L’art. 831 del Codice Civile, rubricato “Beni degli enti ecclesiastici ed edifici di culto”, dispone che:
“I beni degli enti ecclesiastici sono soggetti alle norme del presente codice, in quanto non è diversamente disposto dalle leggi speciali che li riguardano.
Gli edifici destinati all'esercizio pubblico del culto cattolico, anche se appartengono a privati, non possono essere sottratti alla loro destinazione neppure per effetto di alienazione, fino a che la destinazione stessa non sia cessata in conformità delle leggi che li riguardano”.
Le chiese appartenenti al culto cattolico, fino a che non sono sconsacrate con atto dell’autorità ecclesiastica, non possono essere dismesse dalla destinazione di edifici di culto.
Alla stregua della disciplina, si richiamano le seguenti sentenze e ordinanze:
- Corte di Cassazione, sez. II, sentenza 23 febbraio 2021, n. 4836
"Qualora sia in discussione la legittimità da parte della Chiesa e degli enti ecclesiastici dell'uso "iure privatorum" di beni soggetti, ex art. 831 c.c. alle norme del codice civile – in quanto non diversamente disposto dalle leggi speciali che li riguardano – la Chiesa e le sue istituzioni sono tenute all'osservanza, al pari degli altri soggetti giuridici, delle norme di relazione e quindi alle limitazioni del diritto di proprietà, fra le quali rientrano quelle previste dall'art. 844 c.c. essendo esse inidonee a dare luogo a quelle compressioni della libertà religiosa e delle connesse alte finalità che la norma concordataria di cui all'art. 2 della l. n. 121 del 1985, in ottemperanza al dettato costituzionale, ha inteso tutelare, non avendo lo Stato rinunciato alla tutela di beni giuridici primari garantiti dalla Costituzione (artt. 42 e 32), quali il diritto di proprietà e quello alla salute"; - Corte di Cassazione, sez. III, ordinanza 28 febbraio 2019, n. 5841
"La responsabilità ex art. 2051 c.c. derivante dalla custodia di un bene destinato all'attività di culto, anche se per consuetudine asservito ad un uso pubblico, grava sul proprietario del bene e non sull'ente territoriale sul quale il bene insiste, a meno che non siano dimostrati una detenzione o un potere di fatto di tale ultimo ente sulla cosa"; - Corte di Cassazione, sez. I, sentenza 27 ottobre 2015, n. 21883
"La realizzazione di un bene privato su fondo altrui, pur se conforme agli strumenti urbanistici, non integra un'ipotesi di occupazione acquisitiva, ma costituisce una vicenda disciplinata dall'art. 934 c.c., a norma del quale la costruzione si incorpora al suolo ed appartiene immediatamente al proprietario di questo, senza che possa essere attribuita rilevanza alcuna alla sua consistenza o alla sua destinazione, né alla coincidenza o meno degli interessi dell'esecutore con quelli della collettività, pur rivelati da una dichiarazione di pubblica utilità. Tale principio è applicabile anche quando l'opera realizzata sia una chiesa con le sue pertinenze, in considerazione della natura privata generalmente attribuita agli enti ecclesiastici dall'art. 831 c.c. e, con specifico riferimento alle diocesi ed alle parrocchie, dall'art. 29 della legge n. 222 del 1985".