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24 Luglio 2023
17:05

Art. 1024 c.c., Divieto di cessione

L'art. 1024 c.c., rubricato "Divieto di cessione", rientra nel Libro III, Titolo V, Capo II del Codice Civile. Vediamo la norma, la sua spiegazione e gli orientamenti della giurisprudenza.

Art. 1024 c.c., Divieto di cessione
Dottoressa in Giurisprudenza
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L’articolo 1024 del Codice Civile, di cui al Libro III – Della proprietà, Titolo V – Dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione, Capo II – Dell'uso e dell'abitazione, è intitolato “Divieto di Cessione”.

Il testo aggiornato dell'art. 1024 c.c. prevede che:

“I diritti di uso e di abitazione non si possono cedere o dare in locazione”

La ragione che si cela dietro al dettato normativo risiede nel voler vietare il caso in cui l’usuario e l'habitator possano compiere una cessione del proprio diritto.

Come? Superando i normali limiti imposti da quella esclusiva e preponderante soddisfazione conseguente ai bisogni propri e della propria famiglia.

Il concetto di famiglia cui rinvia la norma, e più in generale il Capo II – “Dell’uso e dell’Abitazione”, fa riferimento al coniuge e ai figli (naturali, riconosciuti, adottivi e affiliati) precedenti o successivi al diritto sorto.

Il diritto di uso è uno dei diritti reali che conferisce al titolare il godimento della cosa, garantendo al titolare anche di poter godere dei frutti generati.

L’uso è contemplato esclusivamente per quelli che sono chiamati frutti naturali – ad esempio, il grano prodotto dalla campagna, le pere dell’albero e così via – poiché direttamente generati dal bene. Sono esclusi, invece, i frutti civili e che derivano dalla soddisfazione economica generata dalla cessione del bene.

Ecco alcuni degli orientamenti rilevanti della giurisprudenza:

Corte di Cassazione, sezione 2, ordinanza 21 giugno 2022, n. 199490
"Il divieto di cessione del diritto reale di uso su una porzione di cortile condominiale attribuito ad uno dei condomini non comporta che non sia configurabile in favore del successore a titolo particolare nella proprietà individuale dell'unità immobiliare, al cui servizio essa è destinata, anche in difetto di espressa menzione dei diritto d'uso nel contratto di alienazione, l'accessione del possesso agli effetti dell'art. 1146, comma 2, c.c. (nella specie, allo scopo di suffragare una maturata usucapione), occorrendo ai fini del cumulo dei distinti possessi del successore e del suo autore unicamente la prova di un ‘titolo' astrattamente idoneo, ancorché invalido, a giustificare la "traditio" del medesimo oggetto del possesso".

Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 27 aprile 2015, n. 8507
"In tema di diritto d'uso, il divieto di cessione sancito dall'art. 1024 cod. civ. non è inderogabile, non avendo natura pubblicistica e attenendo a diritti patrimoniali disponibili, sicché nell'atto costitutivo del diritto il nudo proprietario e l'usuario possono derogare al vincolo d'incedibilità".

Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 8 luglio 2013, n. 17643
"Il contratto, in forza del quale il concessionario per l'occupazione di un'area demaniale e dello spazio d'acqua antistante ceda ad un terzo l'utilizzazione esclusiva, per un certo periodo di tempo e per un determinato corrispettivo, di un posto barca di un pontile compreso nella concessione, configura un contratto di ormeggio e non costituisce un diritto d'uso, con conseguente inapplicabilità del divieto di cessione di cui all'art. 1024 cod. civ.".

Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 26 febbraio 2008, n. 5034
"La differenza, dal punto di vista sostanziale e contenutistico, tra il diritto reale d'uso e il diritto personale di godimento è costituita dall'ampiezza ed illimitatezza del primo, in conformità al canone della tipicità dei diritti reali, rispetto alla multiforme possibilità di atteggiarsi del secondo che, in ragione del suo carattere obbligatorio, può essere diversamente regolato dalle parti nei suoi aspetti di sostanza e di contenuto".

Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 2 marzo 2005, n. 4599
"Ai sensi dell'art. 1020 cod. civ. il diritto d'uso, che ha natura personale, trova la sua fonte in un'obbligazione assunta da un soggetto nei confronti di un altro soggetto, il quale può servirsi della cosa secondo lo schema delineato dalla norma citata, con conseguente divieto di cedere il diritto stesso, ex art. 1024 cod. civ., salvo espressa pattuizione di deroga ad opera delle parti".

Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 30 luglio 2004, n. 14594
"Il principio della conversione del diritto di abitazione spettante al coniuge superstite nel suo equivalente monetario nell'ipotesi in cui la residenza familiare del "de cuius" sia ubicata in un immobile in comproprietà, – e, per la l'indivisibilità dell'immobile, non possa attuarsi il materiale distacco della porzione spettante al coniuge qualora l'immobile stesso venga assegnato per intero ad altro condividente – è applicabile anche all'ipotesi (quale quella di specie) in cui, a seguito della vendita all'incanto dell'immobile ritenuto indivisibile, si verrebbe inevitabilmente a creare la convergenza sullo stesso bene del diritto di proprietà acquisito dal terzo aggiudicatario e del diritto di abitazione spettante al coniuge superstite (risultando concretamente impossibile la separazione della porzione dell'immobile spettante a quest'ultimo)".

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 5 luglio 1988, n. 4420
"In sede di separazione consensuale qualora i coniugi stabiliscono che la casa familiare resti a disposizione dell'altro coniuge per abitarla con i figli, così sostanzialmente recependo il contenuto della norma dettata dal comma quarto dell'art. 155 cod. civ. nel testo novellato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151, il diritto che ne deriva è un atipico diritto personale di godimento, ordinato a tutela dell'esclusivo interesse della prole minorenne nata dal matrimonio, e non un diritto reale di abitazione, spettante anche ai familiari diversi dalla detta prole, con la conseguenza che esso non è opponibile ai terzi, salva la configurabilità di una responsabilità per danni in confronto del coniuge assegnatario, ove l'altro coniuge alieni la casa familiare".

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Intelligence istituzionale e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea. Nel corso degli anni ho preso parte a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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