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6 Febbraio 2024
9:00

Reati tributari: quali sono, pene previste, soglie di punibilità, prescrizione

I reati tributari si configurano quando viene violata la legge fiscale al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte. Vediamo quali sono i reati tributari, come vengono puniti, quali sono le soglie, le cause di non punibilità e quando opera la prescrizione.

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Reati tributari: quali sono, pene previste, soglie di punibilità, prescrizione
Avvocato
I reati tributari

I reati tributari si configurano quando un soggetto commette una serie di condotte penalmente rilevanti, poiché in violazione della legge fiscale, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte.

In sostanza, il soggetto che commette un reato tributario viola la legge fiscale per evitare di pagare un determinato tributo o per pagarlo in misura ridotta.

I reati tributari sono disciplinati dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, che ha subito una consistente modifica a opera della legge 19 dicembre 2019, n. 157 di conversione del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, con particolare riferimento all’apparato sanzionatorio previsto.

La legge prevede spesso una soglia oltre la quale il reato tributario si configura.

Ad esempio, in ipotesi di dichiarazione infedele, la soglia prevista dall’art. 4 del d.lgs n. 74/2000 oltre la quale il reato si configura è di euro centomila.

Vediamo di seguito quali sono i reati tributari, quali sono le soglie di punibilità e le pene previste e quando si prescrivono.

Sommario

I reati tributari: quali sono

I reati tributari sono previsti dal decreto legislativo n.74 del 2000 ove sono disciplinate due principali tipologie di reati tributari:

  • i reati tributari dichiarativi
  • i reati tributari documentali.

Reati tributari: esempi

Sono reati tributari dichiarativi i seguenti:

  • dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici;
  • dichiarazione infedele;
  • omessa dichiarazione.

Sono reati tributari documentali:

  • emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
  • occultamento o distruzione di documenti contabili;
  • omesso versamento di ritenute dovute o certificate;
  • omesso versamento di IVA;
  • indebita compensazione;
  • sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.

Diversi reati tributari, tra quelli visti, sono legati al superamento di determinate soglie che verranno specificate nei paragrafi che seguono.

Per chiarire, si può fare un esempio: Tizio, un libero professionista, è tenuto al versamento dell’IVA.

Tizio non risponderà sempre del reato di omesso versamento IVA ma solo se supererà la soglia di 250.000 euro, stabilita dalla legge.

Se la cifra da versare in un determinato periodo d’imposta è di 300.000 euro, egli risponderà del reato di omesso versamento IVA.

Se la cifra da versare è di 100.000 euro, egli non risponderà del reato di omesso versamento IVA.

I reati tributari: il decreto legislativo n. 74/2000

Il decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 disciplina i reati tributari.

Il decreto legislativo in questione ha subito una consistente modifica a opera della legge 19 dicembre 2019, n. 157 di conversione del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, con particolare riferimento alle pene previste, che hanno subito, sostanzialmente, un aumento.

Il decreto legislativo n. 74/2000 è suddiviso in 5 titoli.

Il titolo II, in particolare, è suddiviso in 2 capi: il capo I contiene i reati dichiarativi e il capo II i reati documentali.

I reati tributari dichiarativi

I reati tributari dichiarativi previsti dal decreto legislativo n. 74/2000 sono delitti commessi in violazione delle norme fiscali attinenti alle dichiarazioni che i contribuenti sono tenuti a effettuare.

Vediamoli di seguito.

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

Secondo quanto stabilito dall’art. 2 del d.lgs. n. 74/2000, chi commette il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è punito con la reclusione da quattro a otto anni.

I soggetti attivi del reato sono coloro che commettono dichiarazione fraudolenta, nei termini sopra indicati, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto.

La condotta viene attuata quando ci si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, e vengono indicati, in una delle dichiarazioni relative alle imposte sopra menzionate, elementi passivi fittizi.

Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante artifici è previsto dall’art. 3 del d.lgs. n.74/2000.

Viene stabilito che, al di fuori dei casi previsti dall’art. 2, è punito con la reclusione da tre a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, e compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti che siano idonei a ostacolare l'accertamento e a indurre in errore l'amministrazione finanziaria, indica nella dichiarazione elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi.

Tale reato si configura quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a ogni singola imposta, a euro trentamila e quando “l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l'ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell'imposta, è superiore al cinque per cento dell'ammontare dell'imposta medesima o comunque a euro trentamila”.

Dichiarazione infedele

Il delitto di dichiarazione infedele è punito dall’art. 4 del d.lgs. n.74/2000, con la pena della reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi.

Salvo quanto stabilito dagli artt. 2 e 3 commette il reato di dichiarazione infedele chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica nella relativa dichiarazione elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti, quando, ricorrono due condizioni insieme:

  • l'imposta evasa è superiore, con riferimento a ogni singola imposta, a euro centomila;
  • l'ammontare complessivo “degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni”.

Omessa dichiarazione

Il reato di omessa dichiarazione è disciplinato dall’art. 5 del d.lgs. n.74/2000 ed è punito con la pena della reclusione da due a cinque anni.

Commette il delitto di omessa dichiarazione chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta una delle dichiarazioni relative a dette imposte.

Il reato scatta quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro cinquantamila.

È punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque non presenta la dichiarazione di sostituto d'imposta, quando l'ammontare delle ritenute non versate è superiore a euro cinquantamila.

Non viene considerata omessa:

  • la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine;
  • la dichiarazione non sottoscritta la dichiarazione non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.

Reati tributari dichiarativi: tentativo

Viene stabilito dall’art. 6 che i delitti previsti dagli articoli 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 74/2000 non sono punibili a titolo di tentativo.

Si tratta dei reati di dichiarazione fraudolenta e dichiarazione infedele.

Vi è tuttavia un’ipotesi in cui il tentativo viene punito con riguardo all’ipotesi di dichiarazione infedele disciplinata dall’art. 4: “Quando la condotta è posta in essere al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto nell'ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri, connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell'Unione europea, dai quali consegua o possa conseguire un danno complessivo pari o superiore a euro 10.000.000”.

I reati tributari documentali

I reati tributari documentali previsti dal d.lgs. n. 74/2000 sono una serie di fattispecie relative a condotte attuate in violazione della legge fiscale in tema, ad esempio, di tenuta dei documenti contabili ovvero di emissione di fatture.

Vediamo quali sono.

Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

Come stabilito dall’art. 8 del d.lgs. n. 74/2000, è punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Se l'importo indicato nelle fatture è inferiore a euro centomila, si applica una pena più mite, ovvero la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Occultamento o distruzione di documenti contabili

Il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili è disciplinato dall’art. 10 del d.lgs. n. 74/2000.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi commette il reato in questione è punito con la pena della reclusione da tre a sette anni.

Commette il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili il soggetto che, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti che vanno obbligatoriamente conservati, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.

Omesso versamento di ritenute dovute o certificate

Il reato di omesso versamento di ritenute dovute o certificate, previsto dall’art. 10-bis del d.lgs. n.74/2000, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.

Commette il reato di omesso versamento chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta ritenute dovute per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta.

Omesso versamento di IVA

Il reato di omesso versamento di IVA è punito dall’art. 10 ter del d.lgs. n. 74/2000 che prevede una pena della reclusione da sei mesi a due anni.

Risponde del reato di omesso versamento di IVA, chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d'imposta.

Indebita compensazione

Secondo quanto stabilito dall’art. 10 quater, colui che commette il reato di indebita compensazione è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.

Il reato in questione consiste nel mancato versamento delle somme dovute, utilizzando in compensazione crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.

È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro.

Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte

Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è previsto dall’art. 11 del d.lgs. n. 74/2000.

Viene prevista la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni per chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare superiore a euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni per rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.

Se l'ammontare delle imposte, sanzioni e interessi è superiore a euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

Viene inoltre prevista la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni per chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi per un ammontare superiore a euro cinquantamila.

Se l'ammontare è superiore a euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

La riforma operata con legge 19 dicembre 2019, n. 157 di conversione del DL 26 ottobre 2019, n. 124

Con legge 19 dicembre 2019, n. 157, di conversione del d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, sono state apportate, dall’art. 39, alcune modifiche in materia di sanzioni penali tributarie.

La riforma ha inciso, in particolare, sul d.lgs. n. 74/2000 decretando un inasprimento di alcune pene ivi previste.

Ad esempio, con riguardo al reato di cui all’art. 2 del d.lgs. 74/2000 in tema di “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, la pena della reclusione è stata aumentata.

La pena precedente alla riforma andava da un anno e sei mesi a sei anni.

Attualmente la pena prevista va da quattro a otto anni.

Per quanto riguarda il reato di dichiarazione infedele, la pena della reclusione, prima della riforma, era compresa tra un anno e tre anni.

Attualmente la pena è compresa tra due anni e quattro anni e sei mesi.

In relazione al reato previsto dall'articolo 5 del d.lgs. n. 74/2000, ovvero omessa dichiarazione, la pena della reclusione andava da un anno e sei mesi a quattro anni.

Dopo la riforma, la pena va da due a cinque anni di reclusione.

Il delitto di “Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” di cui all’art.8 del d.lgs. n. 74/2000, era punito con la pena della reclusione compresa tra un anno e sei mesi a sei anni.

Attualmente la pena va da quattro a otto anni di reclusione.

Il reato di “Occultamento o distruzione di documenti contabili”, previsto dall'articolo 10, prima della riforma del 2019 era punito con la reclusione compresa tra un anno e sei mesi e sei anni.

Attualmente è punito con la reclusione da tre a sette anni.

I reati tributari nel decreto legislativo n. 231/2001

Nel decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, all’art. 25-quindecies vengono previste delle soglie entro le quali, con riguardo ai reati tributari previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si applicano le sanzioni pecuniarie all’ente interessato.

Il decreto legislativo n. 231/2001, infatti, reca una disciplina in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica.

Le sanzioni pecuniarie previste sono, ad esempio, le seguenti:

  • per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti la sanzione pecuniaria si applica fino a cinquecento quote;
  • per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici si applica la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;
  • per il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili si applica la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote;
  • per il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte si applica la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote.

Quando scatta il reato tributario?

Il reato tributario scatta quando viene violata la legge fiscale.

Alcuni reati scattano quando vengono superate determinate soglie in danaro stabilite dalla legge.

Con riguardo alle seguenti ipotesi, il reato scatta quando, in presenza degli altri presupposti stabiliti dalla legge, si superano le seguenti soglie:

  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 d.lgs. n. 74/2000): euro 30.000;
  • dichiarazione infedele (art. 4 d.lgs. n. 74/2000): euro 100.000;
  • omessa dichiarazione (art. 5 d.lgs. 74/2000): euro 50.000;
  • omesso versamento di ritenute dovute o certificate (art. 10-bis d.lgs. 74/2000): euro 150.000;
  • omesso versamento di IVA (art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000): euro 250.000;
  • indebita compensazione (art. 10 quater d.lgs. n. 74/2000): euro 50.000;
  • sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 d.lgs. n. 74/2000) euro 50.000.

Reati tributari: accertamento

L’accertamento dei reati tributari  è demandato al giudice penale.

Il rapporto tra procedimento amministrativo di accertamento della violazione tributaria e processo penale sono disciplinati dall’art. 20 D.Lgs 74/2000 in base al quale “Il procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione”.

In tema di accertamento dei reati tributari, è interessante analizzare la casistica giurisprudenziale.

La Corte di Cassazione, sezione III penale, con sentenza del 4 maggio 2021, n. 16865 ha enunciato il seguente principio con riguardo alla determinazione dell’imposta evasa: “Va ribadito, in materia di reati tributari, che spetta esclusivamente al giudice penale il compito di determinare l'ammontare dell'imposta evasa, da intendersi come l'intera imposta dovuta e non versata, suscettibile dapprima di sequestro e, poi, di confisca, in base a una verifica che puo' venire a sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dal giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria”.

Inoltre, ha proseguito la Cassazione: “il giudice penale, mentre non e' vincolato dalle valutazioni compiute in sede di accertamento tributario, puo' tuttavia con adeguata motivazione apprezzare gli elementi induttivi in detta sede valorizzati per trarne elementi probatori, che ritenga idonei a sorreggere il suo convincimento obiettivo”.

Come già chiarito dalla Cassazione, sez. III, n. 8700 del 16/01/2019, “in tema di reati tributari, il giudice, per determinare l'ammontare dell'imposta evasa, deve effettuare una verifica che, pur non potendo prescindere dalle specifiche regole stabilite dalla legislazione fiscale per quantificare l'imponibile, risente delle limitazioni derivanti dalla diversa finalita' dell'accertamento penale, con la conseguenza che occorre tenere conto dei costi non contabilizzati solo in presenza, quantomeno, di allegazioni fattuali, da cui desumere la certezza o, comunque, il ragionevole dubbio della loro esistenza”.

La Cassazione, con sentenza n. 4461 del 12 gennaio 2022, quanto al domicilio fiscale dell’ente, rilevante ai fini della competenza territoriale:

In tema di reati tributari, la competenza territoriale per i delitti in materia di dichiarazione riguardante le imposte relative alle persone giuridiche si determina, ai sensi del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 18 con riferimento al luogo in cui queste ultime hanno il domicilio fiscale, che, di regola, coincide con quello della sede legale, ma che, ove questa risulti avere carattere meramente fittizio, corrisponde al luogo in cui si trova la sede effettiva dell'ente.

E' stato infatti chiarito da questa Corte che, per le societa', il fatto che il domicilio fiscale corrisponde, secondo il dettato del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 58, comma 3, al luogo in cui e' stabilita la sede legale determina una mera presunzione (relativa) di corrispondenza tra sede legale e domicilio fiscale, che presuppone la coincidenza tra sede legale e sede effettiva, in quanto l'ordinamento tributario non consente alle persone fisiche e giuridiche di determinare il domicilio fiscale a proprio piacimento in luoghi diversi da quelli che costituiscono il centro degli interessi

Si' che, ai fini della determinazione della competenza per territorio per i reati tributari in materia di dichiarazione, il focus commissi delicti va individuato, per le persone giuridiche, in quello nel quale queste hanno il domicilio fiscale che, di regola, coincide con la sede legale, salvo che non emergano prove univoche tali da smentire la presunzione suddetta con la conseguenza che, qualora sia stata stabilita una sede legale fittizia, il domicilio fiscale coincide con il luogo nel quale si trova la sede effettiva della societa' ed in tale luogo il reato si considera consumato”.

Reati tributari: pene

I reati tributari prevedono una serie di pene che vanno dalla reclusione, alle pene pecuniarie, alle pene accessorie.

Si è visto che dopo la riforma del 2019, in linea di massima la pena della reclusione ha subito un aumento.

Pene accessorie

Nel decreto legislativo n. 74/2000 sono anche previste una serie di pene accessorie.

Tra queste:

  • l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni;
  • l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni;
  • l'interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni;
  • l'interdizione perpetua dall'ufficio di componente di commissione tributaria;la pubblicazione della sentenza a norma dell'articolo 36 del codice penale.

Reati tributari: le cause di non  punibilità

Ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 74/2000, vengono previste delle cause di non punibilità in materia di reati tributari.

Queste intervengono quando, al ricorrere di determinate condizioni, viene pagato interamente il debito tributario.

In particolare, viene stabilito che:

  • I reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1 (reati tributari documentali) non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti.
  • I reati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 (reati tributari dichiarativi) non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, se il ravvedimento o la presentazione siano avvenuti prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche da parte dell’autorità.

Reati tributari: prescrizione

La prescrizione del reato tributario risponde alle regole generale per la prescrizione tracciate dall’art. 157 c.p.

Viene disposto che il reato si estingue:

  • dopo un periodo corrispondente al massimo della pena edittale;
  • in ogni caso il tempo di prescrizione, per i delitti, non è mai inferiore ai sei anni.

Con riguardo ai reati tributari viene tuttavia stabilito, dall’art. 17, comma 1-bis, che i termini di prescrizione previsti per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 sono elevati di un terzo.

All’art. 17, comma 1, è inoltre previsto che il corso della prescrizione è interrotto, oltre che dagli atti indicati nell'articolo 160 del codice penale, dal verbale di constatazione o dall'atto di accertamento delle relative violazioni.

Laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato e ho svolto la professione di avvocato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". 
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