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12 Dicembre 2023
11:00

Bonus ai dipendenti: cosa si può fare e cosa no

Molti datori di lavoro sono interessati a dare un bonus ai dipendenti, possibilmente esentasse Irpef, spesso a fine anno. La normativa italiana (TUIR) prevede fringe benefit nell'anno 2023 fino a 250 euro per i lavoratori senza figli, 3.000 euro per i lavoratori con figli, rimborso bollette acqua, luce e gas, buoni pasto cartacei ed elettronici, premi di risultato detassati al 5%, premi tassati in busta paga, buoni benzina fino a 200 euro. Vediamo tutti i bonus e buoni, con analisi di convenienza fiscale per azienda e lavoratore.

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Bonus ai dipendenti: cosa si può fare e cosa no
Direttore editoriale e Consulente del Lavoro
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Molti datori di lavoro sono interessati a dare un bonus ai dipendenti, possibilmente esentasse, spesso a fine anno.

La normativa italiana permette invece di erogare fringe benefit nell'anno 2023 fino a 250 euro per i  lavoratori senza figli, elevato a 3.000 euro per i lavoratori con figli.

Accanto a questa possibilità vi sono i rimborsi di bollette di acqua, luce e gas, i buoni pasto, i premi di risultato detassati al 5%, i premi tassati in busta paga, i buoni benzina, ma tutte queste misure possono essere attivate rispettando i requisiti di legge.

La prima cosa da sapere è che il bonus di fine anno ai dipendenti giuridicamente non esiste. Nel senso che nella normativa italiana non è mai esistito un bonus ai dipendenti.

Ma allora cosa si può fare per dare un bonus ai dipendenti a fine anno?

La risposta è ovviamente "dipende". Dipende soprattutto dalla cifra che il datore di lavoro vuole spendere in favore del dipendente. Quando si parla di spendere, non vuol dire per forza erogare denaro al dipendente, ma anche valutare di erogare beni e servizi.

Quindi spendere una dotazione finanziaria aziendale per aumentare il netto in tasca reale (e non per forza in denaro) del dipendente.

Le principali misure che si sentono in giro sono:

  • Fringe benefit (Bonus ai dipendenti) fino a 3.000 euro e rimborsi di bollette acqua, luce e gas;
  • Buoni benzina;
  • Premi ai dipendenti tassati al 5%
  • Welfare aziendale;
  • Buoni pasto.

Vediamo come funzionano queste misure e cosa si può fare o non si può fare da parte del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti.

Sommario

Fringe benefit fino a 3.000 euro per l'anno 2023 e rimborsi bollette acqua, luce gas ai lavoratori

Se ne è parlato spesso in questi mesi, ma cosa sono i fringe benefit fino a 3.000 euro? a chi spettano? Come funzionano?

Si tratta di un bonus ai dipendenti pagato dallo Stato o dal datore di lavoro?

Leggere in giro "bonus di 3.000 euro ai dipendenti" può indurre a pensare che lo Stato garantisca la possibilità ai lavoratori di avere 3.000 euro in più nel 2023.

Non è assolutamente così, lo Stato non concede bonus ai dipendenti, ma semplicemente un'agevolazione fiscale al lavoratore dipendente.

E concede al datore di lavoro una possibilità di aumentare il potete di acquisto del proprio lavoratore erogando beni e servizi fino a 3.000 euro, nessun bonus di 3000 euro. Chiariamo meglio.

Normalmente la normativa fiscale contenuta nel TUIR (Testo Unico delle Imposte sui redditi) prevede delle somme di denaro e valori che non sono tassate, quindi esentasse. In particolare l'articolo 51 del TUIR.

Proprio, l'articolo 51, comma 3 del TUIR nella parte finale stabilisce che "Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a 258,23 euro (le vecchie 500 mila lire); se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito".

La normativa ci sta dicendo che se il datore di lavoro cede dei beni o dei servizi fino a 258,23 euro annui al lavoratore, questa ulteriore retribuzione non in denaro, non è tassata.

E che c'entra il bonus di 3.000 euro ai dipendenti di cui tanto si parla?

Beni e servizi fino a 3.000 euro esentasse per lavoratori con figli

La risposta, dal punto di vista normativo, è nell'articolo 40 del Decreto Lavoro, Decreto Legge n. 48/2023, che ha previsto "Misure fiscali per il welfare aziendale", che ha previsto quanto segue:

"1. Limitatamente al periodo d'imposta 2023, in deroga a quanto previsto dall'articolo 51, comma 3, prima parte del terzo periodo, del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di euro 3.000, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 12, comma 2, del citato testo unico delle imposte sui redditi, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell'energia elettrica e del gas naturale. I datori di lavoro provvedono all'attuazione del presente comma previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti".

L'articolo 51, comma 3 del TUIR prevede in generale la possibilità di erogare beni e servizi fino a 258,23 ai lavoratori dipendenti.

L'articolo 40 del D. L. n. 48/2023 prevede che è possibile erogare beni e servizi fino a 3.000 euro ai lavoratori dipendenti con figli a carico (anche figli nati fuori dal matrimonio).

E questi beni e servizi (non denaro) sono esentasse.

Ecco quindi, quello che viene chiamato, il bonus ai dipendenti di 3.000 euro esentasse.

Rimborso bollette acqua, luce e gas in denaro ai lavoratori

Non solo, sempre nel limite di 3.000 euro nell'anno 2023, il datore di lavoro può erogare un altra forma di non retribuzione esentasse ai lavoratori, ossia può rimborsare ai lavoratori oppure erogare ai lavoratori delle somme, questa volta in denaro, a titolo di pagamento delle utenze domestiche, ossia le bollette acqua, luce e gas.

Quindi per i lavoratori con figli, il Governo ha concesso la possibilità di rimborsare in denaro, in busta paga, le bollette.

Infatti in giro si parla di Bonus Bollette ai dipendenti fino a 3.000 euro. Ma in realtà non è un bonus, ma un rimborso esentasse ai sensi del TUIR.

Cosa occorre? Che il lavoratore presenti al datore di lavoro le bollette. Ma non basta solo quello, vanno fatti tutti gli adempimenti previsti.

La cosa importante da sapere è che se il datore di lavoro non è d'accordo a rimborsare le bollette, è inutile che il lavoratore raccolga e presenti all'azienda le proprie bollette. E' giusto chiarirlo.

Chi paga i beni e servizi esentasse?

Chi paga i beni e servizi fino a 3.000 euro? Il datore di lavoro, che può "scaricare" il costo, in quanto è un costo deducibile.

Quale è il vantaggio? Il lavoratore percepisce beni e servizi che sono esentasse, non tassati. E come detto per il datore di lavoro sono costi deducibili, che rientrano nel costo del lavoro.

Bonus di 3.000 euro: è obbligatorio?

Così come non esiste alcun bonus di 3.000 euro pagato dallo Stato ai dipendenti, altrettanto non esiste alcun bonus di 3.000 euro che il datore di lavoro è obbligato a pagare ai dipendenti.

Esistono beni e servizi esentasse ai sensi del TUIR, fino a 3.000 euro (per i lavoratori con figli), che non sono obbligatori, ma una facoltà del datore di lavoro, laddove quest'ultimo intenda, con una propria libera decisione imprenditoriale, aumentare il potere di acquisto familiare dei propri lavoratori erogando al lavoratore e alla sua famiglia dei beni e servizi entro la fine dell'anno.

Oppure, rimborsando alla famiglia stessa le bollette fino ad un massimo di 3.000 euro (sempre per i dipendenti con figli).

Quali sono i beni e servizi esentasse?

La norma parla di "valore dei beni ceduti e dei servizi prestati" che non concorre alla formazione del lavoro dipendente del lavoratore, ossia non sono tassati Irpef in capo al lavoratore.

Questo vuol dire che il datore di lavoro può comprare e cedere qualsiasi bene o qualsiasi servizio al lavoratore.

Dai buoni spesa, ai buoni acquisto in piattaforme di vendita online (famose e non), a beni di prima necessità, ai biglietti di concerti, teatri, voucher.

L'unica cosa ai cui far attenzione è il limite che non va superato, nell'anno d'imposta, quindi dal 1 gennaio al 31 dicembre, è di 258,23 euro per i dipendenti senza figli e 3.000 euro per i dipendenti con figli.

E' sproporzionato per i dipendenti senza figli?

La differenza scenderà nel 2024, perché il Governo sta portando il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati a 1.000 euro per i lavoratori senza figli e 2.000 euro per i lavoratori con figli. Questo nella Legge di Bilancio 2024.

Buoni benzina 200 euro esentasse nel 2023

Un altro bonus di cui si è parlato molto è il bonus benzina o buono benzina di 200 euro.

Anche qui si tratta di una agevolazione fiscale concessa dal Governo.

Come funziona la normativa sul Bonus carburante

Il Decreto Legge n. 5 del 2023, all'articolo 1 denominato "Disposizioni in materia di bonus carburante e di trasparenza e controllo del prezzo di vendita al pubblico di carburante per autotrazione", quindi qui è il Governo che parla di Bonus carburante, prevede che:

"Fermo restando quanto previsto dall'articolo 51, comma 3, terzo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il valore dei buoni benzina o di analoghi titoli per l'acquisto di carburanti ceduti dai datori di lavoro privati ai lavoratori dipendenti, nel periodo dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, non concorre alla formazione del reddito del lavoratore, se di importo non superiore a euro 200 per lavoratore".

Quindi, la normativa dice che il datore di lavoro, oltre a poter cedere beni e servizi fino a 258,23 euro ai dipendenti senza figli e fino a 3.000 euro ai dipendenti con figli, oltre a poter rimborsare in denaro fino a 3.000 euro ai lavoratori con figli, ha la possibilità di erogare a qualsiasi dipendente dei buoni benzina o carburante oppure analoghi titoli fino a 200 euro annui nell'anno d'imposta 2023, quindi fino al 31 dicembre 2023 compreso.

Il Bonus benzina o bonus carburante è una ulteriore agevolazione fiscale perché si tratta di ulteriori beni o servizi erogati al lavoratore esentasse ai sensi del TUIR.

La norma infatti stabilisce semplicemente che il valore dei buoni benzina o di analoghi titoli per l'acquisto di carburanti, se ceduti dal datore di lavoro al dipendente, non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente del lavoratore, quindi lo Stato non pretende il calcolo ed il versamento dell'Irpef sui 200 euro, per intenderci.

Bonus di 200 euro a chi spetta?

Spetta a tutti i lavoratori dipendenti, sia con figli che senza figli.

La normativa parla di diritto dei lavoratori dei datori di lavoro privati.

Quindi nonostante il TUIR sia una normativa che riguarda chiunque produca reddito in Italia, la normativa sul bonus carburante è riservata ai datori di lavoro privati, quindi ai dipendenti privati. Sono quindi esclusi i dipendenti pubblici.

Bonus di 200 euro: chi paga?

La normativa concede un agevolazione fiscale al datore di lavoro che cede buoni carburante ai lavoratori. Pertanto chi paga il buono benzina esentasse è esclusivamente il datore di lavoro.

Il datore di lavoro può ovviamente "scaricare" il costo del bonus di 200 euro, essendo un costo deducibile.

Non esiste alcun buono benzina di 200 euro pagato dallo Stato.

Bonus di 200 euro è obbligatorio?

Come per il non bonus di 3.000 euro, ossia come per i beni e servizi ceduti dal datore di lavoro nel limite annuo di 258,23 euro, per i lavoratori senza figli, e di 3.000 euro, per i lavoratori con figli, anche il bonus carburante non è obbligatorio.

E' una agevolazione fiscale concessa al lavoratore, che non ci paga l'Irpef, esclusivamente laddove il datore di lavoro, nella propria libera scelta imprenditoriale, decida di propria tasca di erogare buoni carburante al dipendente per aumentare il reddito reale del dipendente stesso ed alleggerire i suoi costi di carburante spesi personalmente ed a livello familiare.

Premi ai dipendenti tassati al 5%

Un altra notizia molto famosa è quella della possibilità di dare premi ai dipendenti tassati solo al 5%.

La notizia è vera, ma non esistono premi in denaro dati ai dipendenti a fine anno, magari nella busta paga di dicembre, che lo Stato agevola con una tassazione al 5%.

Esiste la normativa sui premi di risultato con imposta sostitutiva dell'Irpef nella misura agevolata del 5%.

E' un po' diverso, perché non si possono erogare all'improvviso, senza una preventiva programmazione che coinvolge un percorso relativo ai premi di produttività detassati ai sensi di legge.

La Legge di Bilancio 2023, Legge 29 dicembre 2022, n. 197,  all'articolo 1 comma 63 prevede che "Per i premi e le somme erogati nell'anno 2023, l'aliquota dell'imposta sostitutiva sui premi di produttività, di cui all'articolo 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e' ridotta al 5 per cento".

La prima cosa da sapere è l'imposta sostitutiva è effettivamente stata ridotta al 5% nell'anno 2023. 

La seconda cosa da sapere che è possibile pagare il 5% di "tasse" sui premi di produttività e la legge fa riferimento all'art. 1 comma 182 della Legge di Bilancio 2016, la quale prevede appunto che è possibile non pagare l'Irpef ma una imposta sostitutiva del 10% (poi ridotta al 5% nel 2023), ma su cosa?

Sui premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con il decreto.

La terza cosa da sapere è che il datore di lavoro può erogare fino a 3.000 euro all'anno, elevabili a 4.000 euro in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori, con tassazione del solo 5%, ma esclusivamente in riferimento a contratti aziendali o territoriali in relazione ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.

Detto in altre parole, i lavoratori possono percepire una somma di denaro esentasse al 95% o tassata solo del 5% in sostituzione dell'Irpef solo su premi di risultato, ossia premi erogati dal datore di lavoro e che sono legati ai risultati misurati nell'anno, ad accordi aziendali stipulati ad esempio ad inizio d'anno con misurazione dei risultati raggiunti dai lavoratori nell'anno intero.

E in base ai risultati raggiunti dai lavoratori, nell'accordo deve essere definito il premio.

E lo Stato fa la sua parte, anche in questo concedendo un'agevolazione fiscale, consistente nel prelievo di una imposta ridotta e sostitutiva del 5% in luogo dell'Irpef.

Se poi l'accordo aziendale sui premi di risultato è eseguito con il coinvolgimento paritetico dei lavoratori, lo Stato concede un ulteriore agevolazione: fino a 800 euro a lavoratore, il datore di lavoro ha una riduzione dell'aliquota contributiva Inps del 20% ed il lavoratore non paga i contributi previdenziali (9,19%) accanto a pagare una imposta sostitutiva del 5% (in sostituzione dell'Irpef).

Premi ai dipendenti tassati al 5%: a chi spettano?

I premi ai dipendenti tassati al 5% sono premi di risultato erogati ai lavoratori dipendenti di aziende che stipulano accordi aziendali. Spettano a tutti i lavoratori inclusi nell'accordo.

Premi ai dipendenti tassati al 5%: chi paga?

Anche in questo caso non esiste nessun premio ai dipendenti pagato dallo Stato.

E non esiste alcun premio ai dipendenti tassato al 5%. Esistono premi di risultato agevolabili con una imposta sostitutiva del 5%, erogati ai lavoratori sulla base di accordi aziendali che definiscono premi di produttività.

Chi paga i premi di produttività o risultato ai dipendenti tassati al 5% è esclusivamente il datore di lavoro. Lo Stato fa la sua parte concedendo agevolazioni fiscali e contributive.

Il datore di lavoro può "scaricare" il costo dei premi, essendo un costo deducibile.

Premi ai dipendenti tassati al 5% sono obbligatori?

Se si parla di premi di produttività definiti in un accordo aziendale, il datore di lavoro stipulando questi accordi si obbliga ad erogare i premi di risultato ai dipendenti che raggiungono quanto concordato nell'accordo in termini di incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.

Pertanto, i premi di produttività ai dipendenti sono obbligatori, perché facenti parte di una premialità concordata nell'accordo al raggiungimento da parte dei dipendenti di determinati risultati.

Welfare aziendale ai dipendenti

Un'altra cosa famosa in giro è l'utilizzo delle parole fringe benefit e welfare aziendale.

Fringe benefit e welfare aziendale: differenza

I fringe benefit sono di fatto beni e servizi messi a disposizione dal datore di lavoro al lavoratore. Tra i fringe benefit più famosi c'è l'auto aziendale a dipendente.

La normativa fiscale che agevola i fringe benefit è sempre l'art. 51 del TUIR.

Il Welfare aziendale è un complesso di beni e servizi erogati dal datore di lavoro ai lavoratori usufruendo di agevolazioni fiscali, contenute sempre nell'art. 51 del TUIR.

Mentre i fringe benefit sono beni e servizi direttamente concessi al lavoratore, in qualche modo nell'esercizio della sua attività lavorativa, il welfare aziendale ha la finalità di fornire servizi di welfare alla famiglie, servizi di welfare che lo Stato demanda ai datori di lavoro e che agevola attraverso il TUIR.

Il Welfare aziendale è quindi un favorire delle forme di retribuzione, rimborsi spese, erogazione di servizi a sostegno delle famiglie dei lavoratori attraverso agevolazioni fiscali.

La normativa sul welfare aziendale è contenuta nell'art. 51, comma 2 del TUIR, in particolare dalla lettera f) alla lettera .

Questo comma fornisce l'elenco tassativo degli elementi che non concorrono a formare il reddito del dipendente, quindi che non rientrano nell'imponibile fiscale e previdenziale del lavoratore. Sostanzialmente tutto ciò che è esentasse.

Opere e servizi utilizzabili dal dipendente o dai familiari

La lettera f) del comma 2 dell'art. 51 del TUIR stabilisce che "Non concorrono a formare il reddito: f) l'utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell'articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell'articolo 100″. Il comma 1 dell'articolo 100 elenca le finalità che sono "finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto".

Nel concreto è possibile erogare ai dipendenti non somme di denaro, ma opere e servizi, erogati da parte del datore di lavoro, ai dipendenti o ai familiari a carico. Questi servizi devono avere la finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto.

Sono esempi di welfare aziendale ai sensi della lettera f) i seguenti servizi:

Educazione e istruzione (a titolo esemplificativo: corsi extraprofessionali, corsi di formazione, corsi di lingua, servizi di orientamento allo studio, libri di testo, rette scolastiche);

  • Ricreazione (a titolo esemplificativo: abbonamenti pay-tv, cinema, teatro, palestre, centri sportivi, quotidiani, pacchetti completi di viaggio, viaggi e soggiorni, mostre, musei, biblioteche, ingressi a competizioni sportive e altre attività ricreative);
  • Assistenza sociale (a titolo esemplificativo: badantato, case di riposo);
  • Assistenza sanitaria (a titolo esemplificativo: visite specialistiche, check-up, esami, cure odontoiatriche, terapie e riabilitazioni);
  • Culto (a titolo esemplificativo: pellegrinaggi).

Per poter erogare questi servizi ai dipendenti occorre però un contratto o un accordo o un regolamento aziendale.

Tra l'altro per tali opere e servizi non è ammessa l’erogazione di rimborsi spese e non sono rimborsabili le spese accessorie. Quindi il datore di lavoro non può erogare in busta paga una somma di denaro utile all'acquisto di questi servizi, ma deve acquistarli direttamente.

Rimborso spese per beni e servizi fruiti dai familiari

Le successive lettere f-bis) ed f-ter) del comma 2 dell'art. 51 del TUIR stabiliscono che "Non concorrono a formare il reddito:

  • "f-bis) le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell'articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari".
  • f-ter) le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell'articolo 12″.

Ai sensi dell’art. 51, comma 2, lettere f-bis) ed f-ter) del TUIR è possibile, oltre l’erogazione diretta o tramite terzi, la corresponsione di somme di denaro erogate a titolo di rimborsi di spese sostenute per la fruizione da parte dei familiari anche non a carico (familiari ai sensi dell’art. 12 del TUIR – D.P.R. n. 917/1986, a titolo esemplificativo coniuge o unito civilmente, figli compreso digli naturali riconosciuti, i figli adottivi, gli affidati o affiliati, genitori, generi e nuore, suoceri, fratelli e sorelle), sempreché il dipendente conservi e fornisca all’azienda la documentazione comprovante l’utilizzo delle somme coerentemente con le seguenti finalità:

  • educazione e istruzione anche in età prescolare;
  • servizi integrativi;
  • mensa scolastica;
  • frequenza di ludoteche;
  • frequenza di centri estivi e invernali;
  • borse di studio a favore di familiari;
  • premi di merito a favore di familiari;
  • sussidi per fini di studio a favore di familiari;
  • rette scolastiche;
  • tasse universitarie;
  • libri di testo scolastici;
  • incentivi economici agli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell’ambito scolastico;
  • servizio di trasporto scolastico;
  • gite didattiche;
  • visite d’istruzione;
  • altre iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica;
  • servizi di baby-sitting;
  • servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’art.12 del TUIR.

In questo caso è ammesso il pagamento diretto da parte del datore di lavoro. Non sono ammesse le spese accessorie.

Conversione in contributi e premi

La lettera f-quater) del comma 2 dell'art. 51 del TUIR stabilisce che "Non concorrono a formare il reddito:

f-quater) i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, le cui caratteristiche sono definite dall'articolo 2, comma 2, lettera d), numeri 1) e 2), del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 27 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2010, o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie".

Welfare aziendale: a chi spetta?

Così come per il premio di risultato detassato al 5%, anche per il welfare aziendale è necessario un contratto o un accordo o un regolamento aziendale che disciplina tra le tante cose anche i lavoratori dipendenti ai quali spettano i beni e servizi o le somme di denaro delle politiche di welfare aziendale dell'azienda, ai sensi dell'art. 51 del TUIR.

Pertanto il welfare aziendale spetta ai dipendenti indicati nell'accordo, nel contratto o nel regolamento aziendale.

Welfare aziendale: chi paga?

Tutte le misure di cui stiamo parlando sono contenute nell'art. 51 del TUIR, quindi sono beni o servizi o somme di denaro erogate dal datore di lavoro e quindi pagate dal datore di lavoro.

Il datore di lavoro può "scaricare" il costo del welfare aziendale, essendo un costo deducibile.

Lo Stato attraverso le norme del TUIR concede delle agevolazioni fiscali, consistenti nell'esclusione dalla base imponibile previdenziale e fiscale, quindi attraverso l'esonero dal versamento dei contributi e dell'imposta Irpef.

Welfare aziendale: è obbligatorio?

Come per il premio di risultato, essendo necessario un accordo o contratto o regolamento aziendale, nel quale vengono definiti diritti e doveri dei lavoratori, ma anche diritti e doveri dei datori di lavoro, anche nel caso del welfare aziendale, l'erogazione è obbligatoria, perché il datore di lavoro si obbliga.

Buoni pasto ai dipendenti

Veniamo ai famosi buoni pasto ai dipendenti.

Anche la normativa relativa ai buoni pasto è contenuta nell'articolo 51 del TUIR.

In particolare la lettera c) dell'articolo 51, comma 2 del TUIR stabilisce che "Non concorrono a formare il reddito:

"c ) le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all'importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica".

Buoni pasto: cosa sono e come funzionano

I buoni pasto nella normativa italiana sono "prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto", che se erogate secondo la norma appena citata, sono esentasse.

In particolare i buoni pasto cartacei sono esentasse fino ad un importo di 4 euro al giorno.

I buoni pasto elettronici (quindi con card sulla quale sono accreditati) sono esentasse fino ad un importo di 8 euro al giorno.

I buoni pasto possono essere utilizzati sia per pagarsi il pranzo durante la pausa da lavoro, sia per la spesa al supermercato. E sono anche utilizzabili in maniera cumulativa.

Però, essendo prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto, la loro erogazione giornaliera da parte del datore di lavoro è strettamente collegata al numero di giornate di lavoro effettuate dal lavoratore nel mese o nell'anno.

Buoni pasto: a chi spettano?

I buoni pasto spettano, o per meglio dire possono spettare, a tutti i lavoratori dipendenti, ossia nessuno di loro è escluso.

Spettano in particolare in maniera collegata alle giornate lavorate.

Essendo prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto, è necessario che vi sia una pausa lavorativa. Quindi per i lavoratori a tempo parziale inferiore a 6 ore, l'erogazione potrebbe comportare il computo nel reddito da lavoro dipendente.

Buoni pasto: chi paga?

I buoni pasto sono collegati alle somministrazioni di vitto, in particolare sono sostitutivi.

Il costo dei buoni pasto è sostenuto dal datore di lavoro, che può ovviamente "scaricare" il costo dei buoni pasto, perché è un costo deducibile.

Buoni pasto: sono obbligatori?

Sempre perché i buoni pasto sono prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto, essendo tali somministrazioni una libera scelta dell'imprenditore, i buoni pasto non sono obbligatori.

E' però un diritto dei lavoratori al momento in cui tale prestazione viene garantita agli stessi dal datore di lavoro. Così come non è del tutto indicato erogare buoni pasto solo ad alcuni lavoratori.

Nei casi in cui l'azienda non eroga buoni pasto, non è obbligata a farlo.

Premio in denaro al dipendente soggetto a contributi e tassazione Irpef

In passato era previsto dal TUIR, in particolare dalla lettera b), del comma 2 dell'art.51 del TUIR, un'agevolazione fiscale che poi è stata abrogata.

Secondo questa norma non concorrevano a formare il reddito da lavoro dipendente "le erogazioni liberali concesse in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti non superiori nel periodo d'imposta a lire 500.000".

Quindi era consentito dare ai dipendenti un premio in denaro nel limite massimo di 258,23 euro annui, esentasse.

Questa norma è abrogata, quindi nell'attuale normativa fiscale italiano, non è consentito dare premi in busta paga ai dipendenti esentasse.

L'eventuale premio in denaro concesso ai lavoratori è legittimo, ma assoggettato a contributi previdenziali da parte del lavoratore e del datore di lavoro, assoggettato a normale tassazione Irpef, addizionali regionali e comunali, in quanto il premio in denaro in busta paga si somma all'imponibile previdenziale e fiscale del lavoratore sia nel mese di erogazione che nell'anno d'imposta.

Risulta sconveniente. Di contro risulta conveniente beneficiare delle agevolazioni di legge descritte.

Il premio in denaro contante è invece vietato perché in Italia le retribuzioni devono essere pagate esclusivamente con strumenti tracciabili (bonifico) e tutto ciò che viene erogato al dipendente deve essere tassato.

Come dare bonus ai dipendenti nel corso o a fine anno

Chiarito che il premio in busta paga è tassato, che il premio in denaro contante è vietato, chiariti tutti gli aspetti normativi legati ai vari bonus che si leggono da più parti e gli aspetti relativi a Fringe benefit (Bonus ai dipendenti) fino a 3.000 euro, Buoni benzina, Premi ai dipendenti tassati al 5%, Welfare aziendale e Buoni pasto, il datore di lavoro deve regolarsi in base alle opportunità di legge e le proprie intenzioni in termini di investimento finanziario riguardo ai dipendenti.

E' chiaro che il bonus carburante di 200 euro è una delle misure fattibili per dare un aiuto concreto ed esentasse ai dipendenti, trattandosi di una cifra comunque sostenibile.

Per i dipendenti senza figli o anche con figli, fino a 258,23 euro, è possibile erogare beni e servizi, sostanzialmente senza alcun adempimento da farsi, se non quello di comprare dei buoni spesa o dei buoni acquisto.

Quando il datore di lavoro vuole spingersi oltre i 258,23 euro in beni e servizi ed oltre anche gli aggiuntivi 200 euro di buono carburante e quindi sta valutando, per esempio per i lavoratori con figli, una erogazione di beni e servizi fino a 3.000 euro e comunque superiori a 258,23 euro, a quel punto occorre attivarsi per tutti gli adempimenti richiesti.

Perché per tale erogazione bisogna farsi autocertificare dal lavoratore il possesso dei requisiti, ossia  lo status di figlio a carico dal lavoratore (ricordiamo che è a carico un figlio che possiede redditi, al lordo degli oneri deducibili, entro i seguenti massimali:  non superiore a 4.000 euro, in caso di figli fino a 24 anni di età; non superiore a 2.840,51 euro, in caso di figli oltre i 24 anni di età).

Non solo, bisogna poi che l'azienda invii una informativa alla Rappresentanza sindacale unitaria (RSU) se presente.

Analogo discorso se, sempre in favore dei lavoratori con figli, il datore di lavoro voglia rimborsare le bollette di acqua, luce e gas al lavoratore, scaricandosene il relativo costo, perché sostenuto nei confronti del dipendente, pur se per quest'ultimo il rimborso è esentasse.

Ma per esserlo, occorre che il lavoratore presenti le bollette, perché il datore di lavoro deve conservarle per eventuali controlli. In alternativa è possibile un autodichiarazione del lavoratore. Il lavoratore deve comprovare anche il pagamento delle utenze domestiche.

Quando si entra invece nelle intenzioni di erogare premi di risultato detassati al 5%, così come welfare aziendale, coinvolgimento paritetico dei lavoratori, allora la tipologia di scelta del datore di lavoro, ma anche dei lavoratori si fa più ampia e prospettica.

In altre parole, sia i premi di produttività detassati che il welfare aziendale sono attivabili ad inizio anno o comunque in un accordo o regolamento o contratto che disciplini prima gli obiettivi e le condizioni e poi la successiva erogazione. Sono politiche aziendali che vanno programmate ad inizio anno per una effettiva fruizione da parte dei lavoratori alla fine dell'anno.

Lo stesso discorso di ampio respiro riguarda i buoni pasto.

Essendo una prestazione sostitutiva delle somministrazioni di vitto, dal momento in cui il datore di lavoro eroga buoni pasto ai dipendenti collegati alle giornate di lavoro e quindi di fatto introduce nella sua azienda la somministrazione di vitto, ossia un buono esentasse che sostiene i dipendenti riguardo al pranzo o la spesa di famiglia.

E' sicuramente possibile erogare ai dipendenti dei buoni pasto, anche nella parte finale dell'anno, non per forza uno per ogni giornata di lavoro di almeno 6 ore nell'anno, ma è chiaro che una volta introdotti, devono essere considerati come somministrazioni di vitto assicurate ai dipendenti.

Quindi trattasi di una scelta, probabilmente molto conveniente, perché molto spesso addirittura il costo deducibile sostenuto dal datore di lavoro è inferiore al valore nominale del buono, con la possibilità di aumentare sensibilmente il netto reale percepito dal dipendente con un ridotto costo del lavoro aziendale, ma che riguarda il presente e futuro dell'azienda e del rapporto tra azienda e lavoratori.

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Antonio Barbato
Direttore editoriale e Consulente del Lavoro
Mi occupo di consulenza del lavoro e giornalismo giuslavoristico, previdenziale e fiscale. Iscritto all’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Napoli e fondatore di uno studio professionale specializzato nel mondo del web e dell’editoria. Sono tra i soci fondatori e Vice Presidente dell’Associazione giovani Consulenti del Lavoro di Napoli. Tra i primissimi redattori di Fanpage.it, ho ricoperto, sin dalla fondazione del giornale, il ruolo di Responsabile dell’area Lavoro (Job), dal 2011 al 2022. Autore di numerose guide esplicative, dal 2023 ricopro il ruolo di Direttore editoriale di Lexplain, verticale del gruppo Ciaopeople dedicato al mondo della legislazione, del fisco, dell'economia e della finanza.
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