Il POS può ridurre l’evasione?

Il POS rappresenta un potente alleato nella lotta all'evasione fiscale e i dati della Relazione sull'evasione del Ministero dell'Economia lo confermano.

30 Novembre 2023
11:00
Il POS può ridurre l’evasione?
A cura di Sasha Rizzo
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Il POS è ormai nella quotidianità di molti di noi e ci sono dati che dimostrano la sua utilità in merito alla lotta all'evasione fiscale. Tuttavia, va anche sottolineato che il POS non è l'unico fattore che ha permesso di ridurre le somme non versate allo Stato dagli evasori fiscali.

Cos’è il POS?

Il POS è lo strumento che permette di effettuare i pagamenti elettronici. Un esempio può essere il classico “bancomat”.

Perché il POS può ridurre l’evasione fiscale?

Il motivo è in realtà molto semplice: se si acquista in contanti un caffè al bar, per il barista è potenzialmente molto semplice evitare di emettere lo scontrino fiscale, con il risultato di sottrarre entrate allo Stato.

Questo comporta minori risorse finanziarie per lo Stato e meno disponibilità, quindi, da destinare a servizi come l’istruzione, la sanità, le pensioni e la sicurezza.

È giusto concentrarsi anche sui piccoli evasori?

Si potrebbe pensare che non occorra combattere i piccoli evasori, ma che sia necessario contrastare in via prioritaria i grandi evasori. In realtà, sicuramente è necessario dedicarsi ai grandi evasori, in modo che versino quanto devono versare, ma bisogna far sì che tutti contribuiscano alle spese dello Stato, piccoli evasori compresi. Il motivo è che tanti piccoli evasori causano comunque un grosso danno.

Il risultato è che se alcuni contribuenti non pagano le imposte dovranno farsene carico gli altri. Chiaramente, se gli altri dovessero poi non avere la capacità di pagare, occorrerà fare debito pubblico o tagliare dei servizi pubblici (come sanità o istruzione).

Perché l’evasione fiscale è un problema per i governi?

I vari governi che si sono succeduti hanno sempre avuto una certa attenzione sul tema dell’evasione fiscale, in quanto per chi governa l’evasione è un problema serio. La ragione è che quando si realizza la Legge di bilancio, cioè la legge con la quale si approva il bilancio dello Stato e si decide come spendere i soldi della collettività, più è alta l’evasione fiscale e meno risorse si potranno destinare a riforme e investimenti utili al Paese.

Cos’hanno fatto i governi per combattere l’evasione fiscale?

È qui che si arriva ai pagamenti elettronici che, per esempio, sia il Governo Conte che il Governo Draghi hanno cercato di favorire: il primo con il Cashback e il secondo con le sanzioni ai negozianti privi di POS.

Il motivo per cui i pagamenti elettronici possono limitare l’evasione fiscale è molto semplice: se si usa il pagamento elettronico, questo può essere tracciato. Di conseguenza è molto più semplice per lo Stato scoprire se ci sono delle anomalie (come per esempio un negoziante che dichiara meno di quanto abbia incassato con il POS). Qualora delle anomalie ci siano davvero, l’Agenzia delle Entrate con le cosiddette “lettere di compliance” provvederà a informare il negoziante, per l’appunto, delle anomalie per invitarlo a risolvere il problema.

Cosa sono le lettere di compliance?

Le lettere di compliance sono delle lettere che l’Agenzia delle Entrate, cioè l’agenzia che effettua i controlli per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, invia quando rileva delle anomalie tra i dati in suo possesso e i dati che vengono dichiarati dai contribuenti, invitandoli a correggere eventuali errori o situazioni anomale.

Per esempio, se tramite il POS si rileva che un negozio ha incassato 10€, ma lo stesso negozio ne dichiara solo 5, l’Agenzia delle Entrate invierà una lettera di compliance invitando il contribuente a risolvere il problema.

I pagamenti elettronici possono davvero limitare l’evasione fiscale?

Nella Relazione sull’evasione fiscale e contributiva del MEF, quindi, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, vi sono dati molto interessanti. Prima però, per capire questi dati dobbiamo chiarire un concetto fondamentale: il “tax gap”.

Cos’è il tax gap?

Semplificando molto, il tax gap è la differenza tra quanto i contribuenti avrebbero dovuto versare allo Stato e quanto effettivamente hanno versato. Per esempio, se supponiamo che l’IVA che lo Stato si attende ammonti a 10€, ma che i contribuenti ne versino solo 5, il tax gap sarà di 5€.

Cosa dice la Relazione sull’evasione del 2023 del Ministero dell’Economia e delle Finanze?

Nella relazione, oltre al fatto che i pagamenti elettronici sono aumentati tra la fine del 2019 e l’ultimo trimestre del 2021 del 10%, passando dal 30% al 40%, c’è scritto anche che all’aumentare di un punto percentuale dei pagamenti elettronici rispetto ai consumi totali, corrisponde un aumento dello 0,4% del gettito IVA. Detto in parole più semplici, più si utilizzano i pagamenti elettronici (come il bancomat) e meno si evade il fisco.

Inoltre, l’evasione dell’IVA si è ridotta tra il 2016 e il 2020. Più precisamente siamo passati da un tax gap dell’IVA del 25,9% nel 2016 a un 19,2% nel 2020. Siccome la pandemia potrebbe avere alterato i consumi, va considerato che nel 2019 il gap era del 19,9%. Quindi, anche al netto della pandemia una riduzione importante rispetto al 2016.

Ha fatto tutto il POS da solo?

No, il POS sicuramente ha aiutato, ma non è stato l’unica misura degli ultimi anni per combattere l’evasione fiscale (soprattutto dell’IVA). Per esempio, una misura che ha ridotto l’evasione di IVA è stata anche l’introduzione della fatturazione elettronica, cioè una fattura digitale e tracciabile.

In conclusione, il POS è sicuramente uno strumento molto utile per combattere l’evasione, ma non può risolvere tutti i problemi da solo e lo stesso vale anche per gli altri strumenti di cui lo Stato può disporre.

La ragione è che per ridurre al minimo l’evasione fiscale servono un’insieme di fattori: una giusta mentalità collettiva, un fisco efficiente, una corretta pressione fiscale e sistemi di controllo efficaci.

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Sasha Rizzo
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Sono nato l’11 novembre del 1996 a Novi Ligure e ho la passione per l’economia fin da ragazzino. Infatti, ho frequentato ragioneria alle superiori e mi sono laureato a Genova in Economia Aziendale per poi specializzarmi in Management con la Magistrale. Oggi, con Lexplain ho unito la passione per l’economia a quella per la divulgazione.
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