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10 Luglio 2024
16:46

Condannato a 6 anni e mezzo il rapper Shiva: perché è stato arrestato e le accuse a suo carico

Andrea Arrigoni, in arte Shiva, è stato condannato a 6 anni e mezzo per la sparatoria dell'11 luglio 2023, davanti al suo studio di registrazione a Settimo Milanese. Quali sono i reati contestati? Può parlarsi di legittima difesa del rapper?

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Condannato a 6 anni e mezzo il rapper Shiva: perché è stato arrestato e le accuse a suo carico
Dottoressa in Giurisprudenza
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Il rapper Shiva è stato condannato oggi a 6 anni e mezzo per la sparatoria dell'11 luglio 2023. La decisione è stata presa dai giudici dell'ottava sezione penale del Tribunale di Milano al termine del processo con rito abbreviato.

Perché è stato arrestato Shiva?

Andrea Arrigoni, in arte Shiva, è stato arrestato il 26 ottobre dopo gli episodi verificatisi a Milano lo scorso luglio quando il trapper sarebbe stato aggredito all’uscita dalla casa discografica in Via Cusago (Milano) e avrebbe reagito sparando agli aggressori.

Al termine delle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Brescia, in collaborazione con quella di Monza Brianza, sarebbe stata accertata la responsabilità del rapper milanese per la sparatoria. A confermarlo anche le riprese di videosorveglianza.

I reati contestati sono porto abusivo di armi (art. 699 c.p.), esplosioni pericolose (art. 703 c.p.) e tentato omicidio (art. 575 c.p.) e per i quali il GIP, Stefania Donadeo, aveva emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Shiva adesso si trova presso la Casa circondariale di Milano San Vittore.

Il reato di porto abusivo di armi (art. 699 c.p.)

L’articolo 699 c.p., rubricato “Porto abusivo di armi” punisce colui il quale porti con sé un'arma senza avere la licenza richiesta dall’Autorità e disponendo l’arresto fino a 18 mesi.

Nel caso in cui invece, l’autore del reato portasse con l’arma fuori dalla propria abitazione e la stessa, per genere e tipo, non necessitasse di licenza, sarebbe punito con l’arresto da un minimo di 18 mesi al massimo di 3 anni.

Infine, dice la legge, la pena sarebbe ulteriormente aumentata se il porto abusivo si verificasse in un luogo presso cui vi sia un numero nutrito di persone, oppure di notte in un luogo abitato.

La licenza di porto d’armi è l’autorizzazione che consente al cittadino di portare, trasportare e detenere un’arma. E’ possibile conseguire la licenza dimostrando la capacità tecnica richiesta dalla legge: stiamo parlando del TULPS e la Legge 895/1967, Disposizioni per il controllo delle armi.

Oltre ciò, è necessario sostenere un esame che comprovi il corretto maneggio delle armi. Una volta superato, la Questura e la Prefettura saranno competenti al rilascio del porto d’armi.

E’ possibile approfondire il porto d’armi, i requisiti necessari al suo rilascio e tutto ciò che c’è da sapere qui.

Il reato di esplosioni pericolose (art. 703 cp.)

Esplodere colpi in un centro abitato, in una pubblica via o in sua direzione è un reato punito dall’art. 703 c.p..

Il reato intende tutelare l’incolumità pubblica rispetto ad un accadimento che, anche solo potenzialmente, potrebbe rappresentare un pericolo per la sicurezza delle persone.

L’articolo 703 c.p. dispone:

Chiunque, senza la licenza dell’Autorità, in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una via pubblica o in direzione di essa spara armi da fuoco, accende fuochi d’artificio o lancia razzi, o innalza aerostati con fiamme, o, in genere, fa accensioni o esplosioni pericolose, è punito con l’ammenda fino a 103 euro.
Se il fatto è commesso in un luogo ove vi sia adunanza o concorso di persone, la pena è dell’arresto fino a un mese”.

Ai fini del reato, anche se la detenzione dell’arma fosse stata regolarmente resa nota alle Autorità, è l’esplosione di colpi con arma da fuoco in un luogo abitato ad essere punito poichè, pur se la detenzione in quel caso è legittima, questo non significa avere una “licenza” a sparare.

E’ bene ricordare infatti che il legislatore con l'espressione “pubblica via” fa riferimento a tutti quei luoghi pubblici, come piazze o slarghi, che sono zone di transito.

Tentato omicidio (art. 575 c.p)

Shiva, nome d’arte di Andrea Arrigoni, ha cominciato la sua querelle giudiziaria come indagato per tentato omicidio. Secondo il GIP che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, la misura sarebbe necessaria alla luce della condotta obiettivamente idonea a provocare l’evento mortale.

Stando alle riprese originariamente prodotte dai sistemi videosorveglianza che sono state al vaglio delle Autorità, il rapper impugnerebbe l’arma saldamente, per poi puntarla ad altezza d’uomo verso i due aggressori che l’avevano sorpreso all’uscita dalla casa discografica meneghina.

Anche la postura assunta al momento delle esplosioni sarebbe uno degli elementi sintomatici del dolo, ovvero dell’intento, che avrebbe animato Shiva che, secondo l’accusa, appare ben saldo sui piedi e con le braccia tese.

La prova del dolo nel caso del tentato omicidio, infatti, può essere valutata complessivamente da tutte quelle circostanze ed elementi utili, anche alla luce della comune esperienza, all’individuazione della volontà dell’autore del gesto verso la morte della vittima: ovvero la micidialità del mezzo utilizzato, ma anche il non prendere in considerazione alternative alla sua azione che possano essere meno lesive.

Secondo la giurisprudenza, ci riferiamo alla Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 15 luglio 2013, n. 30336, “è possibile parlare di tentato omicidio anche se l’autore abbia esploso solo un colpo di arma da fuoco con l’intento di uccidere l’avversario, e non ci sia riuscito solo per un’imperizia balistica”.

Può parlarsi di legittima difesa?

Il fatto che il rapper avesse sparato agli aggressori che lo avevano sorpreso alle spalle per aggredirlo, poteva ritenersi legittima difesa? Facciamo chiarezza.

La legittima difesa, ai sensi dell’art. 52 c.p., è una delle cause che escludono il reato purchè l’azione sia stata compiuta per difendere sè o altri da un pericolo imminente e a patto che questa reazione sia proporzionata all’offesa ricevuta.

Secondo il legislatore, infatti, non può essere punito colui che abbia agito perchè costretto dalla necessità di difendersi e sempre che sussista un bilanciamento proporzionale tra il male minacciato, la reazione dell’aggredito e i mezzi utilizzati per difendersi.

Ai fini della legittima difesa del resto non è plausibile sparare contro chi, per esempio, abbia come unica arma un ramo di un albero.

Tuttavia si comprende che, se il male minacciato e/o il pericolo imminente venissero meno anche in ragione di un’eventuale desistenza dell’aggressore, non si potrebbe parlare di legittima difesa.

Nel caso concreto, dalle immagini di videosorveglianza al vaglio degli inquirenti, i due aggressori del rapper al termine della lite si sarebbero dati alla fuga, scappando verso un’automobile, mentre Shiva sparava.

La fuga dei suoi aggressori farebbe venir meno le ragioni giustificatrici della legittima difesa.

Allo stesso modo non appare percorribile la strada dell’eccesso colposo di legittima difesa, motivato cioè dal fatto che la reazione difensiva sia stata del tutto sproporzionata rispetto al pericolo in balìa del quale si trovava, poiché gli aggressori erano già di spalle e in fuga.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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