La legge marziale (dal latino legge del dio Marte, riprendendo il simbolismo della divinità della guerra e della forza militare e che rappresentava la potenza, il coraggio e l'ordine militare necessari in tempi di conflitto) è un istituto eccezionale di diritto pubblico e implica la sospensione temporanea delle normali funzioni del governo e il trasferimento di questi nelle mani delle autorità militari.
La legge marziale è generalmente contemplata nell’ordinamento di molti Stati, giustificando l’applicazione in situazioni di emergenza, come guerre, insurrezioni, o disastri naturali di estrema gravità.
Dichiarare la legge marziale rappresenta una deroga al principio fondamentale della separazione dei poteri, tipica dello stato di diritto, procedendo verso una compressione dei diritti civili e delle libertà fondamentali.
Perché si dice marziale?
L'aggettivo "marziale” indica tutto ciò che è legato alla guerra o all'esercito, in linea con l'autorità e il rigore delle forze militari.
Dal latino martialis, il termine trae origine dal dio romano della guerra e protettore dell’esercito, Marte. Nell’antica Roma, Marte rappresentava la potenza, il coraggio e l'ordine militare necessari in tempi di conflitto.
Il termine "legge marziale" richiama quindi questo concetto e intende applicarsi a una situazione in cui il potere civile viene trasferito alle autorità militari, evocando simbolicamente il controllo e l'azione delle forze armate in contesti di emergenza o conflitto, analogamente a come sovrintendeva alle guerre.
Cosa dice la costituzione italiana sulla legge marziale
La Costituzione non prevede esplicitamente la possibilità di dichiarare la legge marziale.
A ben vedere, però, vengono predisposti alcuni strumenti per affrontare situazioni di emergenza o di eccezionale gravità. È il caso dello stato di guerra e altre forme che possono comportare l’applicazione di misure straordinarie.
L’art. 78 Cost., stabilisce che "le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari". Il Parlamento ha il potere di dichiarare lo stato di guerra e di attribuire al Governo i poteri necessari per affrontare tale situazione, anche se non implicando necessariamente il passaggio del controllo alle autorità militari, come avverrebbe con la legge marziale.
In base all’art. 77 Cost., viene consentito al Governo di adottare decreti-legge in casi di "necessità e urgenza", anche durante situazioni critiche.
Tali decreti devono essere immediatamente presentati alle Camere per la conversione in legge entro 60 giorni.
Questo strumento consente di adottare misure straordinarie senza sospendere le normali funzioni civili.
L’art. 120 Cost., consente al Governo di sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane e dei Comuni "nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria" o "pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica".
La Costituzione, quindi, prevede un controllo e un bilanciamento di poteri che rimangono prevalentemente nelle mani delle autorità civili, nel rispetto dei principi democratici e dello stato di diritto.
Cenni storici
In Italia, la legge marziale è stata storicamente usata in situazioni di grave instabilità politica o di conflitto, ma nel dopoguerra non è mai stata applicata, anche in contesti di crisi.
Prima dell'unità d'Italia, la legge marziale veniva talvolta imposta nelle regioni in conflitto o in cui scoppiavano rivolte popolari. Anche dopo l’unificazione, il Regno d’Italia ricorse alla legge marziale in alcune situazioni di protesta sociale, come nelle rivolte contadine di fine Ottocento, per mantenere il controllo dell’ordine pubblico e reprimere sommosse.
Durante il fascismo (1922-1943), non fu formalmente applicata la legge marziale in senso stretto, ma il regime adottò misure repressive che sospendevano molti diritti civili, attraverso un insieme di leggi straordinarie che di fatto reprimevano le opposizioni e limitavano le libertà individuali. Questo avveniva in un contesto di forte militarizzazione della società, dove l’autorità del regime prendeva il posto di una legge marziale formale.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con la nascita della Repubblica Italiana e la nuova Costituzione, l’Italia ha scelto di non ricorrere alla legge marziale. Anche nei momenti di grave emergenza – come il terrorismo degli anni di piombo negli anni '70 e '80, i disastri naturali o crisi come la pandemia – il Paese ha optato per misure straordinarie civili, mantenendo il controllo sotto le istituzioni democratiche e civili e rispettando i diritti fondamentali, senza coinvolgere le forze armate in un ruolo di controllo diretto sulla popolazione.
Quando si applica la legge marziale
La legge marziale si applica in circostanze eccezionali, ovvero in casi in cui la situazione di emergenza o di crisi sia così grave da compromettere gravemente l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale o l'integrità dello Stato, risultando insufficienti i normali strumenti di gestione e controllo da parte delle autorità civili.
Solitamente, la legge marziale si applica in contesti di guerra, insurrezioni, rivolte su larga scala, o catastrofi naturali di eccezionale gravità – ovvero quelle situazioni che mettono a rischio la stabilità delle istituzioni e la sicurezza della popolazione.
In un ordinamento democratico, la legge marziale deve essere considerata una misura di ultima istanza, soggetta a rigidi controlli e limitazioni.
Gli effetti sui cittadini
La legge marziale ha impatti significativi sulla vita dei cittadini, in quanto limita o sospende alcuni dei loro diritti fondamentali.
Alcuni diritti fondamentali come la libertà di riunione, la libertà di parola e la libertà di movimento.
Le forze armate possono assumere poteri di polizia e di controllo dell'ordine pubblico, emanare regolamenti e disposizioni con forza di legge, sospendere temporaneamente alcuni diritti e libertà fondamentali, e procedere ad arresti e detenzioni senza le normali garanzie previste dal processo penale ordinario.
Allo stesso modo, vengono istituiti i tribunali militari a cui viene riconosciuta la giurisdizione su alcune materie che normalmente sarebbero trattate dalla giustizia civile.
Per esempio, le decisioni in merito a crimini e altre infrazioni possono essere adottate da tribunali militari, che operano secondo procedure più snelle e con minori garanzie rispetto ai tribunali ordinari.
Allo stesso modo, rientrano spesso nelle misure adottate sotto la legge marziale la censura dei mezzi di comunicazione e la limitazione dei movimenti della popolazione.
Le leggi marziali variano di stato in stato?
Sì, le leggi marziali variano significativamente da Stato a Stato, sia per quanto riguarda le condizioni che ne giustificano la proclamazione, sia per le modalità di applicazione e per l’estensione dei poteri attribuiti alle autorità militari.
In alcuni Stati, la dichiarazione spetta al capo dello Stato (come il presidente o il monarca), in altri al capo del governo, e in altri ancora richiede l'approvazione del parlamento o di un organo legislativo.
Alcuni ordinamenti prevedono limiti chiari alla durata della legge marziale e stabiliscono meccanismi di controllo e revisione da parte degli organi democratici.
Le differenze possono anche riguardare le condizioni di applicazione: mentre in Russia la legge marziale trova applicazione innanzi a minacce esterne, nel caso degli Stati Uniti è stata storicamente utilizzata in occasioni di gravi disordini interni, come la Guerra di Secessione.