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17 Novembre 2023
13:00

Carne coltivata, cos’è, da dove proviene e cosa sono i Novel Food

Per “carne coltivata", si intende quella carne prodotta in laboratorio e sviluppata da colture di cellule animali non prodotta attraverso l’allevamento e la macellazione di animali vivi. Ma questo nuovo tipo di alimento pone grossi dubbi sulla commercializzazione di un prodotto che seppur prodotto in maniera "sostenibile" forse così sostenibile non è dato l'enorme consumo di energia che richiede la produzione di tale alimento. La produzione di energie rinnovabili sarà quindi essenziale se si vuol produrre e commercializzare questo tipo di prodotti, che però devono sempre tener conto della tradizione enogastronomica dei singoli paesi.

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Carne coltivata, cos’è, da dove proviene e cosa sono i Novel Food
Avvocato - Comitato Diritto Lexplain
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Per “carne coltivata", si intende quella carne prodotta in laboratorio e sviluppata da colture di cellule animali non prodotta attraverso l’allevamento e la macellazione di animali vivi.

E’ di poche ore fa la notizia dell’approvazione, da parte della Camera, del divieto di produrre e commercializzare la carne coltivata e tra le altre cose la legge impone anche il divieto di chiamare "carne" i prodotti che contengono proteine vegetali.

Ma che cos’è la carne coltivata? e cosa sono i Novel Food? Proviamo a fare brevemente chiarezza in questo articolo.

Cos’è la carne coltivata e come si produce

La carne coltivata o “clean meat”, per indicarne il minore impatto ambientale (oltre che la minore presenza di contaminazioni), non è nient’altro che un alimento originato da cellule prelevate dal muscolo di un qualsiasi animale e fatte crescere in una provetta in un laboratorio, “spinta”dall’uso di particolari proteine.

La scienza ritiene che una volta avviata la crescita, il processo cellulare continui in scala senza l’aggiunta di nuovi stimoli portando quindi ad una crescita illimitata.

Ma cosa spinge i ricercatori a sperimentare la “coltura” di una bistecca?

Base di queste ricerche è sicuramente la volontà, anche per venire incontro alle crescenti esigenze ambientali,  di andare a sostituire, la produzione di carne, così come ottenuta fino ad ora, spesso con allevamenti intensivi, in maniera meno impattante sull’ambiente.

Strategia, questa, che risponde ad un mercato sempre più volto a tutelare il pianeta, gli animali e l’ambiente e, quindi, si contraddistingue(rebbe) per il suo intrinseco valore etico.

La problematica attuale sono chiaramente i costi per la produzione oltre alle tradizioni enogastronomiche e culturali dei vari paesi.

Ad esempio se facessimo mangiare carne coltivata ad un toscano questo ci potrebbe tacciare di blasfemia.

Di contro, i ricercatori sostengono, però, che il consumo di acqua per la produzione della carne coltivata potrebbe essere molto ridotto rispetto a quello degli allevamenti tradizionali e allo stesso modo sarebbero ridotte le emissioni in aria e in acqua derivanti dai gas e dalle deiezioni prodotte dagli animali allevati che, come sappiamo, costituiscono la fonte secondaria di inquinamento a livello mondiale, a cui si aggiunge l’enorme impatto degli allevamenti intensivi sulla biodiversità.

E allora perchè tutto questo trambusto?

Innanzitutto perchè si tratta di un alimento nuovo, che seppur prodotto con le migliori tecniche e quindi sicuro da un punto di vista procedurale, allo stato sono ignoti gli effetti che questo potrebbe produrre sul lungo periodo, in secondo luogo perchè secondo un noto ricercatore  ambientale dell’Università di Oxford, dal momento che per produrre carne coltivata in laboratorio, è necessaria una enorme quantità di energia, la produzione di questo “Novel food”, potrebbe addirittura vanificare la riduzione del carbonio dovuto alla riduzione degli allevamenti ed infine perchè, dati gli elevati costi di produzione, anche il prezzo al consumatore sarebbe molto più alto di quello di una normale bistecca tradizionale senza che però la carne coltivata abbia gli stessi valori nutrizionali e lo stesso sapore di una bistecca tradizionale.

Vediamo però, più precisamente cosa sono questi "Novel Food”.

Cosa sono i Novel Food

Per Novel Food si intende un alimento che non era stato consumato in misura significativa dall’uomo nell’UE prima del 15 maggio 1997, data in cui è entrato in vigore il primo regolamento europeo sui nuovi prodotti alimentari.

I “Novel Food” possono essere alimenti innovativi di nuova concezione, alimenti prodotti utilizzando nuove tecnologie e nuovi processi di produzione, nonché alimenti che sono o sono stati tradizionalmente consumati al di fuori dell’UE.

Ovviamente l’elenco di questi alimenti non è fisso, esso si accresce sempre di più, grazie anche alla globalizzazione che mette in contatto popoli diversi, ma anche grazie alla ricerca continua di nuove fonti di nutrienti in favore della sostenibilità ambientale.

Una delle fonti primarie relative a questi nuovi alimenti è il Regolamento (CE) 258/97 il quale definisce anche i criteri sulla base dei quali vengono immessi sul mercato i novel food e che sono principalmente 3:

  • non devono avere rischi per il consumatore;
  • non devono trarre in inganno il consumatore se proposti come sostituti di altri alimenti,
  • non devono avere svantaggi nutritivi.

Inoltre, sempre lo stesso Regolamento, precisa che in etichetta, i novel food devono riportare la presenza eventuale di ingredienti o sostanze che possono avere ripercussioni etiche o per la salute, ed soprattutto la presenza eventuale di OGM (Organismi Geneticamente Modificati).

Esempi di novel food li abbiamo avuti anche nel corso della storia passata, anche prima del 1997, quando si sono diffusi in Europa “nuovi alimenti” come banane, pomodori, mais, riso e moltissime spezie.

Oggi i novel food comprendono non solo alimenti ma anche tipologie di produzione, nuove fonti alimentari, che vengono usate per la creazione di nuovi cibi e nuovi estratti usati in integratori alimentari, vedi l’alga spirulina.

La normativa europea sui Novel food

L’immissione sul mercato della carne coltivata e il conseguente relativo controllo ai fini di garantire la sicurezza dei consumatori è. come sempre, regolamentato dal diritto dell’Unione Europea.

In particolare, in seguito a un’interrogazione parlamentare, è stato individuato il punto di riferimento legislativo in materia di carne coltivata nel Regolamento n. 2015/22834, relativo ai cosiddetti “novel food”, che sono come abbiamo detto quei cibi innovativi, tra cui ricadono anche i molto discussi insetti.

Personalmente ho assaggiato le patatine prodotte con la farina di insetto e le ho trovate buone ed uguali alle altre (Ndr)

Il Regolamento sui Novel Foods disciplina le norme per l’immissione dei nuovi alimenti nel mercato interno dell’Unione, garantendone l’efficace funzionamento e assicurando un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori.

Ai sensi dell’articolo 7 del Regolamento Novel Foods, quindi, la carne coltivata può essere inserita nell’elenco dei Novel Food dell’Unione, cosa che permette la conseguente l’immissione nel mercato comunitario, a condizione che:

  • in base alle prove scientifiche disponibili, l’alimento non presenti un rischio di sicurezza per la salute umana;
  • l’uso previsto dell’alimento non induca in errore i consumatori, in particolare nel caso in cui l’alimento sia destinato a sostituire un altro alimento e vi sia un cambiamento significativo nel suo valore nutritivo;c) se l’alimento è destinato a sostituire un altro alimento, non ne differisce in maniera tale da rendere il suo consumo normale svantaggioso per il consumatore sul piano nutrizionale».

Come precisato dal comma 6 del medesimo articolo, infatti, gli Stati Membri possono esprimere pareri in merito all’aggiornamento dell’elenco, che la Commissione potrà tenere in considerazione nel caso in cui ritenga di rifiutare la domanda.

L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) è, poi, tenuta a pronunciarsi, entro un termine di 9 mesi, sulla domanda presentata da chi vuole immettere tali alimenti sul mercato, non prima però di aver ricevuto il benestare dei diversi comitati presenti al suo interno i quali valutano, attraverso parametri e studi scientifici, la salubrità degli alimenti e la loro sicurezza sia prima della loro immissione sul mercato che successivamente.

Non a caso, l’EFSA ha sede a Parma, una delle aree dell’Unione maggiormente interessata dalla presenza di stabilimenti addetti alla produzione di alimenti derivanti da animali.

In particolare, nel caso della carne coltivata, l’EFSA è tenuta a considerare se:

  • il nuovo alimento potrebbe avere effetti nocivi sulla salute umana;
  • il suo livello di sicurezza per la salute è almeno pari a quello di alimenti che rientrano in una categoria comparabile di alimenti già presenti sul mercato;
  • il suo consumo è svantaggioso sul piano nutrizionale nel momento in cui sia destinato a sostituire un altro alimento.

Vediamo quindi che oltre alle condizioni, necessarie all’immissione nel mercato del nuovo alimento e la cui valutazione spetta alla Commissione, emerge un nuovo elemento di considerazione ovvero quello relativo al livello di sicurezza paragonato a quello di alimenti comparabili già esistenti sul mercato.

Nel caso della carne coltivata, che per sua natura è chiaramente progettata per sostituire un alimento già esistente e comparabile, in particolare sul piano nutrizionale, la Commissione avrà tutto l’interesse a dimostrare un’intensificazione dei controlli coinvolgendo l’EFSA, soprattutto in virtù delle implicazioni sociali, economiche e culturali che questo prodotto avrebbe sull’opinione pubblica e sul mercato.

Questo quadro normativo, che vede il coinvolgimento di molteplici organi deputati alla salvaguardia della sicurezza del mercato alimentare dell’Unione, è di per sé idoneo a garantire che, nel caso in cui la carne coltivata fosse effettivamente pericolosa per la salute umana, non potrebbe e non verrebbe immessa nel mercato, dal momento che, giova ricordarlo, in questa fase siamo ancora in una fase di sperimentazione e non commercializzazione del prodotto.

Tuttavia, se si pensa alle particolari modalità di produzione della carne coltivata, risulta evidente che vi siano ulteriori prescrizioni applicabili alla sua immissione nel mercato e che impatterebbero anche sulla commercializzazione.

Gli operatori del settore, infatti, dovrebbero agire facendo riferimento non più alla «buona tecnica agraria» ma alle regole relative alle «buone pratiche di laboratorio», così come armonizzate della Direttiva 2004/108, oltre, ad esempio, alla normativa in materia di prove tossicologiche, disciplinate dal Regolamento n. 1907/20069.

Il quadro normativo di riferimento potrebbe includere, in considerazione delle tecniche e dei materiali utilizzati, anche la disciplina riservata agli organismi geneticamente modificati e in particolare il Regolamento 1829/03 relativo agli alimenti «prodotti a partire da o che contengono ingredienti prodotti a partire da Ogm» e i mangimi «prodotti a partire da Ogm».

In sintesi, la normativa applicabile, quindi, trascende quella molto chiara del Regolamento sui novel foods, che disciplina principalmente le modalità di immissione nel mercato europeo.

Esempio di Novel food fino ad oggi

L'elenco dei novel foods è oggi molto lungo e in continuo aggiornamento, di seguito pubblichiamo a livello esemplificativo e non esaustivo un esempio di questi nuovi alimenti, vengono,infatti, considerati nuovi alimenti i prodotti con le seguenti caratteristiche:

  • alimenti o ingredienti alimentari con la molecola modificata o di nuova sintesi;
  • alimenti o ingredienti isolati da funghi o alghe o contenenti microrganismi in genere;
  • alimenti o ingredienti prodotti a partire da vegetali o animali;
  • alimenti o ingredienti che seguono un processo di produzione nuovo che porta alla modifica del valore nutritivo e degli eventuali allergeni o sostanze tossiche presenti

I novel food, quindi, riguardano anche l'eventuale immissione sul mercato di prodotti derivanti o costituiti da insetti e frutti non autoctoni, così come anche gli alimenti prodotti a partire da animali clonati e nanotecnologie.

Non fanno invece parte dei novel foods, oltre agli alimenti OGM, (dato che per il loro particolare grado di complessità, sono regolamentati in modo specifico),  anche enzimi, additivi e aromi, nonchè vitamine e minerali.

Fra i novel food oggi autorizzati rientrano quelli utilizzati anche all'interno di integratori alimentari o usati come tali, fra cui: baobab, alga spirulina, semi di chia e olio di krill. Altri novel food approvati sono: il licopene, il lattitolo, estratto di cocco in polvere sgrassato, l'estratto di fagioli neri e diversi olii estratti da batteri e funghi.

Il cannabidiolo, estratto dai fiori e dalle foglie della canapa, è una sostanza rilassante che più volte ha seguito l'iter di approvazione come novel food.

I semi di canapa sono autorizzati nella varietà a basso Thc, cioè il composto con azione psicotropa e stupefacente.

Allo stato però, i derivati delle foglie e fiori della canapa non sono ammessi.

Il cannabidiolo non ha, quindi, superato l'autorizzazione come novel food e non è quindi consentito come ingrediente negli alimenti e integratori, questo perchè nonostante la canapa sia un prodotto tradizionale, il suo olio è spesso contaminato da Thc, ragione per cui viene considerato un farmaco.

Gli insetti come Novel Food

Gli insetti sono un caso di novel food particolare, in quanto sono prodotti tradizionali di molti paesi al di fuori dell'Unione Europea, ed in linea teorica non vi sarebbero ostacoli nella loro commercializzazione.

Il problema sta nelle stringenti prove di sicurezza chimiche e tossicologiche che i produttori devono fornire alla Commissione europea, tutte analisi che vengono a costare al produttore circa 100 mila euro in tutto.
Fra i derivati da insetti, la bava di lumaca è ammessa come componente di integratori alimentari, che a livello legislativo sono equivalenti agli alimenti.

Nel gennaio del 2021, l‘EFSA ha espresso il suo primo parere sui prodotti alimentari derivanti da insetti.

L'organismo afferma che è molto difficile valutare la composizione degli alimenti derivanti da insetti commestibili.

Inoltre, l'EFSA aggiunge che il contenuto proteico di questi prodotti, motivo per cui vengono spesso ritenuti vantaggiosi per la salute, può essere sovrastimato a causa della presenza di chitina in alcuni di essi.

Resta, infine, da chiarire ciò che riguarda le possibili reazioni allergiche che alcune proteine provocano.

Le possibili reazioni allergiche possono essere provocate anche dai mangimi degli insetti, o da reazione crociata con altri allergeni. In aggiunta, la diversità degli insetti è enorme e non aiuta nella determinazione di un parere univoco circa la loro messa in commercio come prodotto alimentare.

L'uso degli insetti come novel food è visto e riconosciuto dall'EFSA stessa come vantaggioso per la sostituzione di fonti proteiche con maggiore impatto ambientale, come la carne, ma la commercializzazione di questi prodotti incontrano il disgusto e la diffidenza dei popoli che per tradizione non sono abituati a consumare insetti.

Concludendo, l’utilizzo di Novel Food è spesso ostacolato, non solo dalle loro modalità di produzione ma spesso, come nel caso degli insetti, anche dalla diffidenza dei vari popoli, che hanno bisogno di tempo per abituarsi alle novità e superare le proprie tradizioni.

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Marco D'Amico
Avvocato - Comitato Diritto Lexplain
Mi sono laureato all'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli con una tesi in diritto amministrativo, materia nella quale mi sono poi specializzato. Collaboro dal 2009 con Aldo Sandulli, professore ordinario di diritto amministrativo presso l’Università Luiss Guido Carli. Sono Cultore della materia in diritto amministrativo presso l’università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Nel 2010 ho partecipato alla costituzione della Rivista Giuridica MUNUS, sui Servizi Pubblici, fondata dai professori Aldo Sandulli e Giacinto della Cananea. Nel 2022 ho conseguito un master in Diritto Pubblico Europeo presso l’European Public and Law Organizzation e nel 2023 un master in Diritto Impresa e Sicurezza Agroalimentare con una tesi sulla tutela dei prodotti agroalimentari e del marchio “Made in Italy”presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.
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