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8 Settembre 2023
11:00

Cosa rischia chi uccide un animale

Chi uccide un animale rischia la reclusione da quattro mesi a due anni, secondo quanto stabilito dalla norma di cui all’art. 544-bis del Codice penale. Vediamo in cosa consiste il reato di uccisione di animali.

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Cosa rischia chi uccide un animale
Avvocato
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Chi uccide un animale rischia la reclusione da quattro mesi a due anni.

L’uccisione dell’animale deve avvenire, secondo quanto stabilito dalla norma di cui all’art. 544-bis del Codice penale, per crudeltà o senza necessità.

Cosa dice la legge in merito all'uccisione degli animali

Con legge 20 luglio 2004, n.189 è stato aggiunto il Titolo IX-bis “Dei delitti contro il sentimento per gli animali nel Libro secondo, Capo III, del Codice penale.

Agli artt. 544-bis e seguenti sono disciplinate varie ipotesi relative all’uccisione e al maltrattamento degli animali.

Quanto all’uccisione di animali, il 544-bis dispone che “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di  un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”.

Ai fini dell'integrazione del reato previsto dall’art. 544-bis devono dunque ricorrere una serie di elementi.

L’uccisione, in particolare, deve avvenire per crudeltà o senza necessità.

Elemento oggettivo e soggettivo

L’elemento oggettivo del reato riguarda la condotta dell’agente (il reato può essere commissivo od omissivo), l’evento morte della vittima e la sussistenza del nesso di causalità tra condotta dell’agente ed evento morte.

L’elemento soggettivo è costituito dal dolo.

Il reato in questione non può dunque essere commesso con colpa.

La Cassazione ha avuto modo di precisare in diverse occasioni che si tratta di dolo specifico con riguardo all’omicidio commesso per crudeltà, mentre si tratta di dolo generico con riguardo all’ipotesi dell’omicidio commesso senza necessità.

Con riguardo al requisito della “necessità” e a quello della “crudeltà”, la Corte di Cassazione si è espressa più volte.

In particolare, con sentenza della Corte di Cassazione, sez. III, sentenza del 20 gennaio 2022, n. 2237, è stato stabilito che la crudeltà si identifica con l'inflizione all'animale di gravi sofferenze per mera brutalità.

La necessità si riferisce, invece, a ogni situazione che porti all'uccisione dell'animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l'aggravamento di un danno a sé o ad altri o ai propri beni, qualora tale danno non risulti altrimenti evitabile.

La "necessità" cui si fa riferimento non comprende soltanto lo stato di necessità previsto dall'art. 54 del Codice penale.

Uccisione di animali a seguito di maltrattamento

All’art. 544-ter è prevista in maniera specifica l’ipotesi della morte dell’animale a seguito di maltrattamenti.

Viene infatti stabilito che la pena, in caso di maltrattamenti, è quella della reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

La pena è aumentata della metà se dai fatti deriva la morte dell’animale.

Uccisione di animali a opera di altro animale

In caso di uccisione di un animale da parte di un altro animale, il proprietario dell’animale che ha ucciso non risponde del reato di cui all’art. 544-bis che è un reato doloso e non colposo, qualora l’animale, ad esempio, sia sfuggito alla custodia del proprietario.

Le pene per chi uccide un animale

Chi uccide un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni.

La responsabilità penale è esclusa se investo e uccido un animale?

Qualora si investa e si uccida un animale, non si configura responsabilità penale poiché, come detto, la norma richiede come elemento soggettivo, ai fini della configurazione del reato, il dolo, ovvero la consapevole volontà di uccidere.

La responsabilità penale può essere configurabile, invece, nell’ipotesi in cui un soggetto investa un animale e non chiami tempestivamente i soccorsi.

Il reato di cui all’art. 544-bis, infatti, può configurarsi anche in ipotesi di condotta omissiva.

Inoltre, va ricordato che l’art. 189, comma 9-bis, del Codice della strada dispone che qualora l'utente  della  strada,  in  caso  di  incidente  che sia comunque ricollegabile alla sua condotta, “ha l'obbligo di fermarsi e di porre in atto ogni misura idonea ad assicurare un tempestivo intervento di soccorso agli animali che abbiano subito il danno”.

Qualora non vi ottemperi, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma che va da € 421 a € 1.691.

Anche le persone coinvolte in un incidente con  danno  a uno o più animali sono tenuti a porre in atto ogni misura idonea ad assicurare  un  tempestivo  intervento  di soccorso.

Chiunque  non  ottemperi a tale obbligo è punito con la sanzione amministrativa del pagamento  di una somma che va da € 85 a € 337.

Sul tema può essere interessante una recente sentenza della Corte di Cassazione, sez. VI, che con ordinanza del 23 ottobre 2018, n. 26770 ha stabilito che nell’ipotesi in cui si verifichi un incidente stradale che procuri il ferimento ovvero il decesso di un animale da affezione (nella specie si trattava di un cane) il danno che segue non può essere ricondotto ad alcuna voce risarcitoria di danno non patrimoniale, in quanto non è configurabile una lesione di alcuna sfera dell’affettività umana costituzionalmente tutelata.

Che pena rischia chi sopprime un animale malato?

La legge vieta espressamente la soppressione di un animale, poiché punisce chi cagiona la morte di un animale all'art. 544-bis del Codice penale con la pena della reclusione da quattro mesi a due anni.

La soppressione di un animale, dunque, può avvenire soltanto se l’animale è gravemente malato, incurabile o di comprovata pericolosità, rispettando un  protocollo rigidamente predeterminato.

Come viene punito il maltrattamento di animale

Il maltrattamento di animali è punito a norma dell’art. 544-ter del Codice penale.

Viene stabilito che: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione a un animale ovvero lo sottopone  a  sevizie  o a comportamenti o a fatiche o a lavori  insopportabili  per  le  sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

La stessa pena si  applica  a  chiunque  somministra  agli  animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.

La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale”.

La norma in esame realizza una tutela ampia degli animali in quanto considera espressamente punibili una serie di condotte che però siano attuate per crudeltà o senza necessità.

L’elemento soggettivo, dunque, è, come per l’ipotesi contemplata ai sensi dell’art. 544-bis del Codice penale, il dolo specifico, con riguardo a una condotta posta in essere per crudeltà, e il dolo generico con riguardo a una condotta posta in essere senza necessità.

Viene considerato maltrattamento anche il sottoporre l’animale a fatiche insopportabili ovvero la somministrazione di sostanze stupefacenti.

La pena è quella della reclusione da tre a diciotto mesi o quella della multa da 5.000 a 30.000 euro.

Se dai maltrattamenti deriva la morte dell’animale, la pena è aumentata della metà.

All’art. 544-quater viene invece punita la condotta di chi promuove spettacoli che comportino sevizie o strazio per gli animali.

Viene infatti stabilito che, “salvo che  il  fatto  costituisca  più  grave  reato,  chiunque organizzapromuove  spettacoli  o  manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali viene punito  con  la  reclusione  da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a 15.000 euro”.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi “in  relazione  all'esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto per sé od altri ovvero se ne deriva la morte dell'animale”.

All’art. 544-quinquies viene inoltre posto il divieto di combattimenti tra animali.

Chi li promuove, organizza o dirige è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro.

Avvocato, laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, e sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici, e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". Sono mamma di due splendidi figli, Riccardo, che ha 17 anni e Angela, che ha 9 anni.
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