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23 Febbraio 2024
9:00

Abbandono del tetto coniugale: cos’è, quali sono i rischi e cosa comporta

L’abbandono del tetto coniugale è una violazione dei doveri coniugali (art. 143 c.c.): ovvero la scelta del coniuge di andar via di casa e in maniera definitiva, lasciando il partner e, se presenti, i figli.

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Abbandono del tetto coniugale: cos’è, quali sono i rischi e cosa comporta
Dottoressa in Giurisprudenza
Abbandono del tetto coniugale: cos’è, quali sono i rischi e cosa comporta

Abbandonare il tetto coniugale significa violare i doveri matrimoniali di coabitazione, fedeltà, collaborazione e assistenza sorgenti a seguito del matrimonio e per questo si tratta di un illecito civile.

Le relazioni matrimoniali non sono semplici e per svariate ragioni possono sorgere delle problematiche che portino i coniugi ad allontanarsi.

Le criticità possono acuirsi fino al punto di rottura estremo, ovverosia nel momento in cui uno dei due decida di andare via di casa in maniera definitiva.

Quando ciò avvenga senza il consenso del partner oppure in assenza di un confronto, cioè senza che il coniuge sappia della decisione dell’altro, può parlarsi di abbandono del tetto coniugale e arrivare al punto di una separazione con addebito.

Vediamo in modo chiaro e dettagliato cosa significa andare via di casa in un momento di crisi coniugale, quali sono i rischi e le conseguenze di questa scelta.

Abbandono del tetto coniugale cosa significa?

L’abbandono del tetto coniugale definisce il comportamento del coniuge che, in maniera volontaria, decide di andare via di casa e non farvi ritorno.

Ciò significa che il coniuge decide di allontanarsi dalla casa in cui abita lasciando il partner e, se presenti, i figli.

E’ lampante come scegliere di abbandonare casa sia una decisione difficile da affrontare e che per questa ragione è il risultato di uno stato di profonda crisi che il matrimonio attraversa, spesso accompagnato dall’impossibilità di creare un dialogo con la persona che si ha accanto.

Per questa ragione, è bene fare attenzione e non confondere il caso in cui uno dei due abbia bisogno di un periodo momentaneo per una “pausa di riflessione”, rispetto all’ipotesi di fare le valigie e lasciare il tetto condiviso con la famiglia.

Abbandonare la casa coniugale può essere dovuto a vari motivi ma, nel caso in cui non vi siano ragioni a giustificazione, il coniuge può andare incontro ad alcune conseguenze sia civili che penali.

Il dovere di convivenza

Abbandonare la casa coniugale è una violazione dei doveri coniugali sanciti dalla legge.

Si tratta, infatti, di diritti e doveri reciproci sorgenti a seguito del matrimonio e indicati all’art. 143 c.c.:

  • l’obbligo di fedeltà;
  • l’obbligo di assistenza morale e materiale;
  • il dovere di collaborazione nell’interesse del nucleo familiare;
  • il dovere di coabitazione.

Il dovere di convivenza impone a seguito del matrimonio un obbligo di condivisione del tetto, ovvero convivere nella stessa casa.

Scegliere di andare via di casa in maniera definitiva e senza averne discusso con il coniuge rappresenta un’interruzione della coabitazione matrimoniale e, in quanto tale, costituisce un illecito civile che può avere ripercussioni anche penalmente rilevanti.

Quando è consentito lasciare la casa coniugale

E’ opportuno precisare che vi sono situazioni per le quali è fatta salva la possibilità di abbandonare la casa coniugale senza ripercussioni dal punto di vista giuridico.

La legge parla di vere e proprie situazioni di “giusta causa”, ovvero quando sia dovuto ad esigenze particolari ed eccezionali come:

  • quelle di carattere lavorativo, che portino i coniugi a vivere per esempio in città diverse;
  • il coniuge è vittima di maltrattamenti in famiglia, per cui l’abbandono del tetto coniugale rappresenta una forma di autotutela;
  • la preesistente crisi coniugale dovuta ad altri motivi e addebitabile all’altro coniuge, come nel caso del tradimento;
  • ove sussistano accesi contrasti con la famiglia d’origine del partner;
  • prolungata assenza di intimità tra i coniugi.

Ad eccezion fatta del primo caso, tutte le altre situazioni richiamate consentono al coniuge di lasciare la casa coniugale solo nel caso in cui la convivenza non sia più tollerabile.

Alla luce di ciò, talvolta i coniugi, in presenza di una crisi matrimoniale grave perdurante e preesistente, possono scegliere di interrompere la convivenza di comune intesa e sancirlo con un accordo scritto.

Stiamo parlando della cd. separazione di fatto attraverso i quali i coniugi scelgono di procedere per vie legali, pur mantenendo gli altri obblighi civili del matrimonio (come il dovere di fedeltà.

L’abbandono della casa coniugale per breve tempo

La legge intende sanzionare la scelta definitiva e autonoma di abbandono del tetto coniugale, ovvero il caso in cui il coniuge scelga di andare via di casa senza voler ritornare sui propri passi.

Si tratta di situazioni in cui la persona che va via non indica un termine, neppure breve, entro cui intenderà ritornare sotto lo stesso tetto del partner.

Per questa ragione è bene distinguere il caso in cui il coniuge si allontani per un breve periodo (per esempio, un fine settimana) o a seguito di una litigio che non abbia ripercussioni durature sul rapporto di matrimonio.

Nel caso in cui il partner si allontani per un lasso di tempo breve, oppure faccia ritorno a casa, o ancora indichi entro quanto tempo farà rientro, non è possibile parlare di abbandono della casa coniugale.

I rischi dell’abbandono della casa coniugale: l’addebito della separazione e il risarcimento

Violare i diritti e i doveri reciproci nati a seguito del matrimonio come nel caso di abbandono del tetto coniugale in maniera ingiustificata non è cosa da poco.

In sede di separazione giudiziale, la conseguenza può essere quella di ottenere dal giudice la sentenza di separazione con addebito nei confronti del coniuge inosservante. Si tratta di uno degli effetti della separazione sui rapporti patrimoniali della coppia.

La richiesta per l’addebito può anche essere avanzata dal coniuge incolpevole, cioè da chi abbia l’intenzione di ottenere una prova irreversibile del fatto che la fine del matrimonio, e quindi del dovere di convivenza, sia di esclusiva responsabilità dell’altro.

Per evitare la pronuncia di addebito, la parte dovrà dimostrare i fatti che abbiano reso intollerabile e non perseguibile la convivenza indicando tutte quelle circostanze preesistenti e indipendenti dall’aver abbandonato la casa definitivamente.

E’ opportuno specificare però, che il coniuge che subisca la scelta di abbandono del tetto coniugale dell’altro, può anche avanzare una richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale.

Tale istanza di risarcimento è indipendente dalla pronuncia di addebito della separazione.

Quali sono le conseguenze dell’abbandono del tetto coniugale

Il coniuge responsabile della scelta unilaterale di andar via di casa senza farvi ritorno e nei cui confronti venga emessa la sentenza di addebito incorrerà in alcune conseguenze.

Come abbiamo visto, l’abbandono del tetto coniugale rappresenta una violazione dei diritti e dei doveri coniugali e in quanto tale è un illecito civile.

Le implicazioni sostanziali per il coniuge colpevole in caso di addebito della separazione sono:

  • perdita del diritto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento;
  • perdita dei diritti di successione in caso di decesso del partner;

Per questa ragione, abbandonare il tetto coniugale può avere ripercussioni anche dal punto di vista economico.

Esiste il reato di abbandono del tetto coniugale?

No, l’abbandono della casa coniugale non è più previsto dalla legge come reato.

Tuttavia, in presenza di alcune circostanze, è possibile che il partner che abbandoni il tetto familiare sia chiamato a rispondere del reato ex art. 570 c.p., cioè di Violazione degli obblighi di assistenza familiare.

E’ il caso in cui il partner vada via di casa lasciando in difficoltà economiche la propria famiglia, sottraendosi così ai doveri coniugali di reciproca assistenza e collaborazione nell’interesse della famiglia.

In questo caso, il reato è punito con il carcere fino a 1 anno oppure la multa da 103 a 1.032 euro.

Spetterà al coniuge che è andato via di casa, onde evitare la condanna per violazione degli obblighi di assistenza familiare, dimostrare di non avere le risorse economiche sufficienti per vivere autonomamente e per questo non poter occuparsi della famiglia.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Intelligence istituzionale e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea. Nel corso degli anni ho preso parte a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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