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15 Febbraio 2024
9:00

Le differenze tra responsabilità civile contrattuale ed extracontrattuale

La responsabilità civile sorge in seguito a un inadempimento di un’obbligazione oppure se si commette un fatto illecito. Nell’ambito della categoria della responsabilità civile si possono individuare la responsabilità contrattuale, che consegue all’inadempimento di un’obbligazione derivante da contratto e la responsabilità extracontrattuale, che deriva dalla commissione di un fatto illecito. Vediamo le differenze tra le due tipologie di responsabilità.

Le differenze tra responsabilità civile contrattuale ed extracontrattuale
Avvocato
Le differenze tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale

La responsabilità civile sorge in seguito a un inadempimento di un’obbligazione oppure se si commette un fatto illecito.

Nell’ambito della categoria della responsabilità civile si possono individuare la responsabilità contrattuale, che consegue all’inadempimento di un’obbligazione derivante da contratto e la responsabilità extracontrattuale, che deriva dalla commissione di un fatto illecito.

Vi sono una serie di differenze tra le due tipologie di responsabilità, a cominciare dalla fonte, per poi giungere alla ripartizione dell’onere probatorio e al termine di prescrizione.

Vediamo di seguito quali sono le differenze tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.

Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: cosa sono e quando sorgono

La responsabilità contrattuale ed extracontrattuale sono ipotesi di responsabilità civile e sorgono quando non si adempie correttamente un’obbligazione (responsabilità contrattuale) oppure quando si commette un fatto illecito (responsabilità extracontrattuale).

Molto ricca la giurisprudenza in tema di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, con riferimento, ad esempio, alla valutazione della contemporanea sussistenza di entrambe le ipotesi di responsabilità.

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 7 gennaio 2021, n. 39 ha ad esempio stabilito che: “La vendita a terzi, con atto trascritto, di un bene immobile che abbia già formato oggetto, da parte del venditore, di una precedente alienazione si risolve nella violazione di un obbligo contrattualmente assunto nei confronti del precedente acquirente, determinando la responsabilità contrattuale dell'alienante, con connessa presunzione di colpa ex art. 1218 c.c.; per converso, la responsabilità del successivo acquirente, rimasto estraneo al primo rapporto contrattuale, può configurarsi soltanto sul piano extracontrattuale, ove trovi fondamento in una dolosa preordinazione volta a frodare il precedente acquirente o, almeno, nella consapevolezza dell'esistenza di una precedente vendita e nella previsione della sua mancata trascrizione e, quindi, nella compartecipazione all'inadempimento dell'alienante, in virtù dell'apporto dato nel privare di effetti il primo acquisto, al cui titolare incombe, di conseguenza, la relativa prova ex art. 2697 c.c.”.

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 28 dicembre 2023 n. 36270 ha invece effettuato una serie di chiarimenti in tema di concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: “Poiché, ai fini del concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, è necessario che il comportamento del debitore, avulso dalla fattispecie obbligatoria, rivesta un'autonoma rilevanza giuridica come atto illecito ex art 2043 c.c., in caso di perdita delle cose trasportate deve escludersi la responsabilità extracontrattuale del vettore o del subvettore nei confronti del proprietario di esse (sia questi il mittente o un terzo) per inadempimento dell'obbligazione accessoria della custodia, che non è configurabile al di fuori e indipendentemente dal contratto di trasporto”.

Sul punto la giurisprudenza tende dunque a ribadire che, per aversi concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, è necessario che il comportamento del debitore rivesta autonoma rilevanza giuridica come fatto illecito.

In caso contrario, i danni andranno risarciti entro il perimetro della responsabilità contrattuale.

Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: gli artt. 2043 cc e 1218 c.c. a confronto

Una prima differenza tra le due tipologie di responsabilità attiene ai riferimenti normativi.

Nel Codice civile, infatti, i riferimenti normativi in tema di responsabilità contrattuale sono contenuti, ad esempio, ex art. 1218 s.s.

In tema di responsabilità extracontrattuale, i riferimenti normativi sono contenuti, ad esempio, agli artt. 2043 c.c. e ss.

In base all’art. 1218 c.c. è stabilito che: “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

Quando un soggetto assume l’obbligo di eseguire una determinata prestazione e non lo fa oppure non lo fa esattamente, è tenuto al risarcimento del danno, a meno che non provi che l’inadempimento o il ritardo nell’adempimento siano stati determinati da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Il riferimento in tema di responsabilità extracontrattuale è invece il 2043 c.c., in base al quale: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Nell’ipotesi in cui si commetta un fatto illecito, dunque, sia esso colposo o doloso, sorge l’obbligo di risarcire il danno derivante da responsabilità extracontrattuale.

Gli elementi soggettivi

Per quanto concerne la responsabilità extracontrattuale, l’elemento soggettivo idoneo a farla insorgere è sia il dolo che la colpa.

L’illecito extracontrattuale, dunque, può essere sia colposo che doloso, ovvero commesso sia per negligenza che con volontà cosciente.

Stesso discorso va fatto per la responsabilità contrattuale: il dolo consiste nella volontà cosciente di ledere l’altrui diritto non adempiendo o adempiendo in modo inesatto la prestazione, mentre la colpa si sostanzia in un comportamento negligente che decreta l’inadempimento.

Con riguardo alla colpa prevista in tema di responsabilità contrattuale, tuttavia, vige una presunzione di colpa tracciata dall’art. 1218 c.c.

Spetterà dunque al debitore dimostrare l’assenza di colpa.

Responsabilità medica contrattuale o extracontrattuale?

In tema di responsabilità medica bisogna effettuare una distinzione tra la responsabilità della struttura sanitaria da quella del medico.

La giurisprudenza inquadra la responsabilità della struttura sanitaria nell’ambito del paradigma della responsabilità contrattuale derivante dal contratto di spedalità.

Il contratto di spedalità è un contratto atipico con cui la struttura sanitaria si impegna a offrire al paziente una serie di servizi di tipo assistenziale in ambito sanitario.

Con riferimento alla responsabilità del medico, la giurisprudenza ha inquadrato tale tipologia di responsabilità talvolta nell’ambito della responsabilità contrattuale, altre volte nella categoria della responsabilità extracontrattuale.

Secondo una parte della giurisprudenza, in particolare, la responsabilità medica sarebbe inquadrabile nell’ambito del paradigma della responsabilità contrattuale, derivante da “contatto sociale”.

Sulla base della teoria del “contatto sociale qualificato”, il medico e il paziente, a prescindere dalla sussistenza di un contratto, sono legati da un rapporto dal quale derivano diritti e obblighi specifici di lealtà e protezione dell’altrui sfera giuridica.

Se si opta per questa teoria, sarà il paziente a dover provare l’esistenza del contratto o il contatto sociale, il nesso di causalità tra condotta del medico e danno subito, e deve allegare l’inadempimento del medico idoneo a provocare il danno subito.

Il medico è invece tenuto a provare l’assenza di colpa.

Se si segue questa opzione, la prescrizione del danno è decennale.

A seguito della riforma operata con legge Gelli-Bianco, è stato tuttavia espressamente stabilito che la struttura sanitaria pubblica o privata  risponde,  ai  sensi degli articoli 1218 e 1228 del Codice  civile,  delle  condotte dolose o colpose.

L'esercente la professione sanitaria, invece, risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del  Codice civile,  salvo  che  abbia  agito  nell'adempimento  di  obbligazione contrattuale assunta con  il paziente.

A seguito dell’approvazione della legge Gelli-Bianco, dunque, la responsabilità della struttura sanitaria ricade nell’ambito della responsabilità contrattuale e quella del medico nella responsabilità extracontrattuale, a meno che non sia intercorso uno specifico contratto tra le parti.

In questo modo, il medico può beneficiare di una sostanziale inversione dell’onere probatorio poiché il paziente dovrà provare tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 2043 del Codice civile ovvero il danno, il nesso causale tra condotta e danno, nonché l’elemento soggettivo della colpa professionale.

In ipotesi di responsabilità extracontrattuale, inoltre, il termine di prescrizione è di cinque anni, mentre in ipotesi di responsabilità contrattuale il termine è di dieci anni.

Risarcimento dei danni e responsabilità medica

L’effettiva valutazione del danno e la liquidazione dello stesso in ipotesi di responsabilità medica richiede una serie di valutazioni particolarmente complesse.

La Corte di Cassazione, sezione III, con sentenza del 27 settembre 2021, n. 26117 ha stabilito che: “In tema di responsabilità medica, nell'ipotesi in cui il danneggiato abbia subìto, in seguito a cure incongrue causate dall'imperizia dei sanitari, l'aggravamento dei postumi di lesioni personali riportate in conseguenza di un infortunio sul lavoro (nella specie, sinistro stradale "in itinere" non ascrivibile a responsabilità di terzi), la liquidazione del danno derivante dal predetto aggravamento (cd. "danno iatrogeno differenziale") va operata, per un verso, secondo il criterio per cui l'indennizzo per danno biologico permanente erogato dall'INAIL a causa dell'infortunio, va detratto dal credito aquiliano per danno biologico permanente vantato dalla vittima nei confronti del terzo responsabile, al netto della personalizzazione del danno morale e, per altro verso, secondo il criterio per cui, ove l'indennizzo sia stato erogato sotto forma di rendita, la detrazione deve avvenire sottraendo dal credito civilistico il cumulo dei ratei già riscossi e del valore capitale della rendita ancora da erogare, al netto dell'aliquota destinata al ristoro del danno patrimoniale; pertanto, il "danno iatrogeno" va liquidato monetizzando, dapprima, il grado complessivo di invalidità permanente accertato "in corpore", indi il grado verosimile della predetta invalidità che sarebbe residuato dall'infortunio anche in assenza dell'errore medico, poi, detraendo il secondo dal primo. 

Il credito residuo vantato verso il responsabile dalla vittima che abbia percepito un indennizzo dall'INAIL va determinato, infine, sottraendo dal risarcimento per "danno iatrogeno" solo l'eventuale eccedenza dell'indennizzo INAIL rispetto al controvalore monetario del danno-base, cioè del danno che comunque si sarebbe verificato anche in assenza dell'illecito”.

La Corte di Cassazione a sezioni unite, con sentenza del 22 dicembre 2015, n. 25767 ha inoltre stabilito che: “In tema di responsabilità medica da nascita indesiderata, il nato disabile non può agire per il risarcimento del danno, neppure sotto il profilo dell'interesse ad avere un ambiente familiare preparato ad accoglierlo, giacché l'ordinamento non conosce il "diritto a non nascere se non sano", né la vita del bambino può integrare un danno-conseguenza dell'illecito omissivo del medico”.

Non si può dunque risarcire il diritto di un soggetto a non nascere se non sano.

La Corte di Cassazione, sez. III, con sentenza del 27 marzo 2014, n. 7195 ha chiarito che: “In tema di responsabilità medica, dà luogo a danno risarcibile l'errata esecuzione di un intervento chirurgico praticabile per rallentare l'esito certamente infausto di una malattia, che abbia comportato la perdita per il paziente della "chance" di vivere per un periodo di tempo più lungo rispetto a quello poi effettivamente vissuto. In tale eventualità, le possibilità di sopravvivenza, misurate in astratto secondo criteri percentuali, rilevano ai fini della liquidazione equitativa del danno, che dovrà altresì tenere conto dello scarto temporale tra la durata della sopravvivenza effettiva e quella della sopravvivenza possibile in caso di intervento chirurgico corretto”.

Può dunque essere risarcito anche se il medico ha commesso un errore nello svolgere  l’intervento effettuato per rallentare l’esito certamente infausto di una malattia.

In questa ipotesi, le possibilità di sopravvivenza vanno misurate in astratto secondo criteri percentuali.

Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: l’onere della prova

In ipotesi di responsabilità contrattuale, spetta al debitore provare di aver adempiuto esattamente o di non aver adempiuto per impossibilità della prestazione dovuta a causa a lui non imputabile.

La prova del danno subito spetta, invece, al creditore, il quale deve provare anche la fonte (legale o contrattuale) della responsabilità.

In ipotesi di responsabilità extracontrattuale, spetta al danneggiato provare il danno subito e l’elemento soggettivo: dolo o colpa.

Sul punto sono interessanti alcune pronunce della Cassazione con cui sono state effettuate importanti precisazioni.

La Corte di Cassazione, sez. I civile, con ordinanza del 4 settembre 2023, n. 25712: “In tema di concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione dell'evento dannoso, a norma dell'art. 1227 c.c. – applicabile, per l'espresso richiamo contenuto nell'art. 2056 c.c., anche nel campo della responsabilità extracontrattuale – la prova che il creditore-danneggiato avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento, usando l'ordinaria diligenza, deve essere fornita dal debitore-danneggiante che pretende di non risarcire, in tutto o in parte, il creditore. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che – in violazione del suddetto riparto dell'onere probatorio – aveva fondato un concorso di colpa del cliente sull'asserita negligente custodia di codici numerici, pur accertando, contestualmente, che la banca aveva dato esecuzione a quattro ordini di bonifico ravvicinati, su di un conto da anni non movimentato e senza svolgere ulteriori accertamenti, nonostante la macroscopica difformità delle firme ivi apposte rispetto allo "specimen" in possesso dell'istituto)”.

La Corte di Cassazione, sez. II, con sentenza del 3 ottobre 2019, n. 24738 ha invece stabilito: “La responsabilità precontrattuale derivante dalla violazione della regola di condotta, posta dall'art. 1337 c.c. a tutela del corretto dipanarsi dell'iter formativo del negozio, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, cui vanno applicate le relative regole in tema di distribuzione dell'onere della prova. Ne consegue che, qualora gli estremi del comportamento illecito siano integrati dal recesso ingiustificato di una parte, non grava su chi recede l'onere della prova che il proprio comportamento corrisponda ai canoni di buona fede e correttezza, ma incombe, viceversa, sull'altra parte l'onere di dimostrare che il recesso esuli dai limiti della buona fede e correttezza postulati dalla norma "de qua".

La Corte di Cassazione, sez. III, con sentenza del 18 marzo 2005, n. 5960: “Sia nell'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, sia in quella di responsabilità contrattuale, spetta al danneggiato fornire la prova dell'esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore. A tal fine l'art. 1218 cod. civ., che pone una presunzione di colpevolezza dell'inadempimento, non agevola la posizione del danneggiato in ordine alla prova dell'effettiva esistenza del danno derivante dall'inadempimento, onere che non è diverso da quello incombente su colui che faccia valere una responsabilità extracontrattuale. (Fattispecie relativa alla mancata comunicazione da parte di una banca ad uno dei coeredi dell'esistenza di depositi paterni estinti da altro coerede pochi giorni prima della morte del de cuius)”.

La responsabilità della pubblica amministrazione: contrattuale o extracontrattuale?

La natura della responsabilità della pubblica amministrazione è oggetto di dibattito, in quanto una parte della giurisprudenza ha teso ad affermarne la natura di responsabilità contrattuale da “contatto sociale qualificato” mentre altra parte ha individuato tale tipologia di responsabilità come un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale.

Con una recentissima ordinanza del 19 gennaio 2023, n. 1567, ad esempio, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito il seguente principio:

La responsabilità della pubblica amministrazione per il danno derivante dalla lesione dell'affidamento sulla correttezza dell'azione amministrativa – avente quale presupposto il mancato rispetto dei doveri di correttezza e buona fede gravanti sulla P.A. – ha natura contrattuale e va inquadrato nello schema della responsabilità "relazionale" (o "da contatto sociale qualificato", idoneo a produrre obbligazioni ai sensi dell'art. 1173 c.c.), sia nel caso in cui nessun provvedimento amministrativo sia stato emanato, sia in caso di emanazione di un provvedimento lesivo, sia nell'ipotesi di emissione e successivo annullamento di un atto ampliativo della sfera giuridica del privato; ne consegue che la controversia relativa all'accertamento della responsabilità dell'amministrazione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario”.

Per la Cassazione, dunque, la responsabilità della pubblica amministrazione sarebbe contrattuale.

Di diverso avviso, il Consiglio di Stato, che con sentenza resa in Adunanza Plenaria del 23 aprile 2021, n. 7 ha stabilito che: “La responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi, sia da illegittimità provvedimentale sia da inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, ha natura di responsabilità da fatto illecito aquiliano (e non già di responsabilità da inadempimento contrattuale); è pertanto necessario accertare che vi sia stata la lesione di un bene della vita, mentre per la quantificazione delle conseguenze risarcibili si applicano i criteri limitativi della consequenzialità immediata e diretta e dell'evitabilità con l'ordinaria diligenza del danneggiato e non anche il criterio della prevedibilità del danno”.

Il risarcimento del danno nella responsabilità contrattuale ed extracontrattuale

Nella valutazione del risarcimento del danno, anche in ipotesi di responsabilità extracontrattuale, secondo quanto stabilito dall’art. 2056 c.c. devono applicarsi le norme di cui agli artt. 1223, 1226 e 1227 del codice civile.

In entrambe le ipotesi, dunque, il risarcimento del danno deve comprendere sia la perdita subita dal creditore che il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.

Sia in ipotesi di responsabilità extracontrattuale che contrattuale il danno, se non può essere provato nel suo ammontare preciso, è determinato dal giudice in via equitativa.

Inoltre, con riguardo a entrambe le ipotesi, nella quantificazione del danno si tiene conto del fatto colposo del creditore che ha concorso a cagionare il danno, e in questa ipotesi il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.

Nell’art. 2056 c.c. non è invece richiamato il requisito della prevedibilità del danno.

Sul punto si è espressa, ad esempio, la Corte d'Appello di Milano, sezione III, con sentenza del 14 marzo 2014, n. 500 con cui ha stabilito che il requisito della prevedibilità del danno, correlato all'elemento psicologico dello stesso è inapplicabile alla responsabilità extracontrattuale, in quanto non richiamato dall'art. 2056 cod. civ., avendo scelto il legislatore di non commisurare il risarcimento al grado della colpa.

Secondo quanto stabilito dai Giudici, dunque, il requisito della prevedibilità sarebbe applicabile all’inadempimento contrattuale ma non in ipotesi di responsabilità contrattuale.

Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: il termine di prescrizione

Importante la valutazione di un aspetto che contraddistingue le due tipologie di responsabilità: il termine di prescrizione.

Laddove si voglia far valere un diritto al risarcimento del danno conseguente a responsabilità contrattuale, in effetti, il termine di prescrizione è di dieci anni.

Nell’ipotesi in cui, invece, si voglia far valere il diritto al risarcimento del danno conseguente a responsabilità extracontrattuale, il termine di prescrizione è di cinque anni.

Laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato e ho svolto la professione di avvocato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". 
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