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27 Luglio 2023
15:00

Scioglimento del matrimonio (art. 149 del Codice civile)

Lo scioglimento del matrimonio, a norma dell'art. 149 del Codice civile, può verificarsi per la morte di uno dei coniugi oppure in seguito a una pronuncia di divorzio. Ci sono vari modi per divorziare. Se non c'è accordo tra i coniugi, l'unica strada da percorrere è quella del divorzio giudiziale, se invece tra gli ex coniugi non ci sono frizioni, esistono strade più veloci, come quella del divorzio tramite negoziazione assistita.

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Scioglimento del matrimonio (art. 149 del Codice civile)
Avvocato
divorzio

La norma di cui all’art. 149 del Codice civile reca una disciplina in tema di scioglimento del matrimonio.

L’art. 149 c.c. così dispone:

Art. 149. Scioglimento del matrimonio.

 Il matrimonio si scioglie con la morte di uno dei coniugi e negli altri casi previsti dalla legge. 

Gli effetti civili del matrimonio celebrato con rito religioso,  ai sensi dell'articolo 82 o dell'articolo 83, e regolarmente trascritto, cessano alla morte di uno dei coniugi e  negli  altri  casi  previsti dalla legge

Spiegazione dell’art. 149 del Codice civile

Al primo comma dell’art. 149 c.c. viene stabilito che il matrimonio si scioglie con la morte di uno dei coniugi e negli altri casi stabiliti dalla legge.

Le cause di scioglimento del matrimonio possono essere le seguenti:

  • la morte;
  • la morte presunta: una volta divenuta eseguibile la sentenza che dichiara la morte presunta, il coniuge può contrarre nuovo matrimonio (art. 65 c.c.). Se la persona di cui è stata dichiarata la morte presunta fa ritorno, il matrimonio contratto è nullo, ma ne sono salvi gli effetti civili (art. 68 c.c.);
  • il divorzio: è disciplinato dalla Legge 1 dicembre 1970, n. 898, recentemente modificata a opera della Riforma Cartabia (Il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 come  modificato  dalla  L.  29 dicembre 2022, n. 197).

Il divorzio è una strada percorribile sia qualora sia stato contratto matrimonio civile, sia qualora sia stato effettuato matrimonio concordatario.

In ipotesi di matrimonio concordatario il divorzio cancella i soli effetti civili del matrimonio, che invece resta efficace per il diritto canonico, quanto agli effetti religiosi.

Come si può divorziare in Italia?

Oggi è possibile divorziare seguendo una serie di procedure.

Si può passare dalla procedura più veloce (ed economica) ovvero il divorzio presso il Comune dinanzi al sindaco a quella più complessa (e onerosa) ovvero il divorzio giudiziale.

Quale procedura scegliere?

Vanno fatte delle importanti valutazioni.

Prima valutazione fondamentale: c’è accordo tra i coniugi?

Se c’è accordo e non ci sono minori o figli maggiorenni non autosufficienti è possibile percorrere la strada più breve e semplice, che non richiede l’assistenza degli avvocati ovvero il divorzio dinanzi al sindaco.

Se c’è accordo e ci sono figli si può comunque accedere alla procedura di negoziazione assistita.

Questa procedura ha il vantaggio di essere veloce e alquanto semplice, è però necessario che ogni coniuge venga assistito da un suo avvocato personale, con conseguente duplicazione delle spese.

Se non si vuole procedere con negoziazione assistita, è comunque possibile ricorrere alla separazione consensuale. In questo caso le parti possono ricorrere all’assistenza di un solo avvocato.

Qualora non vi sia accordo tra coniugi, l’unica via è quella della separazione giudiziale.

Il divorzio

La Legge 1 dicembre 1970, n. 898 stabilisce all’art. 1 che il  giudice  pronuncia  lo  scioglimento del matrimonio contratto a norma del codice civile, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione,  accerta  che la comunione  spirituale  e  materiale  tra  i  coniugi  non può essere mantenuta  o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'articolo 3.

All’art. 3 vengono individuate una serie di ipotesi in cui può essere pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

La prima ipotesi prevista è quella di condanna penale del coniuge.

Viene cioè prevista la possibilità di chiedere lo scioglimento del matrimonio quando, dopo la celebrazione del matrimonio,  l'altro  coniuge sia stato condannato, con sentenza passata  in  giudicato,  anche  per fatti commessi in precedenza al matrimonio in una serie di ipotesi.

Tra le ipotesi espressamente contemplate dalla legge sul divorzio vi sono i casi di condanna:

  • all'ergastolo ovvero a una pena superiore ad anni quindici per uno o più delitti non colposi,  esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di  particolare  valore morale e sociale;
  • a  qualsiasi  pena  detentiva  per  il   delitto   di   incesto (art. 564 c.p.) ovvero per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione;
  • a qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di un figlio;
  • a qualsiasi pena detentiva, per il delitto di lesioni ovvero per il reato di maltrattamenti in famiglia perpetrato  in  danno  del  coniuge  o  di  un figlio.

Altra ipotesi contemplata dal Codice civile è quella in cui l'altro coniuge, cittadino straniero, abbia  ottenuto  all'estero l'annullamento o  lo  scioglimento  del  matrimonio  o  ha  contratto all'estero nuovo matrimonio;

Lo scioglimento può essere chiesto anche quando il matrimonio non è stato consumato.

Lo scioglimento può poi essere pronunciato quando è passata  in  giudicato  la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata  omologata  la separazione consensuale.

Si può chiedere di divorziare:

  • dopo dodici mesi dalla data dell'udienza di comparizione dei coniugi nella procedura di  separazione  personale;
  • dopo  sei  mesi  nel  caso  di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si  sia trasformato   in   consensuale;
  • dopo sei mesi dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a  seguito  di  convenzione  di negoziazione assistita.

Con il divorzio cessano gli effetti del matrimonio.

Cessano dunque gli obblighi che discendono dal matrimonio, come l’obbligo di fedeltà o l’obbligo di assistenza morale e materiale.

Se sono presenti figli minori ovvero figli maggiorenni non autosufficienti economicamente ovvero figli maggiorenni affetti da gravi handicap, non cessano gli obblighi che ciascun genitori ha nei confronti degli stessi.

Scioglimento del matrimonio e cessazione degli effetti civili

Al comma 2 dell’art. 149 del Codice civile è fatto riferimento al matrimonio concordatario, ovvero al matrimonio celebrato in chiesa e regolarmente trascritto.

Viene specificato che in tali casi, dopo aver esperito inutilmente il tentativo di conciliazione, il giudice accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere  mantenuta  e pronuncia la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio.

La specificazione contenuta al comma 2 non è casuale, in quanto in sede civile, evidentemente, non possono essere annullati gli effetti religiosi del matrimonio.

Per ottenere la dichiarazione di nullità del matrimonio religioso, infatti, è necessario avviare una procedura specifica regolamentata dal diritto canonico.

Differenza tra separazione e divorzio

Divorzio e separazione non sono la stessa cosa.

Vediamo le differenze.

La separazione sospende gli effetti del matrimonio fino al momento del divorzio, che invece determina la cessazione definitiva degli effetti del matrimonio.

Durante la separazione vengono meno alcuni obblighi come quello di coabitazione e di fedeltà, ma non è possibile contrarre nuovo matrimonio.

Dopo il divorzio vengono meno tutti gli obblighi relativi al matrimonio, ed è possibile convolare a nuove nozze.

Dopo la separazione gli ex coniugi continuano a essere eredi uno dell’altra, mentre dopo il divorzio gli ex coniugi perdono lo status di erede rispetto al patrimonio dell’altro.

Dopo la separazione un coniuge può essere tenuto al versamento dell’assegno di mantenimento nei confronti dell’altro coniuge; dopo il divorzio viene invece corrisposto l’assegno divorzile.

Scioglimento del matrimonio e Riforma Cartabia

Una delle principali novità della Riforma Cartabia è data dalla possibilità di presentare domanda congiunta di separazione e divorzio, cioè che può essere presentata congiuntamente da entrambi i coniugi.

La domanda congiunta relativa ai procedimenti di separazione personale dei coniugi, scioglimento o  cessazione  degli  effetti  civili  del  matrimonio,  scioglimento dell'unione civile si propone con ricorso al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'una o dell'altra parte (473 bis c.c.)

Il  ricorso  deve contenere anche  le indicazioni relative  alle  disponibilità reddituali e patrimoniali dell'ultimo triennio e degli oneri a carico delle parti, nonché le condizioni inerenti alla prole e ai  rapporti economici.

Con il ricorso le parti possono  anche  regolamentare,  in tutto  o  in  parte,  i  loro  rapporti  patrimoniali.

Altra importante novità della Riforma Cartabia riguarda l’ascolto del minore.

L'art. 473 bis 4 del Codice di procedura civile stabilisce infatti l'obbligo di ascoltare i minori di almeno 12 anni nelle cause di separazione e divorzio, e di valutare le loro opinioni in base all'età e alla maturità.

Qualora si tratti di procedimenti consensuali, l'ascolto del minore è facoltativo.

Se vi è rifiuto da parte del minore di incontrare uno dei genitori, il giudice interviene ascoltando il minore, e indagando sulle cause del rifiuto.

Il giudice può intervenire anche quando un genitore ostacola il mantenimento di un rapporto equilibrato tra il minore e l'altro genitore.

Differenze tra divorzio consensuale e divorzio giudiziale

Il divorzio può essere consensuale o giudiziale.

Il divorzio è consensuale quando c’è accordo sulle modalità di separazione, è giudiziale quando manca l’accordo tra i coniugi.

Il divorzio consensuale può essere promosso con ricorso congiunto, mentre in caso di divorzio giudiziale, ciascun coniuge può chiamare in causa l’altro.

Divorzio e negoziazione assistita

Il divorzio può essere effettuato anche con negoziazione assistita.

I tempi da rispettare sono:

  • 1 anno se ci si è separati giudizialmente;
  • 6 mesi se ci si è separati consensualmente.

La convenzione di  negoziazione  assistita  da  avvocati  è  un accordo mediante il quale le parti cooperano in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole  la  controversia tramite l'assistenza di avvocati.

La convenzione di negoziazione è redatta, a pena  di  nullità, in forma scritta.

Ciascuna parte deve essere assistita da un avvocato.

Gli  avvocati  certificano  l'autografia  delle  sottoscrizioni apposte  alla  convenzione  sotto la propria responsabilità professionale.

Qualora non ci siano figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, l’accordo va trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente. Se non sono presenti irregolarità il Procuratore comunica agli avvocati il nulla osta.

In presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti o con handicap gravi, l’accordo deve essere trasmesso entro 10 giorni al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente, il quale valuta se l’accordo è effettivamente volto a soddisfare l’interesse dei figli.

Se l’accordo non è rispondente all’interesse dei figli, viene disposta la comparizione delle parti.

Entro 10 giorni dal ricevimento del nulla osta gli avvocati sono tenuti a trasmettere all’ufficiale dello stato civile del Comune ove è stato celebrato il matrimonio, la copia autenticata dell’accordo e il relativo nulla osta.

Divorzio presso il Comune di residenza

Qualora non vi siano figli minori ovvero figli maggiorenni incapaci  o  portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, è possibile separarsi o divorziare presso il proprio comune di residenza.

Ai sensi dell’art. 2 del Decreto Legge n. 132/2014, convertito con modificazioni dalla Legge n. 162/2014,  i  coniugi  possono  concludere,  davanti al sindaco, quale ufficiale dello stato civile del comune  di residenza di uno di loro o  del  comune  presso  cui  è iscritto  o trascritto l'atto di matrimonio, un accordo di separazione personale nonché di modifica  delle  condizioni di separazione o di divorzio.

Si tratta della strada più veloce ed economica.

In tale ipotesi, infatti, non è necessaria l’assistenza di un avvocato.

Assegno divorzile

Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del  matrimonio,  il  tribunale può disporre l’obbligo per un coniuge di corrispondere un assegno periodico all’altro coniuge quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati.

Se il coniuge passa a nuove nozze, l’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa.

L'abitazione  nella  casa  familiare, ai sensi dell’art. 66 c.c.,  spetta  di  preferenza  al genitore cui vengono  affidati  i  figli  o  con  il  quale  i  figli convivono  oltre  la  maggiore   età.

La casistica giurisprudenziale in tema di assegno divorzile è molto interessante. Da un’analisi delle sentenze si possono desumere una serie di elementi.

In primo luogo, l’assegno divorzile è dovuto da un coniuge nei confronti dell’altro qualora vi sia uno squilibrio economico tra i due ex coniugi, onde permettere al coniuge più debole economicamente, di preservare lo stile di vita che aveva prima dello scioglimento del vincolo matrimoniale.

Nella valutazione del quantum dell’assegno di divorzio, vanno effettuate una serie di valutazioni di carattere economico ma anche personale e affettivo.

La vita matrimoniale, infatti, si caratterizza per una serie di scelte che vengono effettuate per garantire che i bisogni dell’intero nucleo familiare vengano soddisfatti al meglio.

Per questo motivo sovente si verifica che uno dei due coniugi, per permettere all’altro di gestire al meglio la propria carriera, rinunci alla propria per accudire i figli, ovvero non insegua tutte le strade possibili per realizzarsi al meglio, professionalmente parlando.

Nel momento in cui avviene lo scioglimento del vincolo matrimoniale, il coniuge che per contribuire ai bisogni della famiglia ha rinunciato alla carriera, non può di certo rimanere a bocca asciutta, in quanto le proprie rinunce hanno determinato, in gran misura, la fortuna dell’altro.

Per questo motivo, in sede di valutazione del quantum dell’assegno divorzile il giudice tiene conto anche dell’apporto di ciascun coniuge, che si è potuto tradurre in un notevole contributo all’incremento del patrimonio personale dell’altro.

Le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, risolvendo un contrasto di giurisprudenza, con la sentenza 11 luglio 2018, n. 18287, hanno stabilito che all’assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa.

Viene chiarito, in particolare, che ai fini del riconoscimento dell’assegno, va effettuata una valutazione comparativa delle rispettive condizioni economiche, che deve essere fondata sulla considerazione del contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future e all’età dell’avente diritto.

In pratica, il coniuge che ritiene di aver contribuito alla formazione del patrimonio personale dell’ex, può avere diritto a un assegno.

La Corte di cassazione, sez. I, con sentenza del 10 febbraio 2023, n. 4200, ha precisato che la quantificazione dell’assegno di divorzio deve essere il frutto della valutazione degli indici previsti dalla legge, e in particolare, deve essere stabilita una correlazione tra l’ammontare dell’assegno divorzile con la durata del matrimonio e si devono valutare le potenzialità reddituali dell’ex moglie correlate alla sua qualificazione professionale e alle eventuali disponibilità immobiliari della stessa.

La Corte d'Appello di Bologna, con sentenza dell’11 gennaio 2023, ha specificato che il giudice deve accertare l'impossibilità dell'ex coniuge di vivere autonomamente e dignitosamente, per le scelte fatte durante il matrimonio.

In effetti, l'assegno divorzile deve essere adeguato anche a compensare il coniuge economicamente più debole per il sacrificio sopportato per aver rinunciato a occasioni professionali-reddituali al fine di contribuire ai bisogni della famiglia.

In tal senso, la Corte di cassazione, con ordinanza del 14 aprile 2023, n. 10016, ha stabilito che è legittimo riconoscere un assegno divorzile al marito per aver sostenuto la moglie nel suo percorso professionale permettendole di laurearsi e poi fare carriera.

La decisione si è fondata sulla constatazione del rilevante squilibrio economico tra le condizioni economiche di entrambi, una volta sciolto il vincolo del matrimonio.

E' stato dimostrato uno squilibrio reddituale riconducibile alle scelte di vita matrimoniali, tale da giustificare una compensazione.

Avvocato, laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, e sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici, e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". Sono mamma di due splendidi figli, Riccardo, che ha 17 anni e Angela, che ha 9 anni.
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