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24 Marzo 2024
9:00

Lesioni colpose per il farmacista che prescriva per il dimagrimento del paziente farmaci usati per altri scopi

La Corte di Cassazione, sezione 4, penale, con sentenza n. 10658 del 14 marzo 2024 ha ritenuto ritenuto integrato il reato di lesioni colpose (art. 590 c.p.) nel caso del farmacista-dietologo che segua il percorso di dimagrimento di un paziente e che, assicurando la perdita di peso, prescriva la somministrazione di farmaci nella realtà impiegati per il trattamento di altre patologie.

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Lesioni colpose per il farmacista che prescriva per il dimagrimento del paziente farmaci usati per altri scopi
Dottoressa in Giurisprudenza
Lesioni colpose per il farmacista che prescriva per il dimagrimento del paziente farmaci usati per altri scopi

La Corte di Cassazione con sent. n. 10658/2024 è intervenuta in materia di reati contro la persona.

I Giudici hanno infatti ritenuto integrato il reato di lesioni colpose (art. 590 c.p.) nel caso del farmacista-dietologo che segua il percorso di dimagrimento di un paziente e che, assicurando la perdita di peso, prescriva la somministrazione di farmaci nella realtà impiegati per il trattamento di altre patologie.

Il fatto

La Corte d’Appello confermava la sentenza emessa nel novembre 2021 dal Tribunale di primo grado con cui era stato ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose il farmacista Tizio, noto anche per l’attività di dietologo.

Nel marzo 2015 Caia si rivolgeva a Tizio, titolare di una farmacia e noto per l’esercizio di fatto dell’attività di dietologo, per intraprendere una dieta nonostante un’altezza di 1,72 m per un peso di 60 kg. Tizio assicurava la possibilità di raggiungere il rapido dimagrimento sperato.

In quell’occasione Tizio non svolgeva alcuna visita medica, né richiede analisi di laboratorio, allo stesso modo non indicava la classica dieta con la relativa prescrizione dei pasti e delle quantità da rispettarsi. Il trattamento dimagrante prescritto dal farmacista-dietologo Tizio si basava esclusivamente sulla prescrizione di pillole preparate dallo stesso e la cui somministrazione doveva avvenire prima dei pasti principali: quattro al mattino; quattro prima di pranzo e quattro prima di cena.

A detta del farmacista, le compresse avrebbero drenato l’organismo ed eliminato le calorie introdotte con il cibo, assicurando così un rapido dimagrimento a prescindere dai pasti di Caia.

Cominciato il trattamento dimagrante, tuttavia, Caia percepiva immediatamente una totale perdita d’appetito, una sete continua accompagnati da conati di vomito e generale spossatezza che ne limitavano la qualità della vita. Caia provvedeva quindi ad allertare Tizio, il quale le diceva di continuare la cura.

Continuando a registrare il dimagrimento, Caia percepiva un aggravamento dei sintomi ai quali si aggiungevano anche dissenteria e vomito, paralisi degli arti inferiori e senso di irrigidimento esteso alle mani e fino alla testa, ma anche l’interruzione del ciclo mestruale e la perdita dei capelli che la costringevano a ricorrere a una parrucca. Nel luglio 2015, Caia veniva ricoverata stante la gravità del suo stato.

Nel mese di settembre Caia decideva di recarsi presso altro specialista, tale Dott. Mevio, il quale esprimeva le proprie valutazioni che confluivano poi nella relazione tecnica  oggetto del giudizio, assieme alle cartelle cliniche delle strutture sanitarie presso cui era stata ricoverata la donna, le prove testimoniali della madre e della sorella e, infine, le relazioni tecniche dei consulenti utili a ricostruire la vicenda.

Si provvedeva ad accertare la natura delle pillole vendute da Tizio che risultavano contenere oltre a diuretici e vitamente, efedrina (ovvero sostanza usata per il trattamento dell’asma ma che nelle diete stimola la secrezione di catecolamine, accelerando così il metabolismo) e naxeltrone (antagonista degli oppiacei, riduce le attività dei centri cerebrali collegati al senso di piacere per ingestione di cibo ma che è noto per la sua funzione epatotossica, per cui va somministrato solo in casi di assoluta necessità).

Si concludeva che i farmaci utilizzati per il trattamento dimagrante di Caia potevano essere ricompresi tra i cd. farmaci “off label”, cioè utilizzati per scopi diversi da quelli consigliati, senza un’adeguata valutazione clinica, al di fuori dei casi consentiti e senza ricetta, violando sia i canoni di cui alla Legge Di Bella che al Codice deontologico, considerando anche che il farmacista non fosse neppure abilitato alla somministrazione degli stessi.

Considerare le lesioni patite dalla Caia, al punto che lo stato di ipokalemia aveva generato un grave squilibrio elettrolitico che l’aveva disidratata in modo pericolo, presentando un grado di tossicità così elevato da interagire negativamente sui centri nervosi, pur la giovane età e il complessivo iniziale buono stato di salute, Tizio veniva ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose (art. 590 c.p.).

Tizio ricorreva per cassazione avverso tale sentenza, adducendo 4 motivi:

  • nullità della sentenza, ex art. 606, co. 1, lett b, per  inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento alla violazione dell’art. 124 c.p sul termine necessario alla presentazione della querela.
    Inoltre, la somministrazione delle pillole non impediva alla paziente di mangiare, per cui non può parlarsi di colpa medica ma di mera vendita di prodotti galenici;
  • nullità della sentenza, ex art. 606, co. 1, lett. e, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per mancata analisi delle pasticche, sulla scorta di quanto affermato dal consulente del PM che aveva dichiarato di essersi limitato a leggere le sostanze riportate sul flacone, pur confermando che efedrina, natrexone e bumentide non fossero sostanze utilizzate dalla farmacia;
  • nullità della sentenza ex art. 606, co. 1, lett. b con riferimento alla violazione degli articoli in tema di prescrizione del reato;
  • nullità della sentenza, ex art. 606, co. 1, lett. e per aver posto a fondamento della decisione esclusivamente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa.

La decisione

La Corte di Cassazione, sezione 4, penale, con sentenza n. 10658 del 14 marzo 2024 ha ritenuto il ricorso inammissibile.

Innanzitutto, la motivazione resa dalla Corte d’Appello è assolutamente congrua e coerente con la consapevolezza della persona offesa rispetto alla riconducibilità del fatto lesivo, per cui il termine per proporre querela per il reato di lesioni colpose determinate da colpa medica decorre dal momento in cui la vittima è venuta a conoscenza della possibilità che sulla sua patologia abbiano influito errori diagnostici e terapeutici, e non già dalla consapevolezza della patologia contratta.

In secondo luogo,  la mancata corrispondenza del contenuto delle compresse è meramente ipotizzata e non suffragata da elementi probatori; peraltro, i farmaci somministrati erano direttamente preparati e confezionati dal farmacista.

Successivamente, la prescrizione per il reato di lesioni personali colpose riconducibili a responsabilità medica dal momento di insorgenza della malattia, anche se non irreversibili, così come nella specie nel momento di acquisizione della cartella clinica.

Infine, il giudizio penale di responsabilità si è basato anche sulle prove dichiarative e sui dati oggettivi introdotti nel giudizio.

Per queste ragioni, conclude la Suprema Corte, risponde del reato di lesioni colpose per il farmacista-dietologo che prescrive una dieta con farmaci utilizzati ad altri scopi.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Intelligence istituzionale e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea. Nel corso degli anni ho preso parte a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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