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20 Settembre 2023
13:00

Art. 262 c.p.: Rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione

L'art. 262 c.p., rubricato come “Rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione”, rientra nel Libro II, Titolo I, Capo I. Vediamo la norma, la sua spiegazione e gli orientamenti della giurisprudenza.

Art. 262 c.p.: Rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione
Dottoressa in Giurisprudenza
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L’articolo 262 del Codice Penale, rientra nel Libro II – Dei delitti in particolare, Titolo I – Dei delitti contro la personalità dello Stato, Capo I – Dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato, rubricato come “Rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione”.

Il testo aggiornato dell’art. 262 c.p. dispone:

Chiunque rivela notizie, delle quali l'Autorità competente ha vietato la divulgazione, è punito con la reclusione non inferiore a tre anni.

Se il fatto è commesso in tempo di guerra, ovvero ha compromesso la preparazione o l'efficienza bellica dello Stato o le operazioni militari, la pena è della reclusione non inferiore a dieci anni.

Se il colpevole ha agito a scopo di spionaggio politico o militare, si applica, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, la reclusione non inferiore a quindici anni; e, nei casi preveduti dal primo capoverso la pena dell’ergastolo.

Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche a chi ottiene la notizia.

Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione da sei mesi a due anni, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, e da tre a quindici anni qualora concorra una delle circostanze indicate nel primo capoverso”.

Procedibilità: d'ufficio
Competenza: Corte d'Assise; Tribunale monocratico (I parte del 5° comma)
Arresto: obbligatorio (1°, 2° e 3° comma); non consentito (I parte del 5° comma); facoltativo (II parte del 5° comma)
Fermo: consentito; non consentito (I parte del 5° comma)
Custodia cautelare in carcere: consentita; non consentita (I parte del 5° comma)
Altre misure cautelari personali: consentite; non consentite (I parte del 5° comma)
Termine di prescrizione: 24 anni (1° e 2° comma); 24 anni (I parte del 3° comma); imprescrittibile (II parte del 3° comma: v. art. 157, comma 8); 6 anni (I parte del 5° comma); 15 anni (II parte del 5° comma: v. art. 157, comma 2)

La norma intende tutelare l’inviolabilità delle informazioni di interesse nazionale e, più in generale, garantisce il controllo e la segretezza di tutti i documenti e di tutte le notizie concernenti la sicurezza dello Stato.

Rispetto al precedente articolo 261 del Codice Penale, la disposizione di questa norma differisce relativamente all’oggetto materiale della condotta che, in questo caso, si concentra sulle notizie riservate.

Particolare precisazione da sottolinearsi è la modifica operata nella parte conclusiva del terzo comma, “la pena dell’ergastolo”  adesso enunciata ha sostituito la pregressa previsione della pena di morte disposta in origine. Si ricorda, infatti, che la pena di morte è stata abolita dall’ordinamento italiano in virtù del D. Lgs. Lgt. 10 agosto 1944, n. 224 e del D. Lgs. 22 gennaio 1948, n. 21.

Il comma due e il comma tre si riferiscono a due differenti aggravanti speciali: la prima inerente la commissione dell'azione in tempo di guerra, la seconda invece con scopo di spionaggio politico-militare.

Vediamo alcuni tra gli orientamenti della giurisprudenza:

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 25 maggio 2022, n. 20445
Il delitto di rivelazione di notizie di cui sia vietata la divulgazione è un reato di pericolo che sanziona la diffusione di informazioni al di fuori delle persone che, necessariamente, debbono conoscerle per adempiere ai loro compiti istituzionali, sicchè l'offensività della condotta è esclusa solo se le notizie, prima della loro diffusione, siano divenute di pubblico dominio, mentre è giuridicamente irrilevante che esse siano note a coloro che sono autorizzati a conoscerle. (Conf. Sez. 1, n. 3929 del 1989, Rv. 180806)”.

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 28 novembre 2013, n. 47224
Non integra il delitto di cui all'art. 262 cod. pen. la divulgazione di notizie che, pur classificate come "riservate" ai sensi dell'art. 42 della legge 3 agosto 2007, n. 124, risultino estranee agli interessi che giustificano il segreto di Stato, o siano comunque inidonee, se diffuse, a recare pregiudizio a detti interessi”.

Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, sezione 1, sentenza 19 novembre 2010, n. 2730
Relativamente all'impugnazione del provvedimento con cui il Prefetto abbia denegato il diritto di accesso alla relazione con la quale si sia proceduto allo scioglimento del consiglio comunale, con contestuale nomina della commissione straordinaria, a causa delle ritenuta sussistenza di forme di criminalità organizzata nella vita e nell'attività dell'ente, non merita condivisione l'assunto prefettizio in forza del quale la relazione oggetto dell'istanza di accesso, classificata come "riservata", sia da intendersi soggetta al regime di cui all'art. 262 c.p. ed il ricorrente difetterebbe di una posizione legittimante connessa alla mancanza di una situazione giuridicamente rilevante sotto il profilo della tutela giurisdizionale per effetto dell'omessa impugnazione del D.P.R. di scioglimento del consiglio comunale entro i termini di legge. Orbene, al riguardo giova precisare che il diritto di accesso, avente natura autonoma rispetto alla posizione giuridicamente rilevante sottostante ed alla cui tutela esso è preordinato, tende al conseguimento di un autonomo bene della vita con la conseguenza che in sede di delibazione è irrilevante l'eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente potrebbe proporre una volta avuta visione degli atti. La valutazione dell'interesse all'accesso va effettuata, difatti, con riferimento alle finalità che il richiedente dichiara di perseguire, prescindendo, però, da un concreto apprezzamento in ordine all'ammissibilità o fondatezza della domanda la cui valutazione è rimessa esclusivamente all'autorità giudiziaria chiamata a decidere”.

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 25 ottobre 2007, n. 29514
Il reato di cui all'art. 262 c.p. (Rivelazioni di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione) ha ad oggetto non solo le notizie coperte dal segreto di Stato, ai sensi dell'art. 39 legge 3/8/2007 n. 124, ma anche quelle, diverse dalle prime, di cui sia stata vietata dall'Autorità competente la divulgazione per la tutela di interessi generali di natura assimilabile a quelli tutelati dal segreto di Stato”.

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 25 ottobre 2007, n. 39541
Il reato di rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione previsto dall'art. 262 c.p. ha ad oggetto non solo le notizie coperte dal segreto di Stato, ma anche quelle, diverse dalle prime, che l'autorità competente, in base a valutazioni discrezionali e per la tutela di interessi generali di natura assimilabile a quelli tutelati dal segreto di Stato, abbia ritenuto di sottrarre a una conoscenza diffusa e indiscriminata”.

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 29 gennaio 2002, n. 3348
In tema di procacciamento e rivelazione di notizie di carattere segreto o riservato concernenti la sicurezza dello Stato, è sindacabile da parte del giudice il provvedimento impositivo del segreto ovvero del divieto di divulgazione, che concorre ad integrare l'elemento costitutivo della "segretezza" o "riservatezza" dei delitti di cui agli artt. 256, 261 e 262 cod. pen., in ordine al duplice profilo della pertinenza ed idoneità offensiva delle informazioni procurate o rivelate in relazione agli interessi pubblici indicati dall'art. 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801 e della natura non eversiva dell'ordine costituzionale dei fatti segretati”.

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 17 marzo 1989, n. 3929
In tema di rivelazione di notizie di cui sia vietata la divulgazione, soltanto l'accertamento che le notizie sono divenute di pubblico dominio toglie ogni offensività alla ulteriore divulgazione, mentre resta giuridicamente irrilevante che le notizie siano note alle persone autorizzate, anche se in numero indeterminato; la norma, infatti, configura un reato di pericolo e punisce appunto la diffusione di notizie al di fuori delle persone che necessariamente debbono conoscerle per adempiere i compiti loro affidati dallo Stato”.

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 14 luglio 1966, n. 188
A tutela dell'interesse militare e, perciò stesso, dell'interesse della sicurezza dello stato, il codice penale vigente, innovando a quello del 1889, prevede un gruppo di Disposizioni che puniscono come delitti fatti che siano compiuti a fine di spionaggio militare (art 257 e 258) o la rivelazione di notizie segrete o riservate (art 261 e 262). Quando, invece, i fatti, di per sé idonei allo spionaggio, non risultano univocamente diretti ad esso, potendo essere determinati da altri motivi (curiosità ecc), così che non sarebbero punibili come tentativo di alcuno dei delitti preveduti negli artt 256-258, il codice penale prevede all'art 260 una particolare disposizione diretta a reprimerli autonomamente come indizi di un possibile scopo spionistico. Ai fini di stabilire se,nel caso concreto sottoposto al suo esame, ricorrano gli estremi del reato di ‘spionaggio indiziario',il giudice di merito deve accertare nei suoi precisi termini il fatto addebitato all'imputato, per individuare se esso pur non essendo univocamente diretto allo spionaggio ne possa tuttavia costituire un indizio”.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Intelligence istituzionale e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea. Nel corso degli anni ho preso parte a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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