È vero che i giovani non prenderanno la pensione? La previsione per il 2045

Le pensioni ai pensionati vengono erogate grazie ai contributi previdenziali versati dalle persone che lavorano. Tuttavia, nei prossimi anni questo potrebbe diventare sempre più difficile.

13 Settembre 2023
15:00
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È vero che i giovani non prenderanno la pensione? La previsione per il 2045
A cura di Sasha Rizzo
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I giovani sono sempre meno e le persone anziane sono sempre di più. Ma perché questo è un problema? Oggi vediamo insieme la crisi demografica e il motivo per cui potrebbe sempre più impattare negativamente sul sistema pensionistico.

Oggi, le persone tra i 55 e i 59 anni, sono di più di quelle tra i 20 e i 24. Questo è un problema notevole, perché significa che tra circa vent’anni le persone tra i 70 e i 74 anni saranno di più di quelle tra i 20 e i 24.

Quindi, se già oggi ci sono problemi a pagare le pensioni, tra qualche anno potrebbe diventare ancora più difficile, per le casse dello Stato, sostenere il sistema pensionistico. La ragione di questa situazione è da ricercare nel calo delle nascite che ha interessato il Paese negli ultimi anni.

Perché le dinamiche demografiche impattano sul sistema pensionistico?

Perché, semplificando leggermente, sono le persone che lavorano a pagare le pensioni a quelle in pensione, attraverso il versamento dei contributi previdenziali. Di conseguenza, se non ci dovessero essere abbastanza persone occupate e che versano i contributi previdenziali, essi potrebbero non essere sufficienti per finanziare il sistema pensionistico.

Come si monitora l’andamento demografico?

Per capire l’andamento demografico si usa il tasso di fertilità, cioè un tasso che indica quanti figli in media ogni donna fa e quanti ne dovrebbe fare per mantenere la popolazione stabile come numero e, di conseguenza, per non avere più anziani che giovani.

Per mantenere lo stesso numero di persone nel tempo, il tasso di fertilità dovrebbe essere pari a 2,1. Quindi, ogni donna dovrebbe fare in media due figli circa. In Italia, il tasso di fertilità è oggi pari a 1,24. La conseguenza è necessariamente un calo della popolazione nel tempo.

Il problema è irreversibile?

Il problema è notevole, però qualcosa si può fare. Per esempio, con le nuove tecnologie potremmo riuscire ad aumentare significativamente la produttività di una singola persona e, di conseguenza, questa potrebbe in futuro mantenere tramite i contributi previdenziali, più anziani rispetto a oggi.

Le nuove tecnologie sono l’unica soluzione?

Non necessariamente, oltre allo sviluppo tecnologico si deve anche lavorare per ridurre al minimo la disoccupazione e per favorire un’immigrazione costante di persone giovani, che compensi almeno in parte, il calo dei giovani rispetto agli anziani.

Perché non fare più figli?

Questa è la soluzione più ovvia, ed è giusto perseguirla. Tuttavia, ci sono delle difficoltà non indifferenti: per i giovani è difficile avere la stabilità economica che serve per fare figli in tranquillità. Inoltre, essendo che oggi i giovani sono meno di ieri, anche se iniziassimo a fare più figli, ci vorrebbe molto tempo per aggiustare la piramide e non basterebbero più i 2 figli a testa di cui parlavamo prima. Dovremmo farne molti di più.

Esistono delle soluzioni concrete?

Alla luce di quanto detto una strada da percorrere potrebbe essere favorire lo sviluppo tecnologico, garantendo un’adeguata formazione ai giovani per prepararli al futuro, ma anche ai meno giovani che potrebbero ritrovarsi senza lavoro. Infatti, oggi ci sono molte persone che sono disoccupate perché non hanno le competenze che occorrono al mondo del lavoro. E, contemporaneamente, molte aziende sono costrette ad avere posti vacanti perché non trovano le persone giuste.

In questa prospettiva si muove l’Unione Europea, infatti, con il suo intervento sono stati fatti investimenti in programmi come Industria 4.0, Formazione 4.0 e nel fondo nuove competenze, per investire nella formazione per le nuove mansioni “tecnologiche”. Infine, ci sono e ci saranno tanti interventi con il PNRR.

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Sasha Rizzo
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Sono nato l’11 novembre del 1996 a Novi Ligure e ho la passione per l’economia fin da ragazzino. Infatti, ho frequentato ragioneria alle superiori e mi sono laureato a Genova in Economia Aziendale per poi specializzarmi in Management con la Magistrale. Oggi, con Lexplain ho unito la passione per l’economia a quella per la divulgazione.
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