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24 Settembre 2023
13:00

Il silenzio assenso

Il silenzio assenso è un modulo di semplificazione procedimentale, in base al quale il silenzio serbato dall'amministrazione deve essere interpretato come una risposta positiva. Vediamo in dettaglio in cosa consiste il silenzio assenso e quali sono le altre ipotesi di silenzio significativo individuate dal legislatore.

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Il silenzio assenso
Avvocato
silenzio assenso

L’esigenza di realizzare un apparato amministrativo efficiente, in omaggio ai principi tracciati dal Costituente (in particolare, all’art. 97 della Costituzione ove è sancito espressamente il principio di buon andamento dell’amministrazione) ha imposto l’approvazione di una serie di norme volte a favorire i meccanismi propri della semplificazione.

Semplificare vuol dire adottare misure idonee a snellire le procedure che rischiano di imbrigliare il cittadino e la stessa pubblica amministrazione in circoli viziosi che conducono a una sostanziale immobilità dell’apparato organizzativo pubblico.

Nel tempo sono state avvertite in maniera sempre più pressante dal legislatore le esigenze poste alla base della semplificazione, e le più recenti riforme del diritto amministrativo sono lo specchio di questa profonda presa di coscienza.

L’esigenza di semplificare ha fondato l'approvazione della legge sul procedimento amministrativo (legge 7 agosto 1990, n. 241) e le successive riforme intervenute per modificarla.

Va infatti ricordato quanto statuito, ad esempio, all’art. 1, comma 2 della legge n. 241/90: “La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria”.

Il divieto di aggravio del procedimento è la prima, immediata espressione dell’intento primario perseguito dal legislatore: quello di snellire ogni procedura per evitare che il cittadino resti imbrigliato nelle maglie della burocrazia, per fare in modo che il Paese sia dotato di un apparato amministrativo efficiente e risulti inoltre appetibile agli occhi degli investitori.

Espressione dell’esigenza di semplificare l’attività amministrativa sono, ad esempio, le previsioni in tema di conferenza di servizi (art. 14 e ss. legge n. 241/90), di accordi tra pubbliche amministrazioni (art. 15 legge n. 241/90), di segnalazione certificata di inizio attività (art. 19 e ss. legge n. 241/90).

Espressione della necessità di semplificare l’attività amministrativa è la disciplina sul silenzio assenso.

Cos’è il silenzio assenso

Il silenzio assenso è un modulo di semplificazione dell’attività amministrativa, in base al quale il silenzio serbato dall’amministrazione dopo un certo periodo di tempo può essere considerato alla stregua di una risposta positiva.

Fonti normative

Il primo, immediato riferimento normativo, in tema di silenzio assenso, è contenuto nella norma di cui all’art. 20 della legge n. 241/90.

Viene espressamente stabilito che, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall’art. 19 in tema di segnalazione certificata di inizio attività, “nei procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2. Tali termini decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato”.

Anche nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l'amministrazione può agire in autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies.

Esempi di silenzio assenso

L’ipotesi è quella in cui il privato faccia istanza alla pubblica amministrazione per ottenere un provvedimento amministrativo.

Se dopo 30 giorni (o al massimo entro 90 giorni secondo quanto stabilito all’art. 2, commi 2 e 3) il privato non ottiene risposta, il silenzio deve essere interpretato come una risposta positiva.

Esempi pratici, nella casistica, si ritrovano in netta prevalenza con riguardo alla richiesta di permesso di costruire, che trova una specifica disciplina all’art. 20, comma 8, del Testo Unico Edilizia.

Anche questa materia è caratterizzata dal meccanismo del silenzio assenso.

Viene infatti stabilito che “Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio, lo sportello unico per l’edilizia rilascia anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all’interessato che tali atti sono intervenuti”.

La casistica è ricchissima sul punto.

Facciamo il caso che il proprietario di un fabbricato a uso residenziale presenti istanza per il rilascio di un permesso di costruire per la realizzazione di una tettoia.

L’istanza viene corredata dall’autorizzazione paesaggistica.

Una volta decorsi i termini, il privato può essere legittimato a costruire, in presenza del silenzio assenso serbato dall'amministrazione.

Questo caso è stato oggetto di una recente sentenza del Tar Toscana, del 31 marzo 2023, n. 322.

In questa ipotesi, infatti, il Comune interessato si era rifiutato di riconoscere al privato la formazione del silenzio assenso viste le implicazioni di tipo paesaggistico considerate.

Il Tar ha dato ragione al privato e ha stabilito che "Non occorreva quindi acquisire alcun ulteriore atto di assenso, da parte di altre amministrazioni. L’indizione di una conferenza di servizi, in tale contesto, non solo non avrebbe avuto alcuna utilità, ma avrebbe determinato un ingiustificato aggravamento del procedimento, in evidente contrasto con la finalità di semplificazione propria degli istituti e degli strumenti previsti dal legislatore di cui si è dato conto" .

Nella fattispecie, per il Tar, "si è formato il silenzio assenso previsto dall’art. 20, comma 8 del d.P.R. n. 380/2001 e, da quella data, il ricorrente avrebbe potuto eseguire l’intervento progettato in modo legittimo, in forza del titolo edilizio formatosi tacitamente".

Termini

Il silenzio assenso si configura, come detto, quando a seguito del decorso di termini prestabiliti dalla legge, la risposta della pubblica amministrazione debba essere ritenuta positiva.

Tale termine è, normalmente, di 30 giorni, ma può arrivare fino a 90 giorni.

Eccezioni e limiti

Sono previste delle ipotesi in cui la disciplina in tema di silenzio assenso non è applicabile, individuate all’art. 20 l. n. 241/90, comma 4:

  • patrimonio culturale e paesaggistico;
  • l'ambiente;
  • la tutela dal rischio idrogeologico;
  • la difesa nazionale;
  • la pubblica sicurezza;
  • l’immigrazione;
  • l’asilo e la cittadinanza;
  • la salute e la pubblica incolumità;
  • i casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali;
  • i casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza;
  • gli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.

Silenzio assenso e Soprintendenza

Va dato atto di un contrasto interpretativo sorto in ordine all’applicabilità dell’art. 17-bis della legge n. 241/90 in merito al rilascio di autorizzazione paesaggistica e alla validità del parere della Soprintendenza espresso tardivamente.

Al comma 9 dell’articolo 146, del d.lgs. 42/2004 viene stabilito che: “decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione”.

Bisogna dunque stabilire se a questa ipotesi sia applicabile l’art. 17-bis legge n. 241/90 che prevede che nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni lo comunicano entro trenta giorni.

Decorsi tali termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta si intende acquisito.

I contrastanti orientamenti sul punto sono stati sintetizzati dalla sentenza del TAR Campania, Salerno, sez. II, 2 novembre 2022, n. 2896.

Va premesso che, come si può dedurre dalla normativa richiamata, l’articolo 17-bis è applicabile esclusivamente ai cosiddetti procedimenti orizzontali, ovvero a quei procedimenti caratterizzati da una fase decisoria pluristrutturata, connotata cioè dal potere di entrambe le amministrazioni di agire in funzione decisoria.

Secondo un primo orientamento il silenzio assenso non sarebbe operativo in materia di autorizzazione paesaggistica poiché essa si risolve in un provvedimento mono-strutturato, in  quanto il relativo procedimento è attivato su istanza di parte.

Sulla base di questa impostazione, dunque, il Tar, ha affermato che “il parere reso tardivamente non è inefficace.Esso però non vincola la P.A. procedente, alla quale tocca tenerne conto, valutando motivatamente e in concreto anche gli aspetti paesaggistici”.

Un orientamento contrario è stato sposato dal Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza del 24 maggio 2022, n. 4098.

Secondo il Consiglio di Stato, il silenzio assenso non è applicabile in quanto dalla normativa in materia si deduce che l’amministrazione procedente è tenuta ad adottare il provvedimento finale in maniera espressa.

Tuttavia, ha chiarito il Consiglio di Stato, “dal punto di vista pratico cambia poco rispetto alla fattispecie del silenzio assenso ex art. 17-bis, perché è evidente che il provvedimento finale, anche in tal caso, deve rispecchiare la proposta originaria trasmessa alla Soprintendenza: diversamente il provvedimento adottato risulterebbe illegittimo in quanto emesso su una proposta non precedentemente sottoposta al parere della Soprintendenza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 5799 dell’11 dicembre 2017); l’amministrazione procedente, tuttavia, non essendosi formato un silenzio assenso da parte della Soprintendenza, potrebbe avere un ripensamento e quindi potrebbe decidere di riformulare la proposta originaria, senza perciò incorrere in un provvedimento in autotutela, non essendosi ancora formato un provvedimento definitivo”.

Infine il Tar ha dato atto di un terzo orientamento in base al quale si ritiene ammissibile l’applicabilità del silenzio assenso “senza condizioni” poiché, come ha specificato il Tar, questo orientamento muove dalla considerazione “per cui tutti i pareri vincolanti partecipano alla formazione di un provvedimento finale pluri-strutturato, in quanto la decisione dell’amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra amministrazione”.

A tali pareri, dunque, deve essere applicato l’articolo 17-bis.

Il TAR Salerno ha aderito al primo, ormai consolidato orientamento, contrario all’applicabilità dell’articolo 17-bis al parere paesaggistico.

Il parere tardivo della Soprintendenza, di conseguenza, per il Tar Salerno, non è inefficace, ma non vincolante per la P.A. procedente, la quale è tenuta a tenerne conto.

La differenza tra silenzio assenso e silenzio diniego

Diversa dalla fattispecie considerata è quella del silenzio diniego.

Si ha silenzio diniego quando il decorso di un certo periodo di tempo dalla presentazione dell’istanza deve essere interpretato alla stregua di una risposta negativa.

Un esempio è costituito dalla materia dell’accesso agli atti di cui all’art. 25, comma 4, legge n. 241/90 ove è espressamente stabilito che decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta.

Altre tipologie di silenzio

Va dato atto di altre tipologie di silenzio presenti nel nostro ordinamento.

Il silenzio inadempimento

Il silenzio inadempimento riguarda le ipotesi in cui la pubblica amministrazione non provvede entro i termini prestabiliti, nonostante abbia l’obbligo di provvedere.

Viene infatti stabilito all’art. 2, primo comma, della legge n. 241/90 che: “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso”.

Per la configurazione del silenzio assenso, dunque, deve esservi un obbligo di provvedere in capo alla P.A.

Come ha sottolineato il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5347 del 2012, “l'obbligo giuridico di provvedere – ai sensi dell'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dall’art. 7 della legge 18 giugno 2009, n. 69 – sussiste in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l'adozione di un provvedimento e quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell'Amministrazione”.

Un esempio pratico può essere tratto da una sentenza del Tar Campania, Salerno, dell’8 marzo 2012, n. 453, in occasione della quale è stata affermata l’illegittimità del silenzio dell’amministrazione in relazione a un’ipotesi in cui era stata effettuata una richiesta di attribuzione del numero civico e di denominazione della strada in cui si trova l’immobile di proprietà del ricorrente.

Nell’ipotesi in cui la pubblica amministrazione rimanga inerte, ai sensi dell'art. 2, comma 9 ter legge n. 241/90, il privato può rivolgersi all’amministrazione affinché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.

La tutela giurisdizionale in materia di silenzio inadempimento è disciplinata dal Codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

Viene stabilito, ai sensi dell’art. 31 del c.p.a., che, una volta decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo, chi vi ha interesse può chiedere l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere.

L'azione può essere proposta fino a che perdura l'inadempimento e, in ogni caso, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento.

Ai sensi dell’art. 117 è invece stabilito che in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina all'amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni e ove occorra, nomina un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su istanza della parte interessata.

Si tratta, dunque, di un'azione di accertamento e di condanna, con la quale si mira a garantire al privato il pieno soddisfacimento della pretesa azionata.

Il silenzio devolutivo

Ancora diversa è l’ipotesi del silenzio devolutivo.

Si parla di silenzio devolutivo quando devono essere acquisiti previamente pareri tecnici di alcuni organi ai fini dell’adozione di un provvedimento.

Qualora tali organi non provvedano, l’amministrazione deve chiedere il parere ad altro organo.

Si riporta espressamente il contenuto dell’art. 17, comma 1 e 2 legge n. 241/90:

Ove per disposizione espressa di legge o di regolamento sia previsto che per l'adozione di un provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni tecniche di organi od enti appositi e tali organi ed enti non provvedano o non rappresentino esigenze istruttorie di competenza dell'amministrazione procedente nei termini prefissati dalla disposizione stessa o, in mancanza, entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile del procedimento deve chiedere le suddette valutazioni tecniche ad altri organi dell'amministrazione pubblica o ad enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad istituti universitari.

La disposizione di cui al comma 1 non si applica in caso di valutazioni che debbano essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini”.

Come dimostrare l’avvenuta formazione del silenzio assenso

Ai sensi dell’art. 20, comma 2-bis, legge n. 241/90, l'amministrazione è tenuta, qualora il privato ne faccia richiesta, a rilasciare, in via telematica, un'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e dunque l'accoglimento della domanda.

Qualora siano decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l'attestazione è sostituita da una dichiarazione del privato ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

Il silenzio assenso vale anche tra privati?

Il silenzio assenso è un modulo di semplificazione dell’attività amministrativa e non riguarda i rapporti tra i privati.

Avvocato, laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, e sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici, e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". Sono mamma di due splendidi figli, Riccardo, che ha 17 anni e Angela, che ha 9 anni.
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