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5 Marzo 2024
9:00

I compensi alle lavoratrici madri non fanno parte del welfare aziendale: lo ha stabilito l’Agenzia delle Entrate

Con risposta a Interpello n.57 del 1°marzo 2024, l'Agenzia delle Entrate ha stabilito che le somme erogate dal datore di lavoro alle lavoratrici madri che equivalgono alla differenza tra quanto corrisposto dall’INPS per la maternità facoltativa e il 100% della retribuzione lorda mensile costituiscono retribuzione e per questo motivo sono imponibili. Esse non possono essere corrisposte, dunque, a titolo di "welfare aziendale".

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I compensi alle lavoratrici madri non fanno parte del welfare aziendale: lo ha stabilito l’Agenzia delle Entrate
Avvocato
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Con risposta a interpello n. 57 del 1 marzo 2024, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le somme erogate alle lavoratrici madri equivalenti alla differenza tra indennità di congedo di maternità facoltativa o di congedo parentale a carico dell’INPS e il 100% della retribuzione mensile lorda non possono essere corrisposte a titolo di “welfare aziendale”, ma sono imponibili in quanto costituiscono parte della retribuzione.

Vediamo in dettaglio cosa ha stabilito l’Agenzia delle Entrate.

L’Istanza di Interpello

L’Istanza di Interpello atteneva al trattamento fiscale delle somme erogate alle lavoratrici madri, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, Tuir.

Con l'istanza di interpello una società, in qualità di sostituto d'imposta, affermava di voler  riconoscere  a  tutte  le  lavoratrici  madri,  al  termine  del  periodo  di astensione obbligatoria per maternità, una cifra equivalente alla differenza fra l'indennità di congedo di maternità facoltativa o di congedo parentale a carico dell'INPS,  e il 100% della retribuzione mensile lorda.

Tale  importo,  riconosciuto  per  i  tre  mesi  successivi  al  periodo  di astensione  obbligatoria,  sarebbe stato erogato non come  retribuzione monetaria ma in  forma di  "welfare aziendale".

Ciò premesso, l’istante chiedeva se quanto rappresentato soddisfasse i presupposti di  non imponibilità di cui al secondo e terzo comma dell'articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre  1986, n. 917 (Tuir).

Il Parere dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha specificato che, l'articolo 51, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), stabilisce che “Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.

Viene dunque sancito il c.d. "principio di onnicomprensività"  del  reddito  di  lavoro  dipendente,  “in  virtù  del  quale  tutte  le  somme  e  i  valori  che  il  dipendente percepisce, a qualunque titolo, in relazione al rapporto di lavoro, concorrono  alla determinazione del reddito di lavoro dipendente”.

Al secondo comma e all'ultimo periodo del  comma 3, vengono previste deroghe, elencando le opere, i servizi, le prestazioni e i rimborsi  spesa che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte.

Qualora tali benefit rispondano a  finalità  retributive, il  regime di totale o parziale esenzione, ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, non può trovare applicazione.

Come  ribadito nella  risoluzione 25 settembre 2020, n. 55/E, in base al comma  2,  inoltre, occorre  che  i  benefit  siano  messi  a  disposizione  della  generalità  dei  dipendenti  o  di  categorie  di  dipendenti.

L'Amministrazione  Finanziaria  ha  più  volte  precisato che il legislatore non  riconosce l'applicazione delle  disposizioni elencate nel comma 2 ogni volta in cui le somme o servizi  ivi indicati siano rivolti ad personam, ovvero costituiscano dei vantaggi solo per alcuni  e ben individuati lavoratori.

Nel caso in esame, ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, “sulla  base  della  circostanza  che  l'attribuzione  del  welfare aziendale  in  base  allo status  di  maternità  non  appare  idonea  ad  individuare  una  "categoria  di  dipendenti"  nel  senso  sopra  illustrato, si ritiene che le somme in oggetto debbano assumere rilevanza reddituale ai  sensi dell'articolo 51, comma 1, del Tuir, in quanto, rappresentando un'erogazione in sostituzione  di  somme  costituenti  retribuzione  fissa  o  variabile,  rispondono  a  finalità  retributive”.

In poche parole, le somme erogate dal datore di lavoro alle lavoratrici madri che equivalgono alla differenza tra quanto corrisposto dall’INPS per la maternità facoltativa e il 100% della retribuzione lorda mensile costituiscono retribuzione e per questo motivo sono imponibili.

Avvocato, laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, e sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici, e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". Sono mamma di due splendidi figli, Riccardo, che ha 17 anni e Angela, che ha 9 anni.
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