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25 Luglio 2023
13:00

Legittima difesa: cosa significa e che funzione ha

Tra le cause che escludono il reato c'è la legittima difesa, oggetto dell'art. 52 del Codice Penale, e che consente di escludere la sussistenza del reato se sia stato commesso per difendere se stessi o altri da un pericolo imminente di un danno ingiusto. E' possibile invocare la legittima difesa solo se la reazione è proporzionata all'offesa. Vediamo le principali caratteristiche con esempi, la legittima difesa domiciliare e i casi più particolari trattati dalla giurisprudenza.

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Legittima difesa: cosa significa e che funzione ha
Dottoressa in Giurisprudenza
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La legittima difesa è una delle cause di esclusione del reato previste dall’ordinamento italiano e trova la sua disciplina all’art. 52 c.p. e per il quale non può essere punito chi ha agito perché costretto dalla necessità di difendere sé o altri da un pericolo attuale o da un’offesa ingiusta, purchè la difesa sia proporzionata all’offesa.

La disciplina è stata recentemente aggiornata grazie alla Legge del 26 aprile 2019, n. 36 apportando modifiche rilevanti.

Sin dall’apertura della legge, la difesa si ritiene sempre legittima e, in caso di violazione di domicilio ex art. 614 c.p., vi è un rapporto di proporzione.

La legge consente di esimere ogni situazione in cui le condotte della persona presente nella casa a titolo legittimo, o in un luogo privato in cui esercita l’attività, possa usare l’arma detenuta legittimamente (così come ogni altro mezzo idoneo a difendere sé, altri o i propri beni) nel caso in cui vi sia un pericolo di aggressione e non vi sia desistenza.

Il tema della necessità di difendersi e di quale sia il confine entro cui ritenere tale reazione legittima, è ripreso anche dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) che, nel suo art. 2, comma 2, ritiene differenziato il caso in cui l’uccisione dell’aggressore da parte del suo aggredito sia “il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario” per contrastare una violenza illegittima.

Cos'è la legittima difesa e qual è la sua funzione

La legittima difesa si fonda sul principio dell’interesse prevalente, secondo il quale tra un interesse aggredito (che è quello che si difende) e quello dell’aggressore (che offende), l’ordinamento tende a voler tutelare il primo.

Di pari passo, viene anche riconosciuto il principio di bilanciamento di interessi, per il quale anche lo Stato, impossibilitato dall’agire tempestivamente, e delega l’autotutela al privato.

La legittima difesa ha la funzione di autorizzare la reazione difensiva di chi è minacciato da un pericolo attuale di un’offesa ingiusta per proteggere se stesso o altri.

Vi è però un limite: la difesa deve essere proporzionata all’offesa che si sta subendo, solo così chi compie l’azione per tutelarsi non sarà punito.

Quali sono i presupposti per poter invocare la legittima difesa

La legittima difesa richiama due elementi: l’aggressione e la reazione.

Ciò significa che, per poter invocare la legittima difesa, occorre che la stessa rispetti alcuni requisiti.

Elementi dell’aggressione sono:

  • l’oggetto dell’offesa deve essere un diritto, inteso come l’insieme di diritti soggettivi e interessi legittimi;
  • l’offesa deve essere ingiusta, ciò non solo quando sia cagionata ai danni di un essere umano, ma anche di animali od oggetti di proprietà altrui poiché il titolare vanta un obbligo di vigilanza;
  • il pericolo deve essere attuale, ovvero così probabile da essere incombente e perdurante;
  • il pericolo non deve essere stato determinato volontariamente dall’agente, cioè colui che reagisce difendendosi non deve aver causato il pericolo, né essere il frutto di un impeto vendicativo postumo rispetto all’origine.

Sono invece caratteristiche della reazione:

  • la costrizione, implica il conflitto di interessi nell’aggredito che si trova al bivio tra reagire o essere offeso: non si parla di costrizione quando il soggetto agente ha intenzionalmente causato il pericolo, ne ha accettato le conseguenze o poteva evitare la minaccia attraverso la fuga;
  • la necessità di difendersi, cioè la reazione è l’unica scelta alla quale non è possibile sottrarsi per evitare l’offesa e sia idonea a neutralizzarla;
  • proporzionalità con l’offesa, ad esempio non è proporzionato uccidere a bastonate chi si limitava a spintonare.

Relativamente alla proporzionalità ci si chiede se debba sussistere tra il male minacciato e quello inflitto, oppure tra i mezzi utilizzati dall’aggressore e quelli a disposizione dell’aggredito.

Innanzitutto, occorre specificare che la reazione debba coinvolgere l’aggressore, quindi, la proporzione tra l’offesa minacciata e la reazione di chi è aggredito (pensiamo nel caso in cui venissero utilizzate delle armi), non è oggetto di una valutazione del giudice ma anzi viene presunta a priori.

Questo è un caposaldo della nuova disciplina prevista dalla Legge 36/2019, in tema di legittima difesa domiciliare. Vediamo di seguito le novità introdotte.

La legittima difesa domiciliare

La Legge 26 aprile 2019, n. 36, intitolata “Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa”, ha operato alcuni correttivi relativamente all’articolo 52 del Codice Penale  prevedendo dei presupposti applicativi specifici in tema di legittima difesa domiciliare, ovvero i casi in cui occorra difendersi in casa propria o nei luoghi in cui abitualmente si espletino le proprie attività quotidiane.

Innanzitutto, il nostro ordinamento parla di domicilio non solo come abitazione attuale, ma anche la casa non ancora abitata dal proprietario.

In generale però il concetto di dimora privata è più ampio e comprende anche tutti quei luoghi che non sono adibiti ad abitazione ma che vengono utilizzati stabilmente e con frequenza per la vita quotidiana: ad esempio l’ufficio, l’esercizio commerciale che si possiede, gli studi professionali ecc.

Per la legge, sussiste sempre il rapporto di proporzionalità tra difesa ed offesa.
A ben vedere, però, anche la disciplina precedente prevedeva una simile valutazione, tanto che parte della dottrina ha ritenuto ininfluente il correttivo apportato e che, dal precedente “sussiste”, è passata al “sussiste sempre”.

Inoltre, agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione compiuta, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone.

Quanto previsto introduce la presunzione di una legittima difesa, non già valutata alla stregua della proporzionalità tra reazione e aggressione, ma della causa di esclusione nel suo complesso. Questo permette il venir meno dei requisiti previsti, come l’attualità e l’incombenza del pericolo, e la necessità di difendersi in maniera estemporanea.

Il termine violenza utilizzato, comprende la violenza sulle persone e la violenza sulle cose (pensiamo all’effrazione) fa riferimento all’unico presupposto richiesto: l’intrusione qualificata a cui si reagisce. La reazione, cioè il respingimento, altro non è che un atto semplicemente consequenziale a livello cronologico e con finalità impeditive, rimanendo del tutto irrilevante l’esito o le modalità.

A questo proposito, la legge non esplicita chiaramente se la “minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica” deve essere una semplice ostentazione degli strumenti che si utilizzerebbero o una minaccia verbale.

La Legge n. 36/2019, oltre ad intervenire sull’art. 52 c.p., ha poi operato delle revisioni anche in altri ambiti, quali:

  • la responsabilità in ambito civile, ex art. 2044 c.c.

La norma prevede che non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri, ma con i correttivi il legislatore ha previsto che il danneggiato – in caso di eccesso di legittima difesa – ha diritto ad un’indennità valutata dal giudice in base alla gravità e alle modalità poste in essere dal danneggiato;

  • l’eccesso colposo, ex art. 55 c.p.

In caso di eccesso di legittima difesa non è punibile chi ha commesso il fatto per proteggere sé o altri e abbia agito in condizioni di minorata difesa o in preda al turbamento derivato dal pericolo in atto;

  • la violazione di domicilio, ex art. 614 c.p.

La pena minima è stata raddoppiata disponendo 1 anno di reclusione, così come la pena massima che ora è di 5 anni di reclusione;

  • il furto in abitazione, ex art. 624 bis c.p.

Anche qui sono state operate delle revisione per la pena: ora è pari a 4 anni di reclusione per la pena minima, mentre 7 anni per la pena massima. Inoltre, in caso di condanna, la sospensione condizionale della pena, quale forma di beneficio, può essere concessa solo dimostrando di aver adempiuto al risarcimento a favore della persona offesa;

  • il furto aggravato ex art 625 c.p.

Adesso la pena minima è di 5 anni di reclusione e la multa è pari a 1000 €;

  • la rapina, ex art. 628 c.p.

La pena massima è rimasta invariata con i suoi 10 anni di reclusione, la pena minima invece è passata dai 4 anni precedentemente previsti, a 5 anni adesso.

Cosa succede in caso di eccesso di legittima difesa

Non di rado si sente parlare, anche grazie ai fatti di cronaca, di eccesso di difesa.

Cosa significa questa espressione? Cosa succede in caso di una legittima difesa eccessiva?

Come visto, affinché la difesa possa essere ritenuta legittima deve esserci un rapporto di proporzionalità tra l’offesa che si cagiona e la reazione che si attua per proteggersi.

Tutto ciò che travalica questa proporzione, può essere configurato come eccesso di legittima difesa.

Vediamo meglio cosa significa questa espressione con degli esempi.

L’eccesso colposo è previsto dall’articolo 55 del Codice Penale e, nella previsione della legittima difesa, è possibile distinguere tra:

  • eccesso doloso, ovvero quando la reazione è esagerata e voluta come tale dall’agente proprio per danneggiare maggiormente il proprio aggressore.

Facciamo l’esempio di un ladro, Caio, che di notte si introduca in una casa credendola vuota ma, non appena accortosi della presenza della famiglia, si dia alla fuga. Parleremmo di eccesso doloso di legittima difesa nel caso in cui Tizio si svegliasse, inseguisse il Caio che si sta allontanando e lo accoltellasse.

In questo caso non si potrà invocare la legittima difesa, poiché il ladro dandosi alla fuga stava desistendo dal compiere un reato e non stava mettendo in pericolo alcun bene.

  • eccesso colposo, la difesa provoca un danno non voluto: la colpa sta nella sopravvalutazione dell’entità del pericolo.

Per esempio: Mevio sorprende Sempronio, borseggiatore, mentre gli sottrae il portafoglio e repentinamente afferra quest’ultimo per la gola. Sempronio, per difendersi, estrae un cacciavite ma Mevio comincia a sferrare dei colpi al borseggiatore causandogli escoriazioni, ematomi, frattura delle ossa nasali e traumi vari.

In tema di eccesso colposo per legittima difesa dell’aggredito, questi non verrà assolto ma piuttosto il reato di cui è chiamato a rispondere sarà connotato della colpa – ovvero dell’aver compiuto l’azione con imprudenza, imperizia, negligenza o non attenendosi alle regole di disciplina e di stampo normativo.

Nel caso di Mevio che sorprende il borseggiatore e al quale causa fratture ed ecchimosi, Mevio risponderà del reato di lesioni colpose.

La legittima difesa nel codice civile italiano

Il tema della legittima difesa assume precisi connotati anche nell’ambito del diritto civile, così come prevede l’art. 2044 del Codice Civile.

La legittima difesa infatti è idonea ad escludere la responsabilità del fatto illecito ma, affinché ciò sia possibile, occorre verificare gli elementi di proporzione e necessità di difesa.

Sul punto è intervenuta la Cassazione Civile, sez. III, con la sentenza n. 187999 del 28 agosto 2009 con cui ha ritenuto applicabile la legittima difesa nel caso in cui il creditore impedisca di fatto al debitore, minacciando azioni giudiziarie, la dispersione dei propri beni mobili attraverso l’alienazione a terzi.

La legittima difesa nella giurisprudenza e nella dottrina

Configurare la legittima difesa e i casi di eccesso colposo o doloso è particolarmente discusso e sul punto, nel corso del tempo, si sono susseguite molteplici sentenze.

A proposito della legittima difesa in generale, la Cassazione penale, sez. I, con sent. n. 3200 del 15 marzo del 2000 giunge alla conclusione che l’esimente della legittima difesa non è applicabile nel caso in cui il soggetto non agisce nella convinzione, sia pure erronea, di dover reagire a scopo difensivo, ma anzi per risentimento o ritorsione contro chi lo aggredisce.

Così come, in tema di attualità del pericolo, la Cassazione penale, sez. I, con sent. n. 5853 del 19 maggio 1978, dispone che l’attualità del pericolo non permane anche dopo che l’aggressione al diritto sia cessata per qualsiasi motivo (per desistenza dell’aggressore o per l’impossibilità di offendere) per cui, se il titolare del diritto violato ciò nonostante passi all’offensiva, non si potrà parlare di legittima difesa.

A proposito invece della non volontarietà del pericolo, la Cassazione in data 1 agosto 2018, con sent. 37289, ha ritenuto non invocabile la legittima difesa, neppure putativa, da parte di chi abbia innescato o accettato una sfida o un duello, oppure abbia attuato una spedizione punitiva nei confronti degli avversari, mancando il requisito – anche se erroneo – di dover agire per difendersi.

Per la necessità di difendersi, ovvero innanzi al bivio tra reagire e subire, la Corte di Cassazione del 6 febbraio 2004, con sent. n. 5697, ha ritenuto non invocabile l’esimente qualora l’agente abbia avuto la possibilità di allontanarsi dall’aggressore, dandosi alla fuga, senza pregiudizio o disonore. Nel concreto, il caso riguardava l’omicidio pluriaggravato dell’aggressore commesso dal soggetto che avrebbe potuto evitare lo scontro e che, una volta raggiunta l’automobile con cui si era recato al punto d’incontro, si sia presentato armato per ucciderlo.

E’ possibile parlare di legittima difesa anche in virtù del respingimento dei migranti.

Il diritto al non-respingimento (detto anche “non refoulement”) in un Paese non sicuro – così come previsto all’art. 33 della Convenzione di Ginevra – rappresenta uno dei principi consuetudinari del diritto internazionale, su cui si è pronunciata anche più di recente la Corte di Cassazione, con sent. n. 15869 del 26 aprile 2022 secondo cui il diritto al non subire il respingimento è un diritto invocabile non solo dai "rifugiati" ma da qualsiasi essere umano che possa essere respinto verso una nazione in cui sussista un ragionevole rischio di subire un pregiudizio alla propria vita, alla libertà o all’integrità psicofisica.

Con la sentenza, la Cassazione aveva infatti annullato la condanna per i reati di violenza e di resistenza a pubblico ufficiale per gli imputati, immigrati clandestini, che avevano reagito con violenza alla decisione del comandante della nave deciso a riportarli in Libia, ritenendo integrata la scriminante della legittima difesa.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Intelligence istituzionale e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea. Nel corso degli anni ho preso parte a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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