Può capitare che un lavoratore, che ha stipulato un accordo di lavoro agile o smart working con il proprio datore di lavoro, si trovi nella condizione in cui il datore di lavoro esercita il diritto di recesso dall’accordo di lavoro agile (o smart working) e chieda al lavoratore il trasferimento del luogo fisico di lavoro in un’altra sede aziendale che dista più di 50 km dal luogo di lavoro indicato nel contratto di lavoro.
In questo caso, spetta la Naspi, nel caso di dimissioni per giusta causa del lavoratore conseguenti al rifiuto del trasferimento in Italia oltre 50 km o 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico. Il datore di lavoro invece non può licenziare il lavoratore.
Recesso dal lavoro agile o smart working: come funziona il preavviso
Lo smart working, o per meglio dire il lavoro agile, può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato. Si tratta di un accordo di lavoro agile che deve essere stipulato in forma scritta ai sensi della legge n. 81 del 22 maggio 2017, che è appunto la legge che ha introdotto il lavoro agile.
L’art. 18 della Legge n. 81/2017 disciplina il lavoro agile, il successivo articolo 19 stabilisce la forma e il recesso dall’accordo di lavoro agile.
La norma prevede al comma 1 che “L'accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, e disciplina l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L'accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.
Il successivo comma 2 dell’art. 19 della Legge n. 81 del 2017, stabilisce l’accordo di lavoro agile “può essere a termine o a tempo indeterminato; in tale ultimo caso, il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a trenta giorni”.
Quindi il recesso dall’accordo di lavoro agile da parte del datore di lavoro, sia che l’accordo abbia una scadenza contrattuale che sia a tempo indeterminato, deve rispettare un preavviso di recesso dall’accordo di lavoro agile.
Questo preavviso in caso di accordo di lavoro agile a tempo indeterminato è di 30 giorni di calendario.
Lo stesso comma 2 stabilisce che “Nel caso di lavoratori disabili ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a novanta giorni, al fine di consentire un'adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore”.
La parte finale del comma 2 dell’art. 19 chiarisce però che “In presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato”.
Quindi nel caso di lavoro agile stipulato con un accordo che prevede una scadenza, essa può essere anticipata se vi sono giustificati motivi.
Trasferimento e mutamento definitivo del luogo di lavoro
Nel caso in questione, oltre al recesso dal rapporto di lavoro agile, il datore di lavoro intende comunicare al lavoratore anche il trasferimento del luogo di lavoro, ossia un cambio del luogo di lavoro.
Dalla normativa sul lavoro agile si passa alla normativa sul trasferimento del lavoratore in Italia.
Il mutamento definitivo del luogo di lavoro è consentito come esercizio del potere gerarchico e direttivo del datore di lavoro.
L’articolo 2103 del codice civile prevede che “Il lavoratore non può essere trasferito da un'unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”.
Il trasferimento non sorretto dalle ragioni tecniche, organizzative e produttive è nullo. Quindi il datore di lavoro deve indicarle nella missiva in cui comunica il mutamento definitivo del luogo di lavoro.
Non costituisce trasferimento ai sensi dell'art. 2103 c.c. il passaggio del lavoratore da una società all'altra (pur nell'ambito dello stesso gruppo di imprese) nel caso in cui il dipendente abbia regolarmente presentato le proprie dimissioni dalla società di appartenenza e gli siano state regolarmente corrisposte le competenze di fine rapporto prima del passaggio alla nuova datrice di lavoro
Le ragioni non occorrono nel caso in cui il trasferimento sia stato richiesto dal lavoratore in base a proprie personali esigenze e a seguito di propria scelta e valutazione.
Nel caso in cui il lavoratore non sia d’accordo ed intenda rifiutare di svolgere la prestazione lavorativa nella nuova sede di lavoro, nel nuovo luogo di lavoro, va precisato che tale comportamento non è consentito. Quindi il lavoratore non può rifiutarsi di lavorare.
Il lavoratore può chiedere giudizialmente della legittimità delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive comunicate dal datore di lavoro, ma non è autorizzato a rifiutarsi senza un eventuale avallo giudiziario.
Laddove il lavoratore ritenga che le ragioni sussistano, ha due scelte: lavorare nella nuova sede di lavoro oppure dimettersi per giusta causa con diritto alla Naspi.
Naspi in caso di dimissioni per rifiuto trasferimento del lavoratore
Per quanto riguarda il diritto alla Naspi in caso di dimissione dovuta al rifiuto di trasferimento, la circolare Inps n. 40 del 19 marzo 2020, in tema di ticket di licenziamento dovuto dal datore di lavoro e conseguente diritto del lavoratore alla Naspi, ha stabilito che “Tra le fattispecie di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato che soggiacciono all’obbligo contributivo in argomento devono essere ricomprese anche le dimissioni rassegnate dal lavoratore ai sensi dell’articolo 2112, quarto comma, c.c. Il legislatore ha infatti previsto quale giusta causa di dimissioni nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda la sostanziale modifica delle condizioni di lavoro.
Il datore di lavoro è parimenti soggetto al contributo in questione nel caso di interruzione del rapporto di lavoro per rifiuto del lavoratore del trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore o mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico”.
La circolare dell’Inps richiama l’art. 2112 del codice civile che riguarda il “Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda”.
Il richiamato 4 comma prevede che “Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per se' motivo di licenziamento.
Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'articolo 2119, primo comma”.
L’articolo 2119 del codice civile riguarda il “Recesso per giusta causa”. Il primo comma dell’articolo 2119 del codice civile prevede che “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità indicata nel secondo comma dell'articolo precedente”.
Quindi nel caso di un lavoratore in smart working o per meglio dire con un accordo di lavoro agile stipulato per iscritto e nel successivo caso di recesso datoriale dall’accordo di lavoro agile e mutamento definitivo del luogo di lavoro, il datore di lavoro non può intimare il licenziamento ma deve solo comunicare il mutamento del luogo di lavoro.
Il lavoratore, dal suo lato, nel caso di recesso dall’accordo di lavoro agile e mutamento definitivo del luogo di lavoro distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore o mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico, ha la possibilità, entro tre mesi dal mutamento del luogo di lavoro, di presentare le dimissioni che sono ritenute un recesso per giusta causa, quindi una dimissione per giusta causa che dà diritto alla Naspi per mutamento delle condizioni di lavoro.
Il datore di lavoro è tenuto a quel punto a versare il ticket di licenziamento che è pari al 41% del massimale mensile NASpI per ogni 12 mesi di durata del rapporto di lavoro. Per i periodi di lavoro inferiori all’anno il contributo deve essere determinato in proporzione al numero dei mesi di durata del rapporto di lavoro (si considerano mesi interi quelli in cui la prestazione lavorativa si sia protratta per almeno 15 giorni di calendario).
Il contributo, per l’anno 2024, è pari a 635,67 euro (41% di 1.550,42* euro) per ogni anno di lavoro effettuato, fino ad un massimo di 3 anni. L’importo massimo del contributo è pari a 1.907,01 euro per rapporti di lavoro di durata pari o superiore a 36 mesi.