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26 Dicembre 2023
13:00

Data di scadenza e conservazione degli alimenti, quali sono le differenze?

Sono passati diversi anni dall’entrata in vigore del Regolamento Europeo n. 1169/2011 ma ancora oggi, la maggior parte dei consumatori è in uno stato di confusione quando trovano sulle etichette le diciture “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro”, introdotte con la nuova normativa. Ma qual è la differenza, ed in base a che cosa viene apposta la dicitura “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro”, cercheremo di capirlo durante la lettura di questo articolo.

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Data di scadenza e conservazione degli alimenti, quali sono le differenze?
Avvocato - Comitato Diritto Lexplain
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Come parte del Piano d’Azione UE per l’Economia Circolare è stata recentemente richiesta, dalla Commissione Europea all’EFSA, un’analisi che permetta di dare maggiore chiarezza alle modalità di indicazione della data di scadenza o del Termine Minimo di Conservazione (TMC) da parte degli operatori della catena alimentare e alla loro comprensione da parte dei consumatori.

A questo proposito è importante che gli Operatori del Settore Alimentare (OSA) seguano un approccio basato sull’analisi dei rischi quando decidono:

Il tipo di data da apporre (scadenza o TMC)la shelf-life dell’alimento e le altre informazioni da riportare in etichetta per garantire la sicurezza alimentare

Questo tipo di approccio dovrebbe essere parte integrante del sistema di gestione FSMS (Food Safety Managment System) che gli operatori del settore alimentare sono tenuti a sviluppare secondo l’attuale legislazione UE sulla sicurezza alimentare.

Il regolamento UE 1169/2011 e l’etichettatura degli alimenti

Secondo il Regolamento (UE) 1169/2011, all’Art. 9 e all’Allegato X, punti 1 e 2, si richiede che nelle etichette degli alimenti (ad eccezione di casi particolari) sia riportata una scadenza (“Da consumare entro”) o un termine minimo di conservazione TMC (“Da consumarsi preferibilmente entro il/fine”).

Questa differenziazione sull’indicazione da apporre sull’etichetta, sarà effettuata in base alla deperibilità dell’alimento ed in base alla possibilità che, dopo tale data, vi sia un pericolo immediato per la salute umana.

Ma, quindi, come decidere se, per un dato alimento, sia opportuno un TMC o una scadenza?

La decisione di apporre in un alimento una scadenza o un TMC deve essere valutata prodotto per prodotto dopo un’analisi approfondita delle caratteristiche dell’alimento, del tipo di lavorazioni a cui l’alimento è sottoposto e delle condizioni di conservazione ragionevolmente prevedibili.

Per aiutare gli Operatori del Settore Alimentare (OSA) su come operare tale decisione è stato creata una apposita tabella costituita da 10 domande sequenziali.

I fattori principali alla base di queste domande consequenziali sono:

  • presenza di eventuali patogeni al termine del processo produttivo, se essi possano crescere o meno o produrre tossine durante il periodo di conservazione (shelf-life);
  • in assenza di livelli accettabili definiti di patogeni, ogni crescita significativa durante la shelf-life può aumentare il rischio di malattia nei consumatori e risulta quindi un parametro fondamentale per la decisione;
  • il riscaldamento/la cottura, prima del consumo, possono non essere sufficienti ad eliminare tutti i patogeni o le loro tossine: il trattamento può infatti avvenire per tempi/temperature non sufficienti. Inoltre, la manipolazione può comportare un rischio di contaminazione crociata post cottura;
  • nel caso di presenza contemporanea di spore e cellule  vegetative di patogeni, si applicano i limiti di crescita delle cellule vegetative, poiché questi, sono più ampi di quelli per la crescita e produzione di tossine di specie sporigene.

Secondo tali indicazioni, quindi nel caso di prodotti che vengono lavorati in modo tale da assicurare l’assenza di patogeni, o nel caso di un prodotto trasformato che non ne permette la crescita, il rischio per il consumatore non aumenta durante la shelf-life e risulta quindi appropriata l’indicazione di un TMC.

Al contrario, se non vi è alcuna fase di eliminazione del patogeno o vi è la possibilità di ricontaminazione dopo tale trattamento e, allo stesso tempo, il prodotto ne permette la crescita, si prevede che il rischio per il consumatore aumenti durante la durata di conservazione ed è richiesta una data di scadenza.

Da queste basi sorgono quindi le due distinzioni che troviamo in etichetta.

Da consumarsi entro

La prima di queste diciture “DA CONSUMARSI ENTRO” che possiamo trovare su un alimento, ad esempio un panettone artigianale acquistato presso un pasticciere, si riferisce alla data di scadenza tassativa, superata la quale il prodotto viene considerato pericoloso per la salute se assunto. L’alimento è sicuro fino alla data indicata, a patto che vengano rispettate le regole per la sua conservazione, suggerite in etichetta direttamente dal produttore.

Da consumarsi preferibilmente entro

La seconda indica il termine minimo di conservazione e si applica per gli alimenti non soggetti a rapida deperibilità e che, una volta scaduti, non vengono considerati pericolosi per la salute ma le loro proprietà organolettiche risultano variate.

Questo è il caso del classico panettone industriale che viene prodotto mesi prima delle festività natalizie e che poi viene stoccato per poi essere rivenduto durante le festività e che spesso presenta una data di scadenza diversi mesi dopo le festività.

Nei prodotti industriali, infatti, la lavorazione viene fatta sì seguendo rigidi standard qualitativi, ma, data l’enorme mole di alimenti da produrre, a questi vengono aggiunti diversi conservanti.

DATA DI SCADENZA: COSA SIGNIFICA

La data di scadenza, quindi, evidenziata dalla dicitura “da consumarsi entro”, viene riportata obbligatoriamente sugli imballaggi alimentari dei prodotti preconfezionati rapidamente deperibili, come ad esempio latte e prodotti lattieri freschi, formaggi freschi, pasta fresca, carni fresche, prodotti della pesca e dell’acquacoltura freschi;

La data deve riportare, nell’ordine: il giorno, il mese ed eventualmente l’anno sia di produzione che di scadenza.

Sulla confezione devono essere, poi, riportate le condizioni di conservazione (conservare in un luogo fresco e asciutto) ed eventualmente la temperatura in funzione della quale è stato determinato il periodo di validità.

Superata la data di scadenza, l’alimento può costituire un pericolo per la salute a causa della proliferazione batterica.

Per legge è, infine, vietata la vendita dei prodotti che riportano la data di scadenza a partire dal giorno successivo a quello indicato sulla confezione.

In caso di data di scadenza,infine, è utile evidenziare che la vita di scaffale di un alimento non dovrebbe mai essere superiore a quella che è la più breve tra la "shelf-life sensoriale" e la "shelf-life sicura".

La prima riguarda modifiche organolettiche della qualità del prodotto, la seconda la sicurezza degli alimenti.

TERMINE MINIMO DI CONSERVAZIONE: COSA SIGNIFICA

Sui prodotti non rapidamente deperibili la data di scadenza è sostituita dal termine minimo di conservazione (TMC), espresso dalla dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”, seguito dalla data.

Quest’ultima rappresenta il momento fino al quale un alimento conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione.

La data si compone dell’indicazione, nell’ordine, del giorno, del mese, e dell’anno, con le seguenti modalità:

per i prodotti alimentari conservabili per meno di 3 mesi, è sufficiente l’indicazione del giorno e del mese,per i prodotti alimentari conservabili per più di 3 mesi ma non oltre 18 mesi, è sufficiente l’indicazione del mese e dell’anno,per i prodotti alimentari conservabili per più di 18 mesi, è sufficiente l’indicazione dell’anno.

Superato il TMC è ancora possibile consumare il prodotto ma più ci si allontana dalla data di superamento del TMC più vengono meno i requisiti della qualità del prodotto senza dunque che venga intaccata quello della sicurezza.

Prodotti esenti dal TMC

Esistono alcuni prodotti per i quali, tuttavia, il Termine Minimo di Conservazione non è obbligatorio e sono: la frutta e la verdura fresche (a meno che non siano sbucciate o tagliate), il vino e l’aceto, il sale e lo zucchero allo stato solido, i prodotti da forno come pane e focaccia, prodotti di pasticceria freschi, bevande alcoliche con percentuale di alcol superiore al 10%, gomme da masticare e prodotti simili.

Stessa regola vale per i prodotti da banco (salumi e formaggi venduti in supermercati e ipermercati che devono solo indicare la temperatura di conservazione dell’alimento).

Ma se scade il Termine Minimo di Conservazione? cosa succede dopo?

Può capitare che alcuni alimenti per cui è indicato il termine minimo di conservazione rimangano nelle nostre dispense oltre il termine indicato.

La domanda che scatta automaticamente in tutti noi è: “È ancora buono?

La risposta come al solito è: “dipende” e da cosa?

da come è stato conservato, dalla tipologia di prodotto,dal nostro gusto personale nonchè dalla nostra propensione al rischio.

Di seguito alcuni esempi, giusto per fornire alcuni strumenti in più per valutare autonomamente la possibilità o meno di mangiare l’alimento.

Ad esempio, per gli yogurt, fino a 6/7 giorni dopo la scadenza non si dovrebbero avere problemi, la proprietà nutritive si perdono ma le caratteristiche organolettiche si conservano.

Per il formaggio occorre prima distinguere tra quelli a pasta dura e quelli freschi.

Nel primo caso, quelli a pasta dura, è possibile che si crei uno strato superficiale di muffa. Una volta tolto, il prodotto è edibile. Nel secondo caso, nei formaggi freschi,è consigliabile non consumare il prodotto in quanto potrebbe essere rischioso.

Le conserve, invece, in particolare quelle industriali, possono durare più a lungo di quanto indicato.

Ad esempio, la scadenza delle conserve di pomodoro può arrivare fino a 20 mesi ma se la confezione è rimasta integra, si può consumare anche un paio di mesi dopo la data di scadenza. Ma una volta aperta, è preferibile di gran lunga consumarla in poco tempo.

Per le conserve fatte in casa rimane sempre vivo il problema botulino. Fate molta attenzione.

Sempre rimanendo nel settore conserve, quelle di verdure come cetriolini, peperoni, melanzane, cipolline, olive, funghetti ed altri sottoli o sottaceti vari scadono mediamente dopo 2 o 3 anni, ma si possono mangiare fino a 2 mesi oltre la scadenza.

Per quanto riguarda pasta e riso secchi, il termine di conservazione, alla pari di biscotti secchi o crackers, può estendersi fino ai 2 anni e mezzo.

Se conservati bene, anche in questo caso è possibile mangiarli anche dopo due mesi oltre la scadenza.

Ma attenzione alla conservazione: se non tenuti come indicato dal produttore, in questi prodotti possiamo trovare vermicelli o farfalline.

I succhi di frutta, invece, hanno un intervallo di conservazione variabile da 6 a 12 mesi ma, come per l’olio e il caffè, dopo qualche mese perdono le loro proprietà organolettiche.

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Marco D'Amico
Avvocato - Comitato Diritto Lexplain
Mi sono laureato all'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli con una tesi in diritto amministrativo, materia nella quale mi sono poi specializzato. Collaboro dal 2009 con Aldo Sandulli, professore ordinario di diritto amministrativo presso l’Università Luiss Guido Carli. Sono Cultore della materia in diritto amministrativo presso l’università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Nel 2010 ho partecipato alla costituzione della Rivista Giuridica MUNUS, sui Servizi Pubblici, fondata dai professori Aldo Sandulli e Giacinto della Cananea. Nel 2022 ho conseguito un master in Diritto Pubblico Europeo presso l’European Public and Law Organizzation e nel 2023 un master in Diritto Impresa e Sicurezza Agroalimentare con una tesi sulla tutela dei prodotti agroalimentari e del marchio “Made in Italy”presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.
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