore è ancora inadempiente, si può fare ricorso al Tribunale per ottenere un decreto ingiuntivo, al fine di soddisfare il credito oggetto dell’obbligazione.

Quando si può fare la messa in mora

La messa in mora si può fare quando un debitore risulta inadempiente.

Come stabilito dall’art. 1218 c.c., infatti, il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Il debitore, dunque, è tenuto ad adempiere l’obbligazione e deve farlo nei tempi stabiliti.

Qualche esempio pratico può semplificare la comprensione di quanto detto.

Tizio acquista un corso di lezioni on line e si impegna a pagare la prima rata entro un mese e la seconda rata entro i successivi due mesi.

Tizio paga la prima rata ma, trascorsi i successivi due mesi, non paga la seconda.

Il creditore, a questo punto, decide di scrivere a Tizio una lettera di messa in mora, gliela invia tramite PEC indicando il titolo da cui nasce l’obbligazione (il contratto con cui Tizio ha acquistato il corso on line), un termine congruo entro il quale Tizio è tenuto ad adempiere (in questo caso, il termine potrebbe essere quello di quindici giorni) e avvisando Tizio del fatto che se non adempirà nel termine prestabilito, il creditore agirà tramite vie legali.

Va precisato che in linea di massima, come detto, non esiste un preventivo obbligo di messa in mora del debitore, in quanto la mora si realizza nel momento in cui scade il termine per adempiere.

Nello stesso senso si è espressa più volte la giurisprudenza.

Con riguardo agli effetti della lettera di messa in mora, il Tribunale di Roma, sez. V, con sentenza del 10 marzo 2023, n. 3990, ha precisato che il condominio non ha un obbligo di preventiva messa in mora del debitore ex art.1219 c.c. prima di procedere ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., poiché non vi è alcuna norma che condiziona l'emanazione di un decreto ingiuntivo e tanto meno la proposizione di una domanda giudiziale alla messa in mora, poiché tale atto ha solo l'effetto di determinare il momento di decorrenza degli interessi.

Quanto al valore della costituzione in mora, ai fini della determinazione del decorso degli interessi la Cassazione ha fornito diverse precisazioni.

La Corte di Cassazione, sez. I civile, con ordinanza del 18 aprile 2023, n. 10325 ha disposto, ad esempio, che: “In tema di appalto di opera pubbliche, l'equo compenso ex art. 1664, comma 2, c.c., riconosciuto all'appaltatore che nel corso dell'opera abbia incontrato difficoltà di esecuzione non previste che ne abbiano reso notevolmente più onerosa la prestazione, è oggetto d'una obbligazione di valuta e non di valore, giacché l'obbligazione nasce dal contratto e il credito ha la medesima funzione d'ogni altro emolumento spettante all'appaltatore come remunerazione. Ne conseguono, da un lato, la necessità della costituzione in mora, ex art. 1224 c.c., in funzione del decorso degli interessi, dall'altro, l'insufficienza, a tal fine, della riserva che l'appaltatore ha l'onere di iscrivere allo scopo di evitare la decadenza da domande di ulteriori compensi, indennizzi o risarcimenti, in dipendenza dello svolgimento del collaudo”.

Va infine precisato che ci sono delle ipotesi in cui la messa in mora non è necessaria e tali ipotesi sono contemplate dalla legge.

Secondo quanto stabilito dall’art. 1219 c.c., non è necessaria la costituzione in mora:

1) “quando il debito deriva da fatto illecito”;

2) “quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere eseguire l'obbligazione”;

3) “quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore. Se il termine scade dopo la morte del debitore, gli eredi non sono costituiti in mora che mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, e decorsi otto giorni dall'intimazione o dalla richiesta”.

Chi può fare la messa in mora

Il creditore può fare la messa in mora quando il debitore non adempie la prestazione oggetto dell’obbligazione.

Il creditore può essere una persona fisica oppure può trattarsi di un’azienda.

Come si effettua la messa in mora

La messa in mora si effettua scrivendo una lettera al debitore e inviandola allo stesso tramite PEC ovvero tramite raccomandata con ricevuta di ritorno.

Si può allegare alla lettera di messa in mora il contratto che è fonte dell’obbligazione per il debitore.

Secondo quanto precisato dalla Corte d'Appello di Campobasso, con sentenza del 19 gennaio 2022, n. 21, ai fini della costituzione in mora del debitore, non è richiesto espressamente l'utilizzo di formule solenni, ma va espressa in termini inequivoci la volontà di costituire in mora il debitore.

La lettera di messa in mora

Nella lettera di messa in mora deve essere prima di tutto indicato il titolo per cui si procede, ovvero da cosa nasce il debito (ad esempio, un contratto di compravendita di un’auto).

Bisogna poi indicare il termine che si vuole assegnare al debitore per adempiere.

Infine, va indicato che se il debitore non adempirà nel termine indicato, si procederà con decreto ingiuntivo.

Cosa succede dopo la messa in mora: gli effetti

Dopo la messa in mora possono prospettarsi due scenari:

  • il debitore adempie;
  • il debitore non adempie nei termini concessi e per questo il creditore può agire in giudizio per ottenere l’adempimento o la risoluzione del contratto. In ogni caso è fatto salvo il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo, che, ex art. 1223 c.c., deve comprendere la perdita subita dal creditore e il mancato guadagno.

Quanto dura la messa in mora

La messa in mora non ha una durata predeterminata.

Di solito si indica un periodo di 15 giorni entro i quali il debitore dovrà adempiere l’obbligazione, ma il termine dipende dalla natura degli affari oggetto della prestazione, per questo i quindici giorni hanno un valore puramente indicativo.

Differenza tra diffida ad adempiere e messa in mora

La diffida ad adempiere, secondo quanto stabilito dall’art. 1454 c.c., è un atto con cui una parte intima per iscritto all’altra parte, che è inadempiente, di adempiere in un congruo termine, dichiarando che, decorso inutilmente detto termine, il contratto si intenderà risolto.

Il termine non può essere inferiore a quindici giorni, ma le parti possono ben stabilire un termine diverso quando risulti congruo per la natura del contratto o secondo gli usi.

La Cassazione si è espressa più volte sul punto.

Ad esempio, la Corte di Cassazione, sez. I civile, con sentenza del 14 maggio 2020, n. 8943 ha stabilito che: “In tema di diffida ad adempiere, la fissazione al debitore di un termine per l'adempimento inferiore ai quindici giorni trova fondamento solo in presenza delle condizioni di cui all'art. 1454, comma 2, c.c., ovvero allorché ricorra una specifica previsione derogatoria o quando il termine abbreviato sia congruo rispetto alla natura del contratto o agli usi. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata che aveva ritenuto congruo il termine ridotto assegnato avuto riguardo al fatto che sulla base di una precedente missiva il debitore era già inadempiente e non aveva contestato il termine assegnatogli)”.

Qualora il termine decorra senza che il contratto sia stato adempiuto, questo è risolto di diritto.

La Corte di Cassazione, sez. II civile, con sentenza del 18 settembre 2023, n. 26687, ha stabilito che: “La risoluzione del contratto in seguito all'inutile decorso del termine previsto nella diffida ad adempiere non è rilevabile d'ufficio, atteso che soltanto al creditore è rimessa la valutazione della convenienza di far valere l'effetto risolutivo”.

Inoltre, la Corte di Cassazione, sez. I civile, con ordinanza del 4 settembre 2023, n. 25703 ha chiarito che: “L'intimazione da parte del creditore della diffida ad adempiere, di cui all'art. 1454 c.c., e l'inutile decorso del termine fissato per l'adempimento non eliminano la necessità, ai sensi dell'art. 1455 c.c., dell'accertamento giudiziale della gravità dell'inadempimento in relazione alla situazione verificatasi alla scadenza del termine ed al permanere dell'interesse della parte all'esatto e tempestivo adempimento”.

La Corte di Cassazione, inoltre, ha stabilito, con ordinanza dell’8 giugno 2022, n. 18392 che: “In tema di inadempimento contrattuale, una volta conseguita attraverso la diffida ad adempiere la risoluzione del contratto al quale accede la prestazione di una caparra confirmatoria, l'esercizio del diritto di recesso è definitivamente precluso, cosicché la parte non inadempiente che limiti fin dall'inizio la propria pretesa risarcitoria alla ritenzione della caparra ad essa versata o alla corresponsione del doppio della caparra da essa prestata, in caso di controversia, è tenuta ad abbinare tale pretesa ad una domanda di mero accertamento dell'effetto risolutorio”.

La differenza tra messa in mora e diffida ad adempiere è dunque chiara.

Con la messa in mora, il creditore si limita a chiedere al debitore di adempiere entro un congruo termine, avvisandolo che se non adempirà si agirà per vie legali.

In pratica, la lettera di messa in mora, costituisce un ultimo tentativo di risolvere la questione in via informale.

Con la diffida ad adempiere, invece, oltre a diffidare il debitore ad adempiere entro un certo termine, si avvisa il debitore che allo scadere del suddetto termine, il contratto si intenderà risolto di diritto.

Avvocato, laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, e sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici, e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". Sono mamma di due splendidi figli, Riccardo, che ha 17 anni e Angela, che ha 9 anni.
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